martedì 26 febbraio 2008

ORA ANCHE I SORDI VOGLIONO BAMBINI SORDI






Siamo stati portati lontano dal nostro vero Bene.
Cosi' lontani e soli non riconosciamo piu' la realta' che ci circonda.
Ingannati da una scienza che non e' scienza.
Ingannati da una liberta' che non e' liberta'
Siamo arrivati a sentirci cosi' soli dentro nel mondo che la corporazione dei sordi desidera mettere al mondo figli sordi per poterli inserire meglio fra loro.
Questo desiderio di possesso del dono piu' grande che ci e' stato dato "la vita di un figlio"vuole essere manipolato da noi non si pensa piu' al figlio come persona che ci e' stata affidata per accompagnare al Destino,ognuno ormai lo vuole come lo vuole.Questa e' la grandezza del laico Ferrara "ESSERE ARRIVATO A COMPRENDERE CHE LA VITA E' UN VALORE INDIPENDEMENTEMENTE DAL PROPRIO CREDO"
Ferrara come il dottor House piace perche' butta in faccia la vera realta' senza mezzi termini libero dal suo vissuto."Ho considerato la vita anch'io,in altri tempi,un bene da non difendere,ho sbagliato ma ora che vedo non posso non mostrare a tutti la vera realta'"



Lui cosi' cinico cosa direbbe sulla liberta' di fare figli disabili?




La logica dell'eugenetica:
Al mercato del figlio su misura

...Quando la nascita di un figlio è subordinata ad una selezione genetica, indipendentemente dalle intenzioni di chi la pratica, per avere un figlio uguale o diverso da sé, è difficile poi, per non dire impossibile, venire a capo delle mille contraddizioni che inevitabilmente si presenteranno.....di Assuntina Morresi
L'Osservatore Romano - 24 febbraio 2008

L'eugenetica è comparsa nei paesi occidentali alla fine del diciannovesimo secolo: si interveniva per modificare l'evoluzione della specie umana. In questa prima fase si presentava soprattutto come selezione imposta dallo stato, e così fu praticata in paesi come la Svezia e gli Stati Uniti, fino alla clamorosa e aberrante esperienza del Terzo Reich.

Per questo, oggi, la si associa ai capelli biondi e agli occhi azzurri, simbolo della razza pura che si voleva creare nel cuore d'Europa.

Ma l'eugenetica non ha solo questa dimensione, delegittimata dal nazismo: è bene chiarire che ogni tipo di selezione su base genetica delle persone è eugenetica.


Se è un genitore a chiedere la selezione per non far nascere un figlio malato, scegliendo l'embrione migliore e scartando quelli difettati, fra i tanti prodotti con le tecniche di fecondazione in vitro, la sua scelta individuale sembra non appartenere più all'eugenetica: diventa una scelta saggia e "misericordiosa", per evitare future, intollerabili sofferenze al nuovo essere, e per garantire la libertà dei genitori di rifiutare il figlio imperfetto.

La stessa azione, quindi, è considerata eugenetica se stabilita da una norma dello Stato; se la stessa pratica - impiantare gli embrioni sani e scartare i difettati - viene fatta per volontà dei singoli individui, allora la sua natura sembra diversa: scompare "eugenetica" - parola maledetta - e viene sostituita con "libertà", termine carico di connotazione positiva. Se veramente di "libertà" si tratta, allora tutti devono potervi accedere: ecco quindi che scegliere il figlio sano diventa un diritto.

Ma le parole pesano come pietre, e quando si vuole giocare con le carte truccate, evitando di chiamare le cose con il loro nome, è facile poi trovarsi in un vicolo cieco.


Ne sanno qualcosa in Gran Bretagna: sul "Sunday Times" del 23 dicembre scorso campeggiava un titolo "I sordi chiedono il diritto di progettare bambini sordi".


All'origine di tutto, la proposta di un articolo di legge per proibire di impiantare un embrione malato o disabile, se contemporaneamente ne esiste disponibile uno sano; contestualmente viene negata anche la possibilità di far nascere una persona disabile rispetto a una sana.

Sono subito insorte le due principali associazioni di sordi inglesi, il Royal National Institute for Deaf and Hard of Hearing People (Rnid) e la British Deaf Association (Bda), che hanno ravvisato, nel suddetto articolo, un limite alla libertà procreativa dei disabili che rappresentano, e anche una potenziale discriminazione della comunità dei sordi in quanto tale.

La Rnid dichiara di temere innanzitutto una forte pressione verso l'aborto nei confronti della comunità dei non udenti. A favore della diagnosi preimpianto, ma contraria all'obbligatorietà dei test genetici, la Rnid in una nota ufficiale riconosce che la diagnosi preimpianto può causare un conflitto fra i medici e la comunità dei disabili.

Alcuni sordi potrebbero voler impiantare embrioni sordi preferendoli a quelli udenti per avere figli simili a sé, che possano vivere nella loro stessa comunità, e condividere la loro stessa vita, e le medesime esperienze.

La Rnid non sostiene la scelta di figli sordi, ma neppure la vuole vietare, se genitori e medici sono d'accordo; "quali embrioni debbano essere scelti per l'impianto deve rimanere una decisione degli individui e dei loro medici".

E non accetta neppure nessun divieto ad impiantare embrioni che possono sviluppare con certezza future disabilità, nel caso fossero esclusivamente di questo tipo: "quando sono disponibili solo embrioni sordi, noi sosteniamo il diritto degli individui a scegliere l'impianto".

Jackie Ballard, parlamentare inglese, si è fatto portavoce di questa istanza e sempre al "Sunday Times" ha dichiarato: "Molti genitori sceglierebbero embrioni udenti, ma riguardo a quei pochi che non lo farebbero, pensiamo che dovrebbe essere loro permesso di esercitare quella scelta, e noi vogliamo sostenerli in questa decisione".

Ancora più netta la posizione di Francis Murphy, presidente della Bda: "Se ai cittadini in generale deve essere data la possibilità di scelta degli embrioni per l'impianto, e se agli udenti e ad altre persone è permesso di scegliere embrioni "come loro", con le loro stesse caratteristiche, lingua e cultura, allora crediamo che anche i sordi debbano avere lo stesso diritto".

Molto significativa e articolata la lettera con cui lo stesso presidente ha argomentato la propria posizione.

Innanzitutto, Murphy accusa la normativa proposta di limitare "la libertà riproduttiva per i cittadini che possiedono caratteristiche specifiche, inclusi i sordi" e di prevenire la nascita di alcuni tipi di persone, non solo dei sordi.

Spiega che in questo modo ai sordi sarà negato l'accesso ad alcuni servizi legati alle nuove tecniche di fecondazione in vitro, e delinea alcuni scenari che si potrebbero verificare se la legge andasse in porto così com'è scritta.

Uno riguarda la donazione di gameti: immaginiamo una coppia che non riesca ad avere bambini per infertilità della donna. I due desiderano avere figli che siano in qualche modo legati biologicamente ad entrambi, ma l'unica parente della donna che potrebbe donarle gli ovociti è sorda, e la sua sordità è ereditaria.

Se fosse approvato il testo di legge come proposto adesso, la donna sorda non potrebbe donare i propri ovociti, e quindi alla coppia sarebbe negata la possibilità di avere un bambino legato biologicamente in qualche modo a tutti e due.

La sordità è solo una delle milletrecento condizioni per le quali sono clinicamente disponibili test genetici. Murphy sottolinea che in questo modo a molte persone sarà impedito di donare i propri gameti.


Quindi l'opportunità negata è quella di avere "un figlio in famiglia", qualunque sia il tipo di legame biologico: il problema è che per poter dire "mio" ad un figlio, si cerca a tutti i costi qualche legame biologico.


Quello stesso legame di cui viene, allo stesso tempo, negata l'importanza, quando si chiede l'accesso alla fecondazione eterologa, cioè all'utilizzazione di gameti di una persona esterna alla coppia.

Un altro problema riguarda invece i designer babies, i bambini su misura: "una coppia di sordi ha un bambino sordo, concepito con fecondazione in vitro diversi anni prima, che ha bisogno di un trapianto di midollo per una malattia indipendente dalla sordità.

Il bimbo sta molto male, e la sua possibilità di sopravvivenza può venire da un midollo di un donatore compatibile, come un consanguineo. I genitori sperano di salvare la vita del proprio figlio concependo un altro bimbo con la fecondazione in vitro, usando la diagnosi preimpianto per selezionare l'embrione con la migliore compatibilità di midollo per il loro bambino già nato. Poiché i genitori possono avere solo figli sordi, e la legge proibisce l'accesso ai servizi di fertilità sulla base della sordità genetica, alla coppia non solo sono negati i servizi di fertilità, ma anche l'opportunità di offrire la migliore chance di sopravvivenza al loro unico bambino".

Da selezione genetica in selezione genetica, insomma, verso il grande mercato del figlio su misura, mascherato dalle migliori intenzioni. Un figlio progettato già malato per il desiderio di avere un figlio, o di guarirne un altro, in nome di una libertà di scelta che, rispetto a chi deve ancora nascere, non è certo una scelta di libertà. Un figlio che verrà al mondo con certi precisi requisiti: malato, e immunocompatibile con il fratello.

Un'eugenetica rovesciata: le sterilizzazioni dei disabili delle politiche eugenetiche del primo novecento servivano a impedirne la discendenza, a limitare le nascite di portatori di handicap quando ancora non c'era l'aborto di stato.

Cento anni dopo, l'eugenetica si capovolge, e si parla di libertà procreativa con le nuove tecniche di fecondazione per aiutare coppie di disabili ad avere figli come loro, per i più diversi motivi. Si aprono scenari difficili da immaginare persino nel "mondo nuovo" di Aldous Huxley.

La lettera del presidente della Bda continua con una lunga disamina del diritto delle persone sorde a esistere: scoraggiare la nascita di queste persone porta la società ad avere atteggiamenti negativi nei confronti della comunità dei non udenti. Argomentazioni pienamente condivisibili, che potrebbero valere per molti tipi di disabilità.

È chiaro che i disabili, di fronte all'attacco eugenetico che si fa sentire ogni giorno di più grazie alle nuove tecniche di diagnosi genetica, cercano in qualche modo di difendersi, e la tentazione di chiudersi nella propria comunità di appartenenza è forte, specie se l'esperienza al suo interno è positiva.

La ricerca del figlio disabile è comprensibile quando la si legge proprio come difesa dalle discriminazioni, come desiderio di non sentirsi estranei e diversi innanzitutto dai propri figli.

E la questione non è certo limitata al caso inglese: il "New York Times" nel dicembre 2006 rese nota un'indagine della Johns Hopkins University: su un campione di centonovanta cliniche che effettuavano la diagnosi preimpianto, il tre per cento l'ha utilizzata per selezionare embrioni con disabilità, su richiesta dei genitori.

Non più casi isolati, quindi, come quello della coppia di lesbiche sordomute che, nel 2002, chiese un donatore di sperma con lo stesso difetto genetico per poter avere un figlio come loro: la storia venne raccontata dal "Washington Post", e fece un grande scalpore.

Man mano che le diagnosi genetiche si diffondono, inevitabilmente casi come questi si fanno sempre più frequenti, investendo non più singole coppie, ma addirittura intere associazioni che difendono i diritti dei disabili, come per i non udenti inglesi.

Quando la nascita di un figlio è subordinata ad una selezione genetica, indipendentemente dalle intenzioni di chi la pratica, per avere un figlio uguale o diverso da sé, è difficile poi, per non dire impossibile, venire a capo delle mille contraddizioni che inevitabilmente si presenteranno.

(©L'Osservatore Romano - 24 febbraio 2008)


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