Cari amici,
la partecipazione al Sinodo deiVescovi, che come ben sapete aveva a tema
“La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, ha significato per me una presa di coscienza più acuta della nostra responsabilità nella chiesa e nel mondo. Innanzitutto per quanto è emerso durante i lavori sinodali: che, cioè, la Parola di Dio è un “avvenimento” - Gesù Cristo -, che continua a essere presente nella storia attraverso la vita della Chiesa.
Per questo il rapporto con la tradizione vivente nella Chiesa ci fa immedesimare con la novità testimoniata dal testo biblico e ci fa fare la stessa esperienza di coloro che si imbatterono in Gesù.
Così tutti i fratelli uomini possono scoprire, come ha detto il Papa all’inizio del
Sinodo, «il presente nel passato, lo Spirito Santo che parla oggi a noi nelle parole del passato».
L’Esortazione apostolica post-sinodale offrirà l’indicazione della strada per la
nostra fede e come tale attendiamola tutti.
Proprio in forza dell’azione dello Spirito nella sua Santa Chiesa si rende
necessaria per tutti noi una maggiore consapevolezza. Il fatto di essere stato nominato da Benedetto XVI come Padre Sinodale l’ho vissuto come un segno della stima per il nostro movimento, ma soprattutto come una chiamata a dare il nostro contributo alla vita della Chiesa.
Tale chiamata, poi, è stata confermata dall’elezione a relatore: questo ha
voluto dire essere portavoce del gruppo di lingua spagnola e, soprattutto, ha implicato un maggiore coinvolgimento nei lavori sinodali, collaborando direttamente col relatore generale a dare forma alle Proposizioni finali.
Tanti mi hanno avvicinato nei giorni trascorsi insieme, mossi da interesse o simpatia per la nostra esperienza.
Tutto questo ha suscitato in me il desiderio di scrivervi per condividere con
voi l’esperienza vissuta - perché essa riguarda anche voi -, che mi ha spinto a rileggere
la nostra storia per individuare il passo che, secondo me, ci viene chiesto. Io identifico
molto sommariamente tre fasi nella nostra storia:
1ª fase: l’inizio. La nascita del movimento può essere caratterizzata dalle
stesse dinamiche che accadono quando l’irruzione dello Spirito nella storia suscita
un carisma per il bene della Chiesa. Come ogni iniziativa dello Spirito, anche il nostro
carisma fu accolto non senza incomprensioni e persino ostilità, perché non poteva
essere in alcun modo ricondotto a schemi costituiti. Ma non sempre tutto il travaglio
di quegli anni fu dovuto alla naturale resistenza che sempre incontra la novità dello
Spirito. Fu dovuto anche alla nostra immaturità, che solo la forza educativa di don
Giussani ci ha consentito di correggere e di superare. La pazienza della Chiesa nei nostri
confronti è stata un segno della sua maternità.
2ª fase: il riconoscimento. La fine del pontificato di PaoloVI e il pontificato
di Giovanni Paolo II hanno significato per il nostro movimento il riconoscimento
autorevole e la piena accoglienza nella vita della Chiesa, la cui espressione indimenticabile
rimane l’incontro del 24 marzo 2007 in Piazza S. Pietro con Benedetto XVI.
Un’ulteriore conferma la troviamo nei segni di stima e di interesse manifestati da molti
al Sinodo. Per questo siamo chiamati ad approfondire ulteriormente l’autocoscienza della
nostra esperienza.
3ª fase: il carisma per la Chiesa e per il mondo. Oggi siamo chiamati a
renderci più consapevoli dello scopo per cui lo Spirito ha dato un carisma a don Giussani:
contribuire, insieme a tutti i battezzati, alla costruzione e al rinnovamento della Chiesa
per il bene del mondo. Seguendo il Suo solito metodo, Dio dà la grazia a uno, perché
attraverso di lui arrivi a tutti. E noi saremmo infedeli alla natura del nostro carisma, se
il dono ricevuto non fosse condiviso con tutti, dentro e fuori della Chiesa. Per questo
ognuno deve verificare nella sua circostanza come può contribuire al bene della Chiesa.
Ci sono molti ambienti dove tanti fra noi già rendono presente Cristo con una libertà e
un’audacia che stupisce. Questa nostra presenza nei luoghi reali dove si svolge la vita
degli uomini non deve per niente venire meno.Allo stesso tempo, a volte ci viene chiesto
di collaborare anche all’interno della Chiesa. In tanti di voi da tempo date questo
contributo - come catechisti nelle parrocchie, attraverso la caritativa e altri modi di collaborazione - e ciò dovrà trovarci sempre più disponibili là dove la nostra presenza sia richiesta e accolta. Certamente questo contributo non può essere che secondo la natura del nostro carisma, che ha nella testimonianza la sua espressione compiuta. Sono convinto che questo passo che ci viene chiesto dallo Spirito ci porterà sempre di più nel cuore del mistero di Cristo, in modo tale da poterlo testimoniare ovunque, anche attraverso la nostra fragilità.
Uniti nell’avventura
don Julián Carrón
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