Pensieri di un impolitico
Dal Foglio Online. Per scrivere (incoraggiandolo) al Direttore: ildirettore@ilfoglio.it
sotto, una delle variabili di cui tenere conto.
Ho già detto che se anche andasse male non importa, perché è già andata bene. E che esitare genera malessere. Però un po’ esito, e ci dormo poco e un po’ mi angoscio, in mezzo a pressioni pubbliche e private, preoccupazioni motivate sulla difficoltà di tradurre in voto politico la riscoperta di una antica sapienza: liberi di scegliere, si deve scegliere contro la tristezza e la comodità del desiderio che si fa diritto in modo dispotico verso il diritto altrui.
Il diritto di un concepito a diventare un uomo o una donna, non un rifiuto, uno scarto della civilizzazione. Liberi per legge di abortire, si deve scegliere contro l’aborto. Aborto? No, grazie. Moratoria e lista sono l’occasione per qualcosa di diverso dal generico chiasso a mezzo stampa, hanno confuso i confusi, chiarito i chiari di mente e di spirito. Si sono già imposte quanto era necessario per rompere un silenzio che durava da trent’anni. Andare fino in fondo, con intelligenza, vuol dire presentare le liste e il simbolo alla sola Camera, in tutte le circoscrizioni. Vuol dire offrire ai cittadini la possibilità di votare per il governo che preferiscono al Senato, dov’è questione di premio di maggioranza in qualche regione, e di scegliere un altro tipo di voto, un voto di idee su come si vuole vivere e far vivere, alla Camera.
Un fallimento, che in molti temono, significherebbe un fallimento della lista, della irruzione nella politica dei partiti, nelle logiche tifose e assolutiste di un voto utile. Non sarebbe il disastro di una lingua nuova che in tutto l’occidente si sta facendo strada in mille forme, prendendo mille strade, fuori e dentro i confini della pratica cristiana e della fede, anche in un mondo secolare e ultrasecolarizzato che un serio dubbio comincia a coltivarlo.
Di tutto questo sono convinto, però esito. La fase finale è la più dura, la più obliqua, la meno semplice da percorrere. Confessarlo è necessario per me, un impolitico. Sapere come la pensate è urgente. A me, personalmente, non importa l’ipotesi di un insuccesso. Penso che sarebbe un mio insuccesso e basta. E che tutto il resto, lo sforzo di dire qualcosa di significativo intorno all’indifferentismo occidentale, riprenderebbe il giorno dopo senza umiliazione e senza vanto. Sono stato nel collegio del Mugello, contro un magistrato che allora era più popolare di Maradona e che si presentava in un luogo politico in cui un suo sconosciuto predecessore aveva avuto il settanta per cento dei voti, che quel magistrato ha rimesso nel suo sacco vittorioso senza sforzo. Però ho ancora uno scrupolo, un tentennamento. Se mi farete sapere che ne pensate, ve ne sarò grato. Venerdì depositiamo il simbolo.
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