di Giovanni Cominelli
tratto da tempi
L'anno scolastico 2006-07 è stato l'anno dell'emergenza educativa. Pochi l'avevano intravista, oggi è sul tavolo pubblico. Sì, solo alcuni casi finiscono sui giornali, ma sono molte le storie di mal di scuola che il tam tam ci porta ogni giorno, coinvolgenti di volta in volta ragazzi, insegnanti smarriti e impotenti, genitori irresponsabili. Cosa sta accadendo?
Sta accadendo un imponente mutamento antropologico, che investe in primo luogo le nuove generazioni, e che allarga la faglia con quelle successive. È causato da fattori bio-psichici (la rottura puberale agli inizi del '900 accadeva a 17 anni, ora tra gli 11 e 12), dall'irruzione del web, dalla liquefazione dei rapporti sociali e della tradizione.
Il mondo che si dispiega di fronte a loro presenta altri scenari: la comunicazione permanente in un presente senza confini, la corporeità, le biotecnologie, l'ecologia, le immigrazioni, le multiculture, l'angoscia per il futuro fisico e antropologico del pianeta. Le istituzioni educative forgiate negli ultimi due secoli (quelli della seconda rivoluzione industriale) e caratterizzate da gigantismo statalista, da centralismo, da rigidità e uniformità dell'offerta, da egualitarismo ideologistico, da una gestione sindacal-burocratica degli insegnanti non sono in grado di rispondere al mutamento antropologico dei figli della terza rivoluzione industriale. Questa è la tenaglia in cui ogni giorno si trovano il personale della scuola, i genitori, gli architetti di progetti di riforma. Facendo il verso a Brecht: "riformare" i ragazzi o riformare le istituzioni educative? Se la risposta è la seconda, qual è la forza motrice del cambiamento? Non è la politica, non è l'Amministrazione, non è il sindacato, non sono i progetti ben arrotondati dai pedagogisti e dagli esperti illuminati. La forza sono i protagonisti sul campo dell'azione educativa. La politica mantiene un ruolo decisivo: quello del riformismo sussidiario. La grande riforma amministrativa e legislativa è liberare le scuole dallo Stato amministrativo. Autonomia radicale delle scuole nell'interpretazione del curriculum nazionale, nella gestione del personale, valutazione esterna dei risultati delle scuole, una per una, pubblicità totale e comparabilità dei medesimi. Libertà, responsabilità, trasparenza di ogni scuola. La scuola non è una variabile dipendente dello Stato amministrativo, è comunità educante.
Cavour oggi lo griderebbe così: libera scuola in libero Stato!
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