sabato 8 dicembre 2007

L'EVOLUZIONE NON DIVENTI MODELLO FILOSOFICO

Il peccato originale: realtà, non solo simbolo
Religione - ven 7 dic
Pensare la Fede • Quale condizione lega l’uomo d’oggi ad Adamo? Caffarra, Cottier e altri teologi a Bologna per un dibattito sul rapporto tra scienza e credo cristiano Un confronto tra studiosi sul tema al convegno della Facoltà teologica dell'Emilia Romagna
di Stefano Andrini
Tratto da AVVENIRE del 7 dicembre 2007

«Il confronto fra dottrina del peccato origi­nale e riflessione scientifica è ripreso oggi con una radicalità mai conosciuta prima. A causa soprattutto della tendenza della teoria del­l’evoluzione a trasformarsi in 'filosofia prima'». Lo ha detto il cardinale Carlo Caffarra , arcivescovo di Bologna, introducendo il tema del convegno an­nuale della Facoltà teologica dell’Emilia Romagna.


Al centro dei lavori la relazione del cardinale Geor­ges Cottier. «Il male – ha ricordato il teologo emeri­to della Casa Pontificia – non è un mistero di luce, ma un mistero di tenebre. Questo vale per ogni for­ma di male, ma c’è un’opacità che è propria al pec­cato originale, che attiene alla sua trasmissione». Su questo punto, ha aggiunto, «oggi la difficoltà è for­temente accentuata a causa dell’ideologia domi­nante dell’individualismo e della sua concezione della libertà».

Parlando degli effetti del peccato ori­ginale sulla libertà dell’uomo il relatore ha ricorda­to che esso ha, secondo la dottrina della Chiesa, un influsso tale che l’uomo ha una propensione e una facilità a peccare. Ma, ha osservato Cottier «il pec­cato originale come tale non distrugge la libertà».

Soffermandosi sul contributo che il pensiero cri­stiano ha dato alla riflessione filosofico-scientifica il cardinale ha poi aggiunto: «Tutte le scoperte sulle o­rigini dell’uomo mettono in discussione la lettura un po’ ingenua del racconto biblico sulla caduta di Adamo. A poco a poco, però, si cercano soluzioni per dimostrare che la lettura atten­ta del testo non si oppone alla lettu­ra scientifica la quale in gran parte è fatta di ipotesi».

Sul peccato originale, secondo l’an­tropologo Fiorenzo Facchini, la scienza non ha niente da dire perché esso esula dall’orizzonte scientifico.

«Potrebbe esserci qualche implica­zione per quel che riguarda l’uni­versalità del peccato e la trasmissio­ne del peccato che, secondo un’interpretazione più comune, richiederebbe un monogenismo cioè la de­rivazione da un’unica coppia». «Attualmente – ha aggiunto monsignor Facchini – viene ammesso il carattere allegorico dei racconti dei primi capitoli della Genesi e, al di là della natura del peccato ori­ginale, si afferma l’inclusione di tutta l’umanità nel peccato descritto, cioè la sua trasmissione dai pro­genitori a tutta l’umanità. Ma il carattere universa­le della colpa potrebbe non richiedere l’unicità di u­na coppia originaria e la trasmissione mediante la generazione. L’universalità della situazione di colpa (anche se non di carattere personale) potrebbe es­sere spiegata con l’appartenenza alla condizione u- mana sul piano biologico, esistenziale e culturale – ha proseguito l’antropologo –, una condizione che è segnata dall’esperienza del peccato dalla quale l’uomo viene redento da Cristo».

Don Erio Castellucci, preside della Facoltà teologi­ca dell’Emilia Romagna, ha richiamato le diverse posizioni sul peccato originale nel suo rapporto con le scienze naturali. «Vengono rifiutati dal Magistero due modelli radicali – ha ricordato –: il letteralismo e il simbolismo. Il primo ritiene to­talmente storica la narrazione di Ge­nesi 3 e guarda con sospetto ogni teoria scientifica in contrasto con la lettera di tale racconto. Il secondo assorbe completamente il peccato originale nel concetto di 'peccato del mondo' riducendolo a 'simbo­lo' della disagiata situazione uma­na ». Vi sono poi tre modelli più mo­derati che risultano compatibili con le indicazioni magisteriali: la generazione, la soli­darietà, la partecipazione o appartenenza.

Don Alberto Strumia dell’Università di Bari ha pro­posto alcune riflessioni sulla dottrina di san Tom­maso d’Aquino. «Merita attenzione – ha detto – la precisione di linguaggio con la quale Tommaso, af­fermando che il peccato originale deriva da Adamo originaliter, non si vincola interamente al 'model­lo della generazione' (che pure sviluppa con am­piezza e fa suo), lasciando di fatto, nei suoi principi, un certo spazio anche ad altri modelli al suo tempo difficilmente immaginabili, come ad esempio quel­lo, più ampio, di una 'partecipazione' alla condi­zione del peccato originale».



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