giovedì 6 settembre 2007

L'UOMO LIBERO DI PREGARE E' ANCHE LIBERO DI PENSARE


AsiaNews ci aveva informato del manifesto firmato da 37 intellettuali cinesi nel quale si chiede che l'organizzazione di Giochi Olimpici proceda nel rispetto dei diritti umani. Simona Verrazzo sul Foglio ci descrive il contesto in cui è nato questo manifesto: l'intelligenzjia del celeste impero è in movimento.

La nuova alleanza fra chiesa e intellettuali cinesi fa paura a Pechinodi Simona Verrazzo
Tratto da il foglio del 4 settembre 2007 e segnalatoci dal Mascellaro


La nuova alleanza fra chiesa e intellettuali cinesi fa paura a Pechino


di Simona Verrazzo

Tratto da del 4 settembre 2007 e segnalatoci dal Mascellaro

Roma. In Cina il desiderio di libertà è tanto più forte quanto più viene represso. E per non essere completamente schiacciate le due principali, e non ufficiali, opposizioni del paese si stanno sempre più avvicinando.

Da un lato l’élite culturale composta di scrittori, docenti universitari e giornalisti, ma anche storici, filosofi e giuristi. Dall’altra la chiesa, sia cattolica sia protestante, considerata da milioni di fedeli come l’unico punto di riferimento capace di stare vicino alle persone senza perseguitarle in un paese dove l’ingerenza dello stato è pressoché totale. E’ quella che è stata definita “esplosione di cristianità tra chi fa cultura in Cina”. Il controllo delle autorità infatti è onnipresente in qualsiasi ambito e le vittime più colpite rimangono gli intellettuali, che chiedono di essere liberi e potersi esprimere ognuno nella sua differente disciplina, e le comunità religiose, senza alcuna distinzione di credo. Quello che accade ora in Cina è l’apertura sempre maggiore e il sostegno sempre più pieno degli intellettuali nei confronti del cristianesimo. La cosa spaventa i dirigenti di Pechino, che vedono in questa unione una minaccia concreta alla loro autorità.

Il Partito comunista, che il prossimo 15 ottobre riunirà i suoi stati generali, vuole avere l’ultima parola su tutto, compresa la prossima reincarnazione del Dalai Lama, la massima autorità religiosa del buddismo tibetano. Gli appelli in patria e all’estero per il rispetto dei diritti umani fondamentali, esprimersi e pregare, non si contano più. L’ultimo è stato quello della settimana scorsa con cui gli intellettuali cinesi hanno chiesto alle autorità di Pechino la “libertà”, perché un intellettuale che non può pensare è come se non esistesse. Dall’altra parte c’è la chiesa cattolica che in Cina vive l’esperienza della doppia identità, quella ufficiale e quella clandestina, con personaggi come il vescovo di Hong Kong, cardinale Joseph Zen Zekiun, costretto a farsi garante non soltanto dei bisogni religiosi ma anche di quelli sociali dei suoi fedeli.

A unire gli intellettuali e la chiesa è la ricerca della libertà. La forza con cui i vescovi si stanno battendo per ottenere il diritto alla libertà religiosa è vista dall’elité culturale come qualcosa di positivo per l’intera società cinese. Il cristianesimo sta iniziando a circolare nelle università di tutto il paese – da Pechino a Shanghai, da Canton a Xi’an – perché permette uno sviluppo umanistico più equilibrato e capace di rafforzare l’etica del lavoro e la solidarietà fra le persone. Tutto ciò a prescindere se l’uomo sia cristiano o buddista. E’ proprio questa migliore condizione umana che gli intellettuali attendono, se la libertà religiosa fosse pienamente consentita. Per scrittori, filosofi e giornalisti cinesi l’uomo libero di pregare è anche l’uomo libero di pensare.

Nonostante non si possa dibattere pubblicamente, parte dell’élite culturale e dei docenti universitari non nasconde di vedere nel cristianesimo la migliore prospettiva per la Cina di oggi: la soluzione più auspicabile per uscire in maniera pacifica da un regime totalitario che sta opprimendo la cultura come la religione.

Alcuni intellettuali poi sono andati oltre, tanto da essere identificati con l’espressione “cristiani culturali”. E’ un fenomeno di vecchia data, che dura da almeno vent’anni, ma che con la crescente pressione per la libertà sta conquistando spazi più ampi. L’interesse dei giovani per il pensiero occidentale ha portato molti studiosi cinesi a occuparsi del cristianesimo, spinti da motivazioni che vanno al di là della sola fede. Le ragioni vanno da quelle patriottiche a quelle sociologiche. Sanno che in Europa, storicamente, la religione cristiana ha giocato un ruolo fondamentale nella crescita della cultura occidentale. E alla luce di questo progresso culturale ne cercano uno simile anche per il loro paese. Inoltre nel cristianesimo riescono a trovare le risposte ad alcune domande fondamentali – come il senso della vita, l’aldilà o la cognizione del dolore – che Mao e il suo comunismo non sono riusciti a dare. Sono intellettuali che hanno letto e studiato la Bibbia e il Vangelo, pur non dichiarandosi pubblicamente cristiani. Alcuni di loro scrivono, su commissione delle autorità, articoli e libri su questioni teologiche. Molti tengono conferenze e seminari dove comparano le dottrine teologiche cristiane con le idee confuciane, buddiste e maoiste.

C’è poi l’ultimo legame tra intellettuali e cristianesimo, quello più audace e per questo più temuto. La religione cristiana è vista come quella più capace di dare un senso al valore assoluto dell’individuo, di garantire la legalità e di creare una mentalità collettiva che spinge davvero a “servire il popolo”. E’ lo stesso motto del Partito comunista, che però non sembra in grado di realizzarlo. La paura di Pechino è che possa riuscirci questa nuova unione tra intellettuali e chiesa.

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