AVVENIRE 21 NOVEMBRE 2007
DA MILANO ENRICO NEGROTTI
« Esistono alternative per produrre cellule embrionali staminali sen¬za produrre embrioni». Queste parole di Angelo Luigi Vescovi, docente di Bio¬logia all’Università di Milano-Bicocca e di¬rettore scientifico dell’Istituto «Brain Repair» di Terni, sono comparse su Avvenire nel di¬cembre 2004, ancora prima degli accesi di¬battiti per i referendum sulla fecondazione assistita. «Sono stato buon profeta – osserva oggi lo stesso Vescovi – ma le mie parole era¬no basate su studi che si stavano già pubbli¬cando: in particolare i primi risultati erano stati presentati da Alan Trouson, direttore del Monash Institute australiano, a un convegno a Boston nel giugno 2004». La strada è stata poi esplorata da altri: «Sono usciti già lavori su Nature e Cell, ora anche Science: sono le maggiori riviste internazionali, segno del va¬lore di questi studi».
Da uno dei pionieri dello studio sulle cellule staminali in Italia viene la spiegazione del¬l’importanza pratica della scoperta dei ricer¬catori giapponesi e statunitensi: «È la dimo¬strazione che è possibile riprogrammare una cellula adulta e riportarla a un livello simile a quello della cellula embrionale senza però creare alcun embrione». «In prospettiva – ag¬giunge Vescovi – quando fosse reso possibile un loro uso clinico, queste cellule simil-em¬brionali sarebbero clonate dallo stesso pa¬ziente, quindi si eviterebbe ogni rischio di ri¬getto ».
In altre parole «viene messo a disposizione dei ricercatori un processo attraverso il qua¬le una cellula adulta specializzata – chiarisce Vescovi – viene riportata a uno stadio indif¬ferenziato. Si può quasi dire che eravamo da¬vanti a un muro dietro il quale supponevamo ci fosse un mondo meraviglioso, e adesso ab¬biamo fatto un piccolo foro attraverso il qua¬le abbiamo capito che quel mondo esiste: o¬ra si tratta di allargare quel foro». Una pro¬spettiva che ha affascinato anche Ian Wilmut: «È la dimostrazione che lo scienziato può cambiare idea se viene proposta una via più praticabile».
Occorre ancora lavorare per eliminare i pro¬blemi: si è parlato della difficoltà di elimina- re i retrovirus che sono serviti a introdurre i geni nelle cellule: «La riuscita dell’esperi¬mento era l’obiettivo più importante – spie¬ga Vescovi –. Per questo sono stati utilizzati vettori molto potenti in modo che i geni fos¬sero trasportati efficacemente. Ora che il ri¬sultato è arrivato, sarà possibile studiare co¬me evitare di lasciare i geni all’interno della cellula: usando tecniche per eliminarli, op¬pure impiegando vettori più labili».
Il valore della scoperta è comunque enorme: «Siamo agli inizi di una nuova era nella ricer¬ca, come ripetono tutti gli osservatori quali¬ficati – ricorda Vescovi –. Certamente occor¬re mantenere i piedi per terra, continuare a lavorare con metodo, ripetendo gli esperi¬menti ». Le applicazioni cliniche non sono dietro l’angolo, ma la strada sembra traccia¬ta: «Per passare dal topo all’uomo è ci è volu¬to un anno. E se sono pubblicati oggi, gli e¬sperimenti risalgono almeno a sei mesi fa: nei laboratori sono sicuramente già più a¬vanti. La tecnica va perfezionata per avere cellule da sperimentare in clinica: non sarà subito, ma i tempi dovrebbero essere ragio¬nevolmente brevi». «Anche noi – aggiunge Ve¬scovi – che ci stavamo dedicando anche alle staminali dal testicolo, faremo esperimenti in questa direzione. Questi risultati confer¬mano la validità e la liceità di scelte che per¬seguono vie alternative all’uso degli embrio¬ni, quale lo studio di staminali di feti da a¬borto spontaneo, che stiamo effettuando al¬l’Istituto “Brain Repair” di Terni grazie all’o¬pera di mecenati quali il vescovo Vincenzo Paglia che ci sostiene generosamente».
«Ora bisogna lavorare per arrivare all’uso clinico Si conferma la validità di scelte eticamente ispirate nella ricerca scientifica»
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