Tratto da AVVENIRE del 9 giugno 2007
(ROBERTO MUSSAPI)
Ripristinare il giovedì del Corpo di Cristo significa ripristinare lo stupore per il mistero di un dono che modifica per sempre la caducità della carne.
L'improvvisa mancanza del vino suona come un vuoto, una delusione per i presenti. Una festa che non ha compimento. Allora Maria si rivolge al figlio certa che provvederà.
E infatti il giovane che si è assunto nella carne il dolore di ogni uomo non delude l'attesa, muta l'acqua in vino, porta il simposio al compimento, agisce miracolosamente su ciò che scorre: dall'acqua dell'origine, fluente sul pianeta a portare messi, al vino, simbolo del sangue . L'episodio rievocato l'altra sera dalla voce quieta all'inizio della processione in piazza Wagner, a Milano, è dalla stessa voce immediatamente connesso al senso stesso di quel moto di persone, insieme, nella celebrazione del Corpus Domini, in un lento e silente cammino, una fila folta e ordinata, il rumore dei passi nella sera, il silenzio totale dei cellulari, i lampeggianti scatti di silenziose macchine fotografiche digitali, istantanei come bagliori: Cristo è Dio che si è fatto uomo per assumere totalmente la sofferenza umana e redimerla, e per far ciò si è messo sulla strada, ha camminato, incontrando, fermandosi, ascoltando. Alcuni lo seguivano, altri restavano segnati da quell'incontro. Non solo i miracolati, i prodigiosamente eternati personaggi di Caravaggio, i travolgentemente visitati: anche chi non subiva la scossa del miracolo, ma il mite, accarezzante quanto incancellabile tatuaggio dell'Agnello. Il Dio che si è fatto uomo partecipa della mensa. Perché nella fibra del pane, che è grano, creato da Dio, dorato dal Sole, macinato, impastato e cotto dalla sapienza dell'Homo Faber, e nel vino, che grazie ad analoga e anche più rituale sapienza tramuta il succo di un frutto in una sostanza nuova, noi umani leggiamo immediatamente il misterioso legame tra creazione e trasformazione. La gente che cammina per le vie di Roma, come quella che qui a Milano alle 20, in un crepuscolo liminare tra il grigio del giorno trascorso e la lucentezza prevista per l'indomani, in silenzio, senza enfasi, pare obbedire a un istinti vo mettersi in cammino capace di spiazzare la solitudine, e i derivati malati della stessa, l'alienazione, l'angoscia. Ripristinare il giovedì del Corpo di Cristo significa ripristinare lo stupore per il mistero di un dono che modifica per sempre la caducità della carne.
Camminare per la città come seguiti o guidati da un'ombra, come il viandante di Emmaus, significa anche rovesciare lo scenario metropolitano: da lugubre luogo di disperazione quale si configura dalla Londra di Dickens alle metropoli del Novecento, da gigantesco labirinto di vite disperse e perse, diseredate, luogo di feriti, di miserabili, di esuli, di umiliati, la grande città può di colpo, per la potenza di un sogno amoroso, mutarsi in scena di incontri: non più labirinto ma fiume, non più esilio ma navigazione. Le strade si mutano, o vogliono mutarsi in scie, la città può e vuole rivelare rotte nascoste sotto l'asfalto e il selciato, sui marciapiedi non domina la solitudine delle insegne luminose o dei derelitti stramazzati, ma la presenza di Uno che sta passando, su quelle strade, che è lì, nel cuore della città, ridiventata porto da cui si diramano rotte disegnate dal fondo, tracce non illusorie di un percorso non soli.
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