Ringrazio Valeria per la segnalazione dell'articolo
...Noi cristiani siamo sconosciuti e ben noti, siamo sempre lì lì per morire eppure viviamo, siamo castigati dal mondo ma non ci lasciamo abbattere, pieni di tristezza e di gioia assieme, e infine – ed è su questa espressione che voglio fermarmi – non abbiamo nulla eppure possediamo tutto. Anzi, possiamo rendere ricchi gli altri.E' l’esperienza della povertà.....
di Massimo Camisasca 28/10/2008
Nella seconda lettera ai cristiani di Corinto, san Paolo descrive ai suoi interlocutori, in termini molto vivi e drammatici, la sua realtà di apostolo. In questo modo non fa altro che parlarci dell’uomo nuovo che è nato da Cristo (cfr. 2Cor 6,5-17). Quindi parla di noi.
Ciascuno di noi dovrebbe ogni tanto tornare a leggere quelle righe, oppure il capitolo sesto, versetti 3-10: dopo averci raccontato la sua vita, quali sofferenze, quali privazioni, quali pericoli abbia passato, ma anche quali scoperte abbia fatto, quale sia stata la dolcezza della compagnia dello Spirito Santo – conclude con delle definizioni composte da due parole antitetiche.
Noi cristiani siamo sconosciuti e ben noti, siamo sempre lì lì per morire eppure viviamo, siamo castigati dal mondo ma non ci lasciamo abbattere, pieni di tristezza e di gioia assieme, e infine – ed è su questa espressione che voglio fermarmi – non abbiamo nulla eppure possediamo tutto. Anzi, possiamo rendere ricchi gli altri.
E' l’esperienza della povertà.
Essa non riguarda una categoria di persone particolari, sociologica o spirituale, quelli più sfortunati o quelli che hanno la fissa di andare in giro come straccioni. Riguarda tutti noi, e perciò dobbiamo capirlo bene.
Don Giussani, che ho sentito molte volte ricordare e commentare questa espressione di san Paolo, mi ha anche spiegato lungo gli anni cosa voglia dire «povertà» per un cristiano.
Innanzitutto, come sempre faceva, illuminava tutto alla luce del fine ultimo, la felicità. Siamo chiamati alla felicità, alla beatitudine, e dobbiamo abbracciare tutto ciò che ci aiuta a viverne l’inizio nella vita presente. San Paolo dice: «abbiamo tutto». Questa è la porta per entrare dentro la povertà: l’esperienza di avere tutto in Gesù.
In lui abbiamo la vita, il perdono, le parole che illuminano il dolore, la certezza della vita presente e futura. In questo modo siamo aperti a scoprire con gratitudine tutto ciò che non abbiamo fatto noi, eppure ci è donato. Le montagne, il mare, il cielo, il sorriso e gli occhi di un bambino, l’amore della madre o dei figli, la forza di un’amicizia, ma anche la bellezza di un fiore, di un sasso, la gioia che può venire da un libro, da una semplice matita per scrivere, da un dipinto, da una musica.
Come si colora questa espressione di san Paolo: possediamo tutto! Scopriamo così che ciò che possediamo veramente è ciò che non abbiamo fatto noi, di cui non possiamo gloriarci, che abbiamo ricevuto.
Nasce in questo modo nella vita quella essenzialità che è una delle necessità dell’età matura, e soprattutto della vecchiaia. Vogliamo intorno a noi soltanto quelle cose e quelle presenze che ci richiamano a ciò che resta, che sono strada verso Dio. Impariamo a diventare più essenziali nelle nostre letture, a non voler tanti libri, tante penne, tanti orologi, tanti quadri, ad accontentarci di piccoli spazi, di alcuni viaggi essenziali, di alcuni volti necessari.
Impariamo a valutare il peso delle cose, la necessità o meno di talune di esse, la relatività di altre. Come appaiono meschine allora ai nostri occhi tante liti, tante battaglie per l’eredità, tante vite spezzate in nome della lotta per i soldi, per i guadagni, per l’affermazione di sé!
Il cristiano non ha un animo meschino, non sottovaluta i beni della terra e la loro importanza. Sa che ogni creatura è un bene (cfr. 1Tm 11, 19), sa che tutto può essere preso con rendimento di grazie, ma proprio per questo sa quanta insipienza c’è nel voler accumulare a tutti i costi.
Chiede perciò a Dio la grazia di essere libero, di non andare con due borse se ne basta una, con due mantelli se uno è sufficiente. La povertà è la scoperta che la nostra felicità dipende dall’avere soltanto ciò che è necessario, cioè Cristo, e ciò che da lui riceviamo e che ci porta a lui, ci fa vivere la nostra vocazione.
Nessuno come il cristiano sa godere del mangiare e del bere, sa ridere, sa giocare, ma nessuno come il cristiano sa che è necessario imparare ad usare bene di tutto.
Nella prima lettera ai Corinti, san Paolo usa una espressione che è esattamente il reciproco di ciò che abbiamo sopra ricordato. Quelli che possiedono, vivano come se non possedessero. Le due esperienze si illuminano a vicenda.
La povertà è fonte di comunione. Mentre il possesso desiderato e amato per se stesso mi divide dagli altri, mi fa vedere nelle altre persone dei potenziali nemici, o almeno degli avversari, la povertà matura in noi occhi di benevolenza sulle creature e sugli uomini.
Non tiene per sé ma spinge a distribuire, comunicare, donare. Sostiene ogni inizio di comunione vissuta, valorizza tutto ciò che serve a creare legami, a vivere la fraternità nella comune figliolanza a Dio Padre.
Avendo imparato tutto ciò da don Giussani, ho cercato di trasmetterlo ai miei amici della Fraternità san Carlo. Ho detto e dico a loro quasi ogni giorno: non abbiate mai la preoccupazione dei soldi, non mettete mai in testa alle vostre attese la ricerca dei denari. Soprattutto non accumulate mai beni sulla terra. Siate liberi, e questo si trasformerà per voi in letizia, in agilità di vita, in una capacità maggiore di perdonare, di costruire, e in definitiva, di amare.
Le vostre case siano belle ma non sfarzose. Portate con voi solo ciò che è veramente necessario, tutto il resto cercate di condividerlo con gli altri. Create una piccola biblioteca nella vostra casa, venite in soccorso con i vostri beni alle necessità degli altri.
Soprattutto non legate il vostro cuore a ciò che avete, non aspettatevi da quello la sicurezza per il vostro presente e il vostro futuro. Ringraziate il Cielo del desiderio che Dio mette dentro di voi di semplificare la vostra vita. Amate il silenzio. Quanto al resto, rallegratevi per tutto quello che vi è dato e passa per le vostre mani, ma non trattenete nulla per voi se non ciò che è assolutamente importante per vivere. Dalla povertà viene nella vita un fiume di gioia e di serenità.
Foto:
Elio Ciol, CANONE INVERSO - A
Bibione, febbraio 2000
(da Fraternità e Missione, novembre 2008)
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