di GIUSEPPE DE CARLI
LA PASQUA è "lo scontro supremo tra la luce e le tenebre, tra la vita e la morte". Papa Benedetto illustra ai trentamila fedeli in Piazza San Pietro il profondo significato spirituale del Triduo Pasquale. È la narrazione che ha colpito uomini e letterati di ogni secolo che, nel sangue, addiviene alla gloria del Risorto, punto discriminante della storia. "Dalla croce - dice Papa Ratzinger - è arrivata la nostra salvezza, quella che era umanamente la sconfitta di Gesù è stata la sua più grande vittoria. Dalla sua caduta è arrivata la nostra resurrezione, la sua discesa ha reso possibile la nostra risalita. In un mondo inflazionato da parole è necessario riscoprire il silenzio ed il raccoglimento". È il grande silenzio del sabato santo, giorno cruciale in cui la Chiesa medita sui misteri della vita e si prepara a dare l’annuncio di una vita che sconfigge definitivamente la morte. Una settimana santa particolare. È pronto il nuovo libro di Papa Benedetto che, da esegeta e teologo, si è messo sulle orme di Gesù: "Gesù di Nazareth", il titolo (dieci capitoli per 448 pagine). Sarà presentato nell’Aula del Sinodo in Vaticano il 13 aprile e disponibile in libreria il 16, giorno degli ottant’anni di Joseph Ratzinger. Una personale ricerca del "volto del Signore", la summa della ricerca del cardinale - teologo diventato Papa. "Ognuno è libero di contraddirmi", scrive nella prefazione Benedetto XVI. Ma è chiaro che l’opera avrà un clamore mediatico internazionale. La vera battaglia, quella della fede e della cultura, si combatte, oggi in Occidente, attorno alla figura di Gesù. Si tratta di dare spiegazione dell’"oscuro mistero del rifiuto" che assume, nella nostra epoca, le forme dell’indifferenza, dell’ateismo scientista fino alla presentazione di un Gesù post-modernizzato, ridotto ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da "sembrare talora il personaggio di una fiaba". Il Gesù della storia e il Gesù della fede. Un libro, cui si aggiungerà in maggio, quello del cardinale Tarcisio Bertone dedicato a Maria; volumi contro quelle opere del "potere delle tenebre!", che sostengono la tesi della falsità della fede cristiana. Malattia mortale di un secolo che vive come se Dio non esistesse. Scontro fra luce e tenebre. Il dramma si fa abisso e memento nella Via Crucis. Domani, al Colosseo, in mondovisione, seguiremo in diretta quella presieduta dal Papa Benedetto XVI. Le meditazioni delle XIV Stazioni sono state affidate ad un biblista e ad uno scrittore di larga fama: monsignor Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana. I testi saranno letti da Orazio Coclite e da due giovani attori: Chiara Muti e Alessio Boni. Ravasi si è ispirato, così mi rivela mentre lo incontro nel cortile degli "Spiriti Magni" dell’Ambrosiana, a Milano, al racconto del Vangelo di Luca. Le meditazioni hanno un taglio narrativo-meditativo. Le ultime ore di Gesù si dipanano in maniera vorticosa. Su quel percorso troviamo, inaspettatamente, noi stessi. La via dolorosa come simbolo di un’esperienza universale e perenne di dolore e morte, di fede e di speranza. C’è un Cristo sofferente, monsignor Ravasi, che passa accanto a noi. E quasi non ce ne accorgiamo. «È vero. Ha ragione un poeta francese che affermava: "I tuoi passi, o Signore, continuano a sanguinare per le nostre strade". In quel viaggio che Cristo fa in quell’ultima giornata della sua esistenza terrena, partendo dal Getsemani fino all’approdo dello sperone roccioso che chiamiamo "Golgotha", il Calvario, tutti ci ritroviamo». In questo percorso c’è un personaggio che ci inquieta, ci interroga in maniera particolare? «Forse chi ci inquieta di più è il traditore: Giuda, il quale si muove inesorabilmente negli orizzonti della nostra esistenza. Mi inquieta anche il governatore Ponzio Pilato». Perché? «Incarna, nonostante la sua buona volontà, un altro nostro grande limite: quello dell’indifferenza, della superficialità, del giudicare per il proprio vantaggio, lasciando perdere la forza della verità e della sincerità». L’umanità incontrata da Gesù è anche la nostra. E non è sempre un bel guardare. «Quella sequenza di volti nella Via Crucis hanno dei lineamenti che si riproducono continuamente per le strade della nostre città. Pensiamo ai volti delle donne che ci ispirano la virtù della tenerezza nei confronti di coloro che stanno patendo e soffrendo». Con quale stato d’animo dovremo seguire le sue meditazioni? «Il primo elemento è l’ascolto, e ascoltare è più difficile di quanto si immagini. Ascoltare un racconto non remoto, non immerso nella cenere del passato ma che ha in sé ancora una brace. Ha la capacità di sfavillare, di brillare all’interno della nostra storia. D’altra parte, ci si accorge che quella storia ci riguarda, ecco perché sboccia la riflessione, la risposta o l’interrogazione». Lei ha scritto le meditazioni per il Papa e per decine di milioni di persone di ogni parte del mondo. Avrà provato un emozione particolare… «Vorrei ricordare un mio amico celebre, il poeta Mario Luzi. Nel 1999 dovette scrivere il testo e mi confessò il suo grande sbigottimento, soprattutto per questa platea immensa e diversa che i suoi occhi non vedevano e non conoscevano. Da parte mia aggiungo un’altra componente di turbamento». Legata a quale fatto? «Che nel 2005, pochi giorni prima dalla morte di Giovanni Paolo II, mi ha preceduto la figura del cardinale Joseph Ratzinger. Quindi per me è un’eredità particolarmente pesante da raccogliere».
giovedì 5 aprile 2007
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