Città del Vaticano, 19 nov. (Apcom) - "Fedeltà al Concilio": questo il titolo scelto dall''Osservatore Romano' per sintetizzare la lunga intervista all'arcivescovo Albert Malcom Ranjith, segretario della Congregazione per il culto divino, intervenuto nel dibattito sulla liturgia e sul motu proprio del Papa che liberalizza la messa tridentina.
"Noi siamo chiamati a essere fedeli a qualcosa che non ci appartiene ma che ci viene dato - sottolinea monsignor Ranjith - dobbiamo essere fedeli alla serietà con cui si celebrano i sacramenti. Perché dovremmo riempire pagine e pagine di istruzioni se poi ciascuno si ritiene autorizzato a fare quello che vuole?"
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Una contrapposizione tra tradizionalisti e innovatori, per l'arcivescovo "non ha senso. Non c'era e non c'è una cesura tra un prima e un dopo, c'è invece una linea continuativa", afferma. "Riguardo alla messa tridentina - prosegue - c'è stata una domanda crescente nel tempo, via via sempre più organizzata. Di contro, la fedeltà alle norme della celebrazione dei sacramenti continuava a calare. Più diminuivano tale fedeltà, il senso della bellezza e dello stupore nella liturgia - aggiunge il segretario del dicastero vaticano - più aumentava la richiesta per la messa tridentina".
Per Ranjith, "per anni la liturgia ha subíto troppi abusi e tanti vescovi li hanno ignorati. Papa Giovanni Paolo II - sottolinea - aveva fatto un accorato appello nell'Ecclesia Dei afflicta che altro non era se non un richiamo alla Chiesa ad essere più seria nella liturgia. La stessa cosa è avvenuta con l'istruzione Redemptionis sacramentum. Eppure in certi circoli di liturgisti e uffici di liturgia questo documento è stato criticato. Il problema quindi non era la richiesta della messa tridentina, quanto piuttosto un abuso illimitato della nobiltà e della dignità della celebrazione eucaristica. Di fronte a ciò il Santo Padre non poteva tacere - spiega ancora l'arcivescovo - come si nota nella lettera scritta ai vescovi sul motu proprio e anche nei suoi molteplici discorsi, egli sente un profondo senso di responsabilità pastorale. Questo documento perciò, oltre ad essere un tentativo di cercare l'unione con la Fraternità Sacerdotale san Pio X - conclude il segretario della Congregazione del Culto divino - è anche un segno, un forte richiamo del pastore universale a un senso di serietà".
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