Società - sab 27 ott
La fede non è paura
di Davide Rondoni
Tratto da AVVENIRE del 27 ottobre 2007
Sergio Romano ieri dedicava il suo editoriale sul 'Corriere' al fenomeno dell’aumento del turismo religioso a Roma. Ci si poteva aspettare un peana al sindaco e leader Veltroni e sulle mille attrattive della capitale.
Invece Romano va subito dritto al dubbio che arrovella lui e probabilmente un po’ degli intellettuali che redigono e dei padroni che governano il giornale di via Solferino.
Com’è possibile che Papa Ratzinger 'attragga'? Un Papa, perdipiù proprio come questo, 'un dottore della chiesa, una cattedra di principi irrinunciabili e di solenni silenzi', opposto dal notista del Corriere a un Giovanni Paolo II, 'apostolo moderno'? La conclusione che tira il giornalista e storico vorrebbe essere 'tranquillizzante'. Tranquilli, ragazzi, suggerisce l’editoriale già dal suo titolo, è la solita vecchia faccenda. La solita storia, quella che sappiamo a memoria e che ci hanno ripetuto alla nausea da almeno trecento anni: quando l’uomo ha paura si accosta a figure carismatiche e riscopre la religione. E dinanzi a questo avanzare di paure, le persone di varie categorie si affidano al carisma di uomini certi.
L’editorialista cita alcuni fenomeni che a suo dire provano questo revival religioso, accostando un po’ alla rinfusa i funerali con rito orotodosso di Eltisn alla lotta non violenta dei monaci, o il peso elettorale dei 'rinati' americani con l’osservanza del ramadam di milioni di cittadini oggi europei. E naturalmente conclude questo suo strambo elenco mettendo in cima l’integralismo musulmano (quello che ispira i kamikaze, par di capire) come la 'manifestazione più evidente e radicale' di tale revival. L’editoriale si conclude con un bizzarro appello ai laici: si preparino con altrettanto zelo e rigore a difendere i propri valori.
Il discorso di Romano è vecchio. E mi permetto di aggiungere un termine che può suonare strano accanto al nome di un così posato intellettuale come Romano: è pericoloso. Interpretare il fenomeno religioso come se fosse una specie di impulso irrazionale mosso da paure di vario genere, è ripetere una lezioncina rifritta, è banalizzare un fenomeno ben più complesso e nobile, indagato anche in questi anni da studi antropologici seri e liberi da paraocchi veteroilluministi. E banalizzare, in un momento di fenomeni complessi, è l’anticamera di possibili violenze e di maggiori torbidi.
Quando coloro che si autodefiniscono 'i laici' accettano che l’interlocutore che si definisce religioso non sia solo un fobico, o un intimorito dalla vita, allora si fanno veri passi avanti, e si scoprono un sacco di cose interessanti. Ad esempio che nell’uso veramente laico della ragione, nell’onestà laica di fronte ai fenomeni, la reale differenza non passa tra i cosiddetti laici e i religiosi, ma tra faziosi e no, tra veri laici credenti o meno, e uomini ideologici. E si scopre pure che accomunare i fenomeni religiosi presenti in modo così vario e stupefacente molto spesso non ha senso, al di là di una generica appartenenza di tutti a un livello inestirpabile della natura umana di sempre, che è la richiesta di un senso. Insomma si scopre che non tutte le fedi sono uguali, che ci sono storie, differenze, varietà mirabolanti che uno spirito laico deve saper cogliere.
Tutto questo per fortuna sta accadendo, e proprio sotto il papato di Ratzinger, il Papa che sta sfidando la mentalità di tutti, credenti in un Dio o no, all’uso autentico della ragione. Il Papa infatti sta invitando (con qualche successo) alla riscoperta di quanto un uomo veramente ragionevole e aperto alla vita sia un uomo religioso. Forse è proprio ciò che preoccupa qualcuno. Il vecchio steccato che si prova in modo così approssimativo ad erigere o puntellare, buttando nello stesso mucchio fenomeni diversi (un po’ di laicissima capacità di analisi non guasterebbe) non tiene. A chi fa comodo puntellarlo? A chi ha buoni o cattivi argomenti? E per preparare quali evitabili scontri?
Nessun commento:
Posta un commento