di MARCELLO VENEZIANI
BENEDETTO XVI
p La domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in fine-settimana, in tempo libero. Ma se il tempo libero non ha un centro interiore, esso finisce per essere un tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea
La domenica è vuota senza Dio, ha detto l'altra domenica il Papa. La domenica viviamo come gli astronauti nello spazio, orbitando nel vuoto.
Dopo aver annuito, convinto e devoto, mi sono abbandonato alla ragione errabonda e ho partorito due obiezioni. Una è forse un'integrazione dell'osservazione papale, l'altra ha invece l'aria di un rovesciamento. Sì, la domenica è vuota senza Dio, come dice Benedetto XVI, ma è vuota senza il calore antico di una famiglia, è vuota senza una madre ed un padre, senza una famiglia e una comunità, senza un paese dell'anima che ti fa sentire di essere in un giorno di festa. Una domenica giocata solo come secondo tempo del weekend, appendice agonica del fine settimana, interamente risolta tra la scampagnata, la magnata e il mesto rientro, magari in coda, poco o nulla ha di un giorno festivo. La domenica tu senti la mancanza di una famiglia da cui fuggire, un pranzo con le zie, i nonni e i nipoti da cui sognare di evadere. La domenica è il giorno della tradizione in versione domestica, dimessa, sonnolenta e sorniona. E se tutto questo non c'è più, avverti un vuoto, un'orfanità che magari passa attraverso l'assenza di quei riti, quelle facce, quelle voci e quelle paste, quei piatti, quelle abitudini pigre, quell'incrocio di noia e serenità, di eternità come ripetizione. La domenica ti annoiava, sognavi di evadere, ma era bello sapere che se tu fuggi lei resta lì, agli arresti domiciliari, immersa nel suo ragù; domenica e domestica s'intrecciano nella domus, la casa degli affetti. Ma la cosa peggiore che vorrei dire a Sua Santità e che la domenica è vuota senza Dio ma poi se vai a trovarLo in Chiesa hai la sensazione tremenda che la Chiesa sia vuota, disabitata da Dio. E non sai se Dio è andato in gita pure lui, la domenica, lasciando la chiesa. O se si è ritirato dalla sua casa, ed ha fatto perdere le tracce. Sono stato in Chiesa di domenica per riempire quel vuoto che diceva il Papa. Ma il vuoto non solo non si è colmato ma si è ingigantito. E non hanno colpa i sacerdoti, se non vagamente, se Dio non c'era la domenica in chiesa. Anche i preti sono figli o figliastri del nostro tempo. C'è qualcosa che manca alla messa, che è andato perduto e non sappiamo spiegarcelo. Qualcosa che ancora non sappiamo bene se man- chi alla Chiesa, al celebrante, ai fedeli o sia dentro di noi. Per carità, non sono un patito della domenica. Lo consideravo sin da bambino come il giorno più triste della settimana. Sarà un vizio leopardiano, ma la domenica mette tristezza, aggravata dall'ebetudine della sovralimentazione festiva, dal vuoto spinto della giornata sospesa nel nulla, dallo scemeggiare pallido e assorto della tivù, dal cupo presagio del lunedì. La domenica è il giorno più adatto per morire. Aggiungo che non è una novità per me lavorare di domenica, come prescriveva una direttiva europea; lo faccio da una vita, da ragazzo i compiti del lunedì li facevo in extremis mentre Enzo Tortora conduceva la Domenica sportiva ed io tentavo una disperata schizofrenia seguendo la palla e la matematica contemporaneamente. Non è una novità laicizzare la domenica, ci sono negozi aperti ormai tutti i giorni, e perfino il calcio ha violato la sacralità della domenica spalmandosi su più giorni. Resta però che la domenica è l'ultima traccia di una festa condivisa; se ognuno riposa a caso o a piacimento nei giorni della settimana, non viviamo più in una società ma in una collezione di Solitudini, dove ognuno si riposa addosso e indipendentemente dagli altri in una squallida turnazione universale. Tutti i giorni sono uguali, lavorativi e festivi. Vero è che da un pezzo è finita l'idea di festività, da quando è stata sostituita da una specie di vacanza serpeggiante in ogni sera, o da quando è stata giubilata dall'idea più laica delle vacanze. La domenica è stata diluita e dilatata dall'idea del divertimento permanente, del piacere prolungato, dall'evasione full time. Resta ancora lì, la vecchia e sdrucita domenica, a raccontarci la nostra infanzia, la messa con i genitori, il pranzo con le vecchie zie, le braciole di cavallo e la pasta al forno o gli strascinati, poi le nocelline e le castagne del monaco, l'odore di sapone e di ragù per le strade, la radio a tutto volume e i bambini che si fanno il bagno per la festa, la ragazza che si pettina e si balocca davanti allo specchio, l'abito buono e lo struscio in piazza o sul corso. È tutto un mondo che va a farsi benedire con la fine della domenica. Capisco che la domenica l'abbiamo già ammazzata noi, senza bisogno della direttiva europea, uscendo con la auto anziché a passeggio, marinando la messa e pranzando da soli senza parentado, vestendoci in tuta o casual, anziché con la camicia bianca e il vestito della festa, rincoglionendo davanti al video o a internet, trasformando il tempo festivo in tempo vuoto. Assurdo è relativizzare la domenica, unendola al venerdì islamico e al sabato ebraico fino a creare un lunghissimo fine settimana come Dio comanda per non scontentare Allah, Javhè e Gesù. Ancora più assurdo è desantificare la domenica per rispettare il pluralismo religioso e i non credenti. Si è insinuata una forma di ateismo festivo che ha trasformato la domenica in giorno del decesso del Signore. Ma la sua scomparsa coincide con quella della comunità, dentro e fuori casa. Mi spaventa ammetterlo, Santità, ma ho l'impressione che la domenica si celebri l'avvento del deserto. In chiesa, in casa e in città..
BENEDETTO XVI
p La domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in fine-settimana, in tempo libero. Ma se il tempo libero non ha un centro interiore, esso finisce per essere un tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea
Nessun commento:
Posta un commento