Non possiamo pensare di crescerli senza propor loro una strada da seguire.
Portarli alla vera liberta' e saper dar loro una chiave di lettura della vita, non lasciarli soli .
Non possiamo pensare di lasciare questa nostra responsabilita' ad altri.
Don Giussani ci diceva sempre "toglieteci tutto ma non l'educazione"
Non esortava solo gli insegnanti ma ciascuno di noi.
Qualche anno fa una ragazza romana prima di suicidarsi aveva scritto ai suoi genitori" mi avete dato tutto ma non l'indispensabile"E' questo indispensabile che cercano i nostri ragazzi.
Qui sotto riporto l'articolo di Renato Farina comparso su libero il 5 aprile2007"
"La questione è che gli adulti post sessantottini hanno dimenticato cosa siano educazione e responsabilità. Il relativismo è questo. Pensare non che l'uomo sia libero di scegliere tra proposte di vita differenti, ma il ritenere a priori che una valga quanto l'altra."
Sul bullismo c'è il sondaggio di Libero-Piepoli. Lo pubblichiamo a pagina 17. L'allarme è forte. Il 76 per cento degli italiani pensa che questo fenomeno sia il sintomo di un malessere generale della scuola. L'85 per cento lo giudica per quello che è: non la maniera contemporanea di fare scherzi innocenti, ma una vera ondata di violenza. Non sono tanti i violenti nelle scuole. Però comandano. Dettano la forma che devono avere le teste dei giovani per poter sopravvivere. Determinano la famosa gerarchia dei valori, non in teoria ma in pratica. Se si parla con gli insegnanti essi spiegano che la potenza di questi episodi è moltiplicata da questo: non ci sono più i padri e le madri. Specialmente i padri. I quali rimediano alla loro assenza trasformandosi, quando si fanno vivi, nei capi del bullismo. Gli anziani della banda. Sono loro i primi ad aver interiorizzato questa cultura dominante tra i ragazzi: non riconoscono più l'autorità. A scuola, quella degli insegnanti. Sui campi di calcio, quella dell'arbitro. Parlo dei padri, persino dei nonni. Per farsi accettare dai figli e dai nipoti cercano di essere loro amici o compagni, invece che autorità. Questo è la radice del bullismo. Non è che di colpo i ragazzi siano diventati più cattivi. La questione è che gli adulti post sessantottini hanno dimenticato cosa siano educazione e responsabilità. Il relativismo è questo. Pensare non che l'uomo sia libero di scegliere tra proposte di vita differenti, ma il ritenere a priori che una valga quanto l'altra. E dunque non si riesce a testimoniare ai figli la necessità di obbedire a qualcuno per crescere. L'unico principio è il vietato vietare. Se non c'è nulla di forte in cui credere, allora non si è più capaci di comunicare nemmeno le regole elementari della convivenza. Questo sta accadendo. La questione non è che i ragazzi abbiano i telefonini e si connettano a internet. Ma che lo strumento del comunicare sia diventato il padrone della loro vita. Siccome lo è anche della nostra, ma loro sono più bravi, anche degli insegnanti: perché mai dovrebbero obbedire a qualcuno? Solo perché sta dietro la cattedra o ha i capelli brizzolati o sul bianco? Figuriamoci, dillo a tua sorella. Anche noi del resto: riusciamo a comunicare velocissimamente, ci connettiamo da una parte all'altra del mondo in un istante. Ma per dirci che cosa? Poi in ascensore non sappiamo neanche dire buongiorno, come va? O se lo diciamo si capisce che non ce ne impor- ta nulla. Ora in Gran Bretagna è accaduto un fatto politico straordinario. Il ministro dell'Istruzione, il laburista Alan Johnson ha deliberato il diritto-dovere di maestri e professori di esercitare anche con un «uso ragionevole della forza» la loro funzione di garanti di un clima civile nella scuola. Possono sequestrare cellulari e macchine elettroniche varie senza doverne rendere conto ai genitori. Perquisire corporalmente gli alunni per vedere se hanno coltelli o armi. I docenti sono autorizzati a passare alle mani soprattutto per proteggere l'incolumità degli studenti: se c'è da sedare zuffe e liti in classe possono menare. Il ministro britannico ha annunciato così questa decisione: «La maggior parte dei ragazzi si comporta bene in classe, ma vogliamo prendere provvedimenti contro gli elementi di disturbo che mancano di educazione e rispetto e rendono penosa la vita degli insegnanti. Adesso i docenti hanno il potere legale per agire rapidamente e decisamente. Chi sgarra può aspettarsi di essere punito come si merita». Ci piacerebbe che il ministro Giuseppe Fioroni, peraltro una eccellente persona, avesse il coraggio di imitare il collega. Sarebbe un invito a ripristinare il principio dell'autorità. Che non c'entra niente con l'autoritarismo. Quest'ultimo è l'esercizio dell'autorità senza dare le ragioni, senza avere qualcosa di importante da insegnare.Il mio maestro don Luigi Giussani ripeteva spesso che l'educazione è l'emergenza più grave della vita, e significa etimologicamente «condurre fuori», guidare qualcuno verso la realtà. E autorità viene dal latino augeo, che significa far crescere. L'autorità è colui che ti guida e fa crescere, dandoti le ragioni, comunicandoti un senso della vita, o almeno quello che conta per lui. I genitori per primi e la scuola in continuità con loro. Ma occorre avere un motivo per alzarsi al mattino. È necessario voler bene a quelle facce lì. Se vuoi bene, magari i ragazzi ti ascoltano. Ma devi chiedere l'obbedienza. Che qualcuno si accorge è tornata ad essere una virtù. Come diceva don Giussani: «O obbedienti o alienati». Bisogna fidarsi gli uni degli altri: i genitori dei figli, i ragazzi degli insegnati, e viceversa. I padri devono rischiare di esporre il proprio fianco e testimoniare in casa e fuori ciò in cui credono. Protestare con l'arbitro, magari, ma poco.
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