Un minuto di silenzio per riscattare l’onta che si è abbattuta sulla nostra civiltà e che dobbiamo insieme rimuovere riscattando il valore della sacralità della vita, affermando che per tutti noi la vita di Sayed e di Adjmal vale quanto quella di Mastrogiacomo, testimoniando che tutti noi ci stringiamo attorno alle famiglie di Sayed e di Adjmal e non le abbandoneremo all’oblio e alla disperazione
Corriere della sera 9 aprile 2007
Cari amici, il giornalista afghano Adjmal Nashkbandi, di 23 anni, interprete dell’inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, è stato decapitato dai talebani nel giorno della Pasqua. Proprio nella ricorrenza della resurrezione di Gesù Cristo, che testimonia la vittoria della Vita sulla Morte e l’avvento della Misericordia divina per redimere i peccati dell’umanità, noi abbiamo avuto l’ennesima certezza che oggi in questo nostro mondo a prevalere sono gli apologeti e i seguaci dell’ideologia della menzogna, del nichilismo, dell’odio, della violenza e della morte.
La menzogna di tutti coloro che negano l’evidenza della guerra del terrorismo islamico globalizzato, che ha avuto la sua manifestazione più dirompente l’11 settembre 2001, e mistificano la realtà al punto da invertire i ruoli dei carnefici e delle vittime all’insegna della teoria del grande complotto ordito dall’America e dalla “lobby sionista internazionale”. Il nichilismo di tutti coloro che hanno ritenuto che il valore della sacralità della vita si limitasse e si esaurisse nella difesa e nel riscatto della vita di Daniele Mastrogiacomo, ignorando il dovere umano ed etico a impegnarsi con lo stesso tenore per la difesa e il riscatto della vita dell’autista, Sayed Agha, e dell’interprete Adjmal, entrambi decapitati. L’odio di tutti coloro che, essendo accecati dall’antiamericanismo, antioccidentalismo, antiebraismo, antisionismo e anti-israelismo, finiscono per allearsi con i Taliban, con Al Qaeda, con Hamas, con Hezbollah, con l’Iran del nazi-islamico Ahmadinejad, anche a costo di suicidare se stessi e la civiltà occidentale. La violenza di tutti coloro che disprezzano la sacralità della vita propria e altrui, legittimando l’annientamento della Vita per far trionfare il loro potere tirannico, fanatico, oscurantista, legittimando l’annullamento della centralità della persona per far trionfare il predominio incontrastato dell’ideologia. La morte di tutti coloro che, consapevolmente o meno, finiscono per elevarla alla massima aspirazione di una spiritualità disumanizzata e immorale, e rinunciano all’impegno e alla battaglia epocale per salvare e affermare la sacralità della Vita.
Cari amici, nell’attesa di affrontare alquanto prima i tanti aspetti dell’atroce e tragica vicenda della decapitazione di due innocenti, Sayed Agha e Adjmal Nashkbandi, sacrificati sull’altare insanguinato del rilascio di Mastrogiacomo, dal ruolo svolto da Gino Strada e dal suo collaboratore afghano Rahmatullah Hanefi nel rilascio sia di Mastrogiacomo sia di Torsello, alla legittimità dei riscatti milionari pagati dai governi italiani di destra e di sinistra in cambio dei nostri ostaggi in Afghanistan, in Iraq, nei territori palestinesi e in Nigeria, fino al riconoscimento politico da parte dell’Italia di gruppi terroristici messi al bando dall’Onu e dall’Unione Europea, lancio un vibrante appello a osservare un minuto di silenzio.
Lancio un appello a tutte le istituzioni pubbliche italiane affinché osservino, nella giornata di domani, un minuto di silenzio in memoria di Sayed e di Adjmal, in tutti i luoghi di lavoro che riprendono l’attività dopo le ferie pasquali, nei giorni successivi in concomitanza con la riapertura delle scuole, nel fine settimana all’inizio delle manifestazioni sportive. Un minuto di silenzio per riscattare l’onta che si è abbattuta sulla nostra civiltà e che dobbiamo insieme rimuovere riscattando il valore della sacralità della vita, affermando che per tutti noi la vita di Sayed e di Adjmal vale quanto quella di Mastrogiacomo, testimoniando che tutti noi ci stringiamo attorno alle famiglie di Sayed e di Adjmal e non le abbandoneremo all’oblio e alla disperazione assumendoci un impegno concreto per metterle nella condizione di poter continuare a vivere e a credere nella Vita.
Cordiali saluti e i miei migliori auguri di verità, amore, vita e libertà,
Riscatti boomerang
di
Magdi Allam
Corriere della sera 10 aprile 2007
Mors tua vita mea. È questa, all'indomani della barbara decapitazione del giornalista afghano Adjmal Nashkbandi, la sensazione netta che serpeggia tra gli italiani circa la cinica logica perseguita dall'insieme della classe politica, dai governi di destra e di sinistra, per ottenere il rilascio dei nostri connazionali sequestrati dai terroristi islamici.
Ormai l'Italia si contraddistingue come il Paese occidentale che, più di altri, è pronto a cedere al ricatto, sia che si tratti di un riscatto in denaro sia che si tratti di esercitare pressioni per ottenere la scarcerazione di terroristi, pur di aver salva la vita dei propri ostaggi. E il fatto che non siamo gli unici, dato che perfino la Gran Bretagna è scesa a patti con Ahmadinejad per ottenere il rilascio di suoi 15 marinai, non deve farci sentire sollevati, ma all'opposto deve accrescere la comune preoccupazione per la grave deriva etica e politica in cui versa l'Occidente.
Finora l'Italia, per ottenere la liberazione dei nostri talvolta improvvidi connazionali sequestrati, ha pagato dei riscatti sempre più consistenti. Un fiume di denaro che ha visto concordi governo e opposizione nell'autorizzarlo e nel negarlo pubblicamente, in una delle rare e non esaltanti manifestazioni di unità nazionale. Ebbene ciò che ora non consente più di riproporre quest'approccio spregiudicato, è stata la decapitazione dell'autista dell'inviato de la Repubblica Daniele Mastrogiacomo, Sayed Agha, e del suo interprete Adjmal. Due cadaveri di troppo che non è proprio possibile occultare e tacere. Che vengono pianti dalla vedova e dai cinque figlioletti di Sayed e dai familiari di Adjmal. Due vite spezzate in una trama che ruota intorno all'Italia, di natura terroristico-politica, in cui Sayed e Adjmal hanno finito per essere brutalmente immolati come vittime sacrificali. Ecco perché ora l'Italia non può tirarsi indietro.
Credo che l'Italia dovrebbe innanzitutto avere la sensibilità umana e il senso della giustizia necessari per assumersi appieno la propria responsabilità nei confronti delle famiglie di Sayed e di Adjmal, assicurando loro le condizioni materiali per sopravvivere dignitosamente. In secondo luogo, l'Italia dovrebbe formalmente condannare i Taliban, ritirando la incredibile proposta di coinvolgerli nella conferenza di pace per l'Afghanistan. In terzo luogo, l'Italia dovrebbe ufficialmente impegnarsi a non consentire mai più il pagamento di riscatti o cedere in alcun modo alle richieste delle bande terroristico- criminali. Non possiamo essere strenui difensori della legge che in Italia impone il blocco dei beni della famiglia del sequestrato per impedire il pagamento del riscatto, e poi acconsentire che sia lo Stato stesso a pagare con denaro pubblico il riscatto ai terroristi. Infine l'Italia dovrebbe, al più presto, far osservare un minuto di silenzio nei posti di lavoro, nelle scuole, all'inizio delle manifestazioni sportive, in memoria di Sayed e di Adjmal, per testimoniare che per noi il valore della vita è assoluto e universale.
Questo è quanto io immagino gran parte degli italiani vorrebbe che il nostro governo facesse per recuperare la credibilità dello Stato, la cultura dell'interesse nazionale, il primato della civiltà occidentale che non mercanteggia sul diritto alla vita.
10 aprile 2007
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