Ora, proprio lui, il bambino di Napoli, concepito da 21 settimane, ed estratto morto dalla mamma dopo applicazioni di chimica omicida, è un po' il fratellino piccolo e assassinato di Giulianone. Il quale così mostra come intende la sua campagna culturale ed elettorale a favore della "moratoria per l'aborto". Ferrara applica alla sua guerra per la vita dei bambini non nati la fantasia della realtà. Non c'è niente di più provocatorio di accettare nei duelli l'arma scelta dall'avversario, il suo preferito terreno di lotta. E infilzarlo lì. In questo caso il corpo, il possesso del corpo, il diritto di essere quel corpo che siamo. Le femministe urlano qualcosa sull'utero, il corpo è mio e lo gestisco io? Anche Ferrara fa così. E mostra che quel corpo, siccome è di una persona, non si doveva toccarlo: è un altro. Il corpo non è un vestito che si possiede. Sia esso il proprio o quello altrui non è roba che si possa manipolare secondo i desideri del potere o della propria pistolaggine. Per questo Ferrara vuole sacra la vita: sacro vuol dire separato, non si tocca. Ecco non si tocca la vita degli altri. E se vale per la pena di morte degli adulti, tanto più per i piccini il cui cuore batte, e magari possono essere anche con il pisello piccolo o addirittura nani.
di RENATO FARINA
Libero, 15 febbraio 2008
Il Foglio, 15 febbraio 2008
L'idea non è passata, è il caso di dirlo, per un pelo. Fotografarsi i testicoli. Piazzarli in prima pagina del Foglio. Nessuno scandalo. Sono minimi, da bambinello. Sarebbe (...) stata l'occasione di una visita pubblica di massa. Data la scelta di candidarsi - ha pensato - è giusto esporsi ad una specie di palpazione in piazza. Giuliano Ferrara però ha ceduto: «Il mio vice Ubaldo Casotto non ha voluto. Non sarebbe stato un problema di spazio: ci stanno in una breve», che sarebbe poi una notiziola di poche righe. «In compenso ho delle tette enormi». Oggi però il fondatore della "Lista per la Vita" si farà cavare il sangue, e accerterà se ha o no la sindrome di Klinefelter. Cioè la malattia che ha giustificato per i medici, per le femministe e per i prosatori rococò della Repubblica la soppressione della creatura scandalosa di Napoli.
La deformazione che secondo Francesco Merlo e Livia Turco era causa piena e sufficiente di un intervento terapeutico, in realtà di selezione della specie, causa in pochi ridotti casi la sterilità e la modestia degli attributi.
Si vive lo stesso, non si capisce perché la madre avrebbe dovuto impazzirne, come invece attestato dagli psichiatri che hanno messo il timbro sull'omicidietto. Fosse nato con le palle piccole, il peggio che gli sarebbe capitato sarebbe stato di sentirsi dare del grosso coglione senza esserlo.
Ma sì, ci scherziamo, ma si deve pur sopravvivere, perché viene da farsi scoppiare la testa dinanzi a questa infamia multipla. La prima è l'aborto. La seconda la manipolazione dei fatti e delle parole.
Ora, proprio lui, il bambino di Napoli, concepito da 21 settimane, ed estratto morto dalla mamma dopo applicazioni di chimica omicida, è un po' il fratellino piccolo e assassinato di Giulianone. Il quale così mostra come intende la sua campagna culturale ed elettorale a favore della "moratoria per l'aborto". Ferrara applica alla sua guerra per la vita dei bambini non nati la fantasia della realtà. Non c'è niente di più provocatorio di accettare nei duelli l'arma scelta dall'avversario, il suo preferito terreno di lotta. E infilzarlo lì. In questo caso il corpo, il possesso del corpo, il diritto di essere quel corpo che siamo. Le femministe urlano qualcosa sull'utero, il corpo è mio e lo gestisco io? Anche Ferrara fa così. E mostra che quel corpo, siccome è di una persona, non si doveva toccarlo: è un altro. Il corpo non è un vestito che si possiede. Sia esso il proprio o quello altrui non è roba che si possa manipolare secondo i desideri del potere o della propria pistolaggine. Per questo Ferrara vuole sacra la vita: sacro vuol dire separato, non si tocca. Ecco non si tocca la vita degli altri. E se vale per la pena di morte degli adulti, tanto più per i piccini il cui cuore batte, e magari possono essere anche con il pisello piccolo o addirittura nani.
Il ministro Livia Turco ha dato sostegno alle manifestazioni "delle donne" per la 194. Incredibile. Nessuno la tocca. Ma essa, proprio la 194, prevede che non si possano eliminare futuri nati solo perché malati. Ed è una vergogna che invece di chiedere di curare i bambini si pretenda il diritto di farli fuori con dei certificati di sicuro contro una legge che, nel suo titolo, dice di «tutelare la maternità».
E cosa dire della «protesta delle donne del Csm» (Corriere della Sera)? Abbiamo addirittura il partito delle donne abortiste in un organo costituzionale: invoca un'ispezione per la decisione di un magistrato di intervenire dinanzi a una denuncia. Ma che razza di giurisdizione c'è in Italia? Ci sono atti che la magistratura deve accertare con lentezza perché in quei casi il controllo di legalità riguarda soltanto dei bambinelli uccisi? Ci sono poi quelli che usano l'espressione "feticidio". Hanno scritto nei comunicati le femministe: gli agenti sono intervenuti per il «reato di feticidio». I quotidiani si sono compiaciuti di ripetere questa parola. Feticidio, qualcosa di fetente, maleo-dorante, forse un fetenticidio, che schifo. Invece no, era una creatura magari a rischio di palle piccole, altro che fetenticidio, direi infanticidio. Ferrara è stato una potenza l'altra sera all'Infedele. Ha messo tutti zitti e seduti con la sua logica disarmata. Maria Laura Rodotà, femminista, autodefinatasi "stronza" ai tempi in cui dirigeva Amica, tra una smorfia e l'altra ha detto: «...no, parli pure, mi sto divertendo molto». È peggio essere così o avere le palle piccole?
1 commento:
very good blog, congratulations
regard from Catalonia Spain
thank you
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