Teresa si è spesa e, si potrebbe dire, continua a spendersi oltre il suo tempo, oltre, paradossalmente, la sua stessa persona. L'eredità che quella donna così mite e così ferrea ci ha lasciato rimane - a dispetto delle critiche che pure l'hanno investita - intatta e indiscutibile, compresa com'è nelle parole di Gesù che leggiamo in Matteo: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».
Il mistero di Madre Teresa, dieci anni dopo
di Elio Maraone
Tratto da del 5 settembre 2007
Al pianterreno della casa-madre delle Missionarie della carità, sulla circonvallazione sud di Calcutta, riposa, in una semplice cappella, il corpo di Madre Teresa. Riposa lì dal 13 settembre di dieci anni fa, a conclusione dei funerali di Stato concessi in precedenza, in tanta solennità, soltanto al Mahatma Gandhi.
Il luogo è disadorno, la tomba un blocco di cemento bianco, con una lapide che reca inciso un versetto di Giovanni: «Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi». Rispetto al 5 settembre 1997, giorno della morte, e al 13, l'unica novità visibile è una porta aperta nella parete che dà sulla strada, per far entrare i pellegrini che ogni giorno da tutto il mondo vengono qui a visitare, a venerare, a implorare «la loro santa»; a deporre su quelle spoglie mortali, per usare le parole del cardinal Angelo Sodano durante la Messa esequiale, «il fiore della più profonda gratitudine». Ma perché questa gratitudine, e così profonda, e così permanente, anzi, accresciuta, a dieci anni da quella morte? Si tratta di un sentimento planetario, che va oltre le molte differenze tra gli uomini, compresa quella delle fedi religiose, e che si fonda sull'ammirazione per una vita consumata per il prossimo senza nulla chiedere, e per la forza di un esempio che dimostra, anche al tempo nostro, come la virtù della carità e l'esercizio della santità siano praticabili, e addirittura contagiosi. Ma non si capisce Madre Teresa sino in fondo se non si affronta il mistero cristiano, se non ci si abbandona all'intimità di un Dio tanto paterno e materno, e così vicino che al momento delle offerte durante la Messa del 13 gli si può donare una matita, come fece una missionaria portando all'altare un lapis, memoria di uno dei motti favoriti di Teresa: «Io sono come una piccola matita nelle mani del Signore...». Un piccolo grande segno, quello, un segno che concorre al ritratto tracciato sei anni dopo, in occasione della beatificazione, da Giovanni Paolo II. «Placare la sete d'amore e di anime d i Gesù in unione con Maria erano il solo scopo dell'esistenza di Madre Teresa e la forza interiore che le faceva superare se stessa e andare di fretta da una parte all'altra del mondo per la salvezza dei più poveri tra i poveri». Teresa è stata dunque esemplarmente, senza riserve, uno degli emblemi più alti del nostro tempo, e avventura di quell'emblema - che tuttora continua - per le vie del mondo. È stata, anche, donna di grandi intuizioni, come quella che una autentica intesa tra i popoli sarà possibile soltanto quando si comprenderà che siamo tutti prima uomini e poi il resto, ciascuno di noi con tale altissima, inviolabile dignità da aver diritto alla vita e ai mezzi per vivere. Un'utopia? Gesù ce lo ha insegnato, Teresa credeva che a lungo andare sarebbe stato possibile, ma che nel frattempo, nell'attuale condizione di separatezza tra i popoli, tra gli stessi individui, la via più concreta e diretta di convertire le coscienze fosse quella della testimonianza di una carità radicale. Ossia quella che prima ancora di occuparsi del cibo, degli abiti, delle cure mediche riconosce ed esalta il valore immenso della persona, di ogni persona. Per affermare, difendere e diffondere questa verità sconosciuta a molti, ovvero, e per dir meglio, che il singolo individuo è il primo e immediato titolare della dignità ed al tempo stesso il fine della società (la quale deriva appunto i suoi diritti dai singoli individui che la compongono), per affermare questa verità, dicevamo, Teresa si è spesa e, si potrebbe dire, continua a spendersi oltre il suo tempo, oltre, paradossalmente, la sua stessa persona. L'eredità che quella donna così mite e così ferrea ci ha lasciato rimane - a dispetto delle critiche che pure l'hanno investita - intatta e indiscutibile, compresa com'è nelle parole di Gesù che leggiamo in Matteo: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».
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