venerdì 7 settembre 2007

TEMIAMO LA MORTE E CI AFFIDIAMO ALLA SCIENZA














...abbiamo sostituito al tabù del sesso il tabù della morte, l'abbiamo abolita, perché è ciò che più temiamo....Libero 7 settembre 2007

di MASSIMILIANO PARENTE

Ci siamo dimenticati l'Occidente, le nostre vite, il progresso, l'Illuminismo, e come osservò già lo storico Philippe Ariès nei sui studi, abbiamo sostituito al tabù del sesso il tabù della morte, l'abbiamo abolita, perché è ciò che più temiamo. A ogni annuncio di una scoperta scientifica c'è chi attacca con il tormentone dell'eugenetica, o chi sostiene che non è certo che le staminali, embrionali, certo che le staminali, embrionali, adulte o umane-animali, potranno prolungarci l'esistenza o salvarci dalle malattie, come se la ricerca potesse già sapere cosa troverà, come se prima di mettere mano alla muffa, se la muffa fosse stata investita di una qualche sacralità metafisica, Alexander Fleming avesse dovuto portare a priori le prove di ciò che avrebbe scoperto solo a posteriori, perché era uno scienziato e non uno stregone. In ogni caso salta sempre fuori "Dio", che viene usato, oggi come cinquecento anni fa, per mettere i bastoni fra le ruote a ogni progresso. Paradossalmente stiamo assistendo oggi a uno scontro tra religione e laicità senza precedenti, dove gli scienziati devono rispondere a mistificazioni quotidiane spesso risolte da decenni, come quando legge che "l'uomo non viene dalla scimmia", che evoluzionisticamente è anche vero. Ha ragione Vittorio Feltri, a stare con la scienza, perché tutta la nostra civiltà, e la stessa idea di libertà, è fondata sulla scienza, ossia sulla verità, scomoda e comoda che sia. Io sono ateo perché non posso essere altrimenti, ma poiché sono liberale rispetto il diritto dei religiosi a essere tali, fino al punto in cui non cerchino di imporre la propria visione a chi religioso non è. Preferirei, su questo terreno, uno scontro aperto e meno ipocrita, preferirei che chi, per ragioni confessionali, è contro le unioni civili fosse anche contrario al divorzio e al matrimonio civile e si mobilitasse senza sosta per abolirli, preferirei che chi è contrario all'inseminazione artificiale si mobilitasse contro l'aborto fin dal concepimento, preferirei che suonasse strano a qualcuno che aborto e divorzio sono stati vo- luti dallo stesso popolo italiano che politicamente è contrario alle unioni civili in nome della sacralità del matrimonio. Preferirei una battaglia a viso scoperto, e che si smettesse di fingere che per la Chiesa ci sono omosessuali cattivi e eterosessuali buoni, mentre nella categoria dei peccatori sono contemplati solo i sessuali, condannati in quanto non "unitivi e procreativi", tanto dal diritto canonico che dal catechismo. Non ci si appelli alla natura, per cortesia, perché se l'omosessualità fosse contro la natura lo sarebbero ancor di più castità, continenza e celibato, e lo sarebbe meno l'egoismo e perfino l'omicidio. C'è chi pensa che l'uomo sia stato creato da un essere superiore poche migliaia di anni fa, e è libero di crederlo così come si è liberi di credere, per riprendere un esempio di Bertrand Russell, che esista una teiera cinese in orbita intorno a Saturno, e nel caso l'onere della prova, nella civiltà occidentale, spetta a chi lo sostiene, non a chi non ci crede; e chi, d'altra parte, sa che siamo il prodotto di una lotta per la sopravvivenza che dura da tre miliardi e mezzo di anni, e che non esiste un confine tra natura e chimica, che siamo composti di milioni di cellule eucariotiche e di geni replicanti, mutanti dei nostri antenati, che non sono scimmie, come una vulgata creazionista già sconfessata dallo stesso Charles Darwin vorrebbe, ma procarioti. Non è bello, ma è così. Tuttavia, malgrado questa divisione ideologica, siamo tutti uguali e concordi quando prendiamo un antibiotico per combattere un'infezione, o un betabloccante per prevenire un infarto. Non soltanto i bonobo o gli scimpanzé, che condividono con noi oltre il novantotto percento del nostro codice genetico, ma il dna della piantina di gerani che tenete sul balcone parla la stessa lingua dei vostri geni: la biologia molecolare degli ultimi cinquant'anni non ha fatto altro che confermare l'evoluzionismo rendendolo ancora più drammatico, ep- pure ciò che ci separa dal mondo animale è che uno struzzo mette la testa sotto la sabbia, l'homo sapiens postgalileiano e postilluminista no, e abbiamo smesso di chiederci se sia nato prima l'uovo o la gallina e cominciato a porci altre questioni. La nostra umanità più profonda, insieme a quella cosa faticosa che chiamiamo progresso, sul quale è diventato uno sport sputare da una parte o dall'altra, nascono da una ribellione intellettuale alla natura, che è ancora quella vista da Leopardi, che non mantiene mai quel che promette allor e di tanto inganna i figli suoi, e la nostra ragione ci induce a distinguere un farmaco da una stronzata magica o omeopatica dal fatto sperimentato che abbia superato o meno il test del doppio cieco. Temiamo la morte molto più di un integralista islamico che si fa saltare in aria perché è convinto che ci sia un paradiso dove lo aspetteranno settanta vergini, loro dicono "amiamo la morte come voi amate la vita", e dal loro punto di vista non fa una grinza, ma se vogliamo esportare la democrazia non possiamo esportare l'idea che il loro paradiso è falso perché noi ne abbiamo un altro vero, che la loro rivelazione è falsa perché ne abbiamo una vera, perché avremmo già perso in partenza. Noi temiamo la morte perché sappiamo cos'è. Dobbiamo esportare qualcosa di più scomodo, di più complicato e doloroso, dobbiamo esportare una storia molto più lunga e feroce, dobbiamo esportare, a fronte della nostra tolleranza, che tollera tutto tranne l'intolleranza, anche la nostra paura della morte e la nostra coscienza del nulla, che fanno tutt'uno con la fiducia nel progresso, nella libertà, nei diritti umani e sì, nella ricerca scientifica, la speranza che qualcosa, in qualche laboratorio, possa salvarci dalla brutalità e dall'inganno dello stesso terribile corpo di cui siamo fatti.


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