mercoledì 20 giugno 2007

CESANA DOPO IL FAMILY DAY LA PRIMA POLITICA E' VIVERE,ANCHE IN PARLAMENTO


.
Sono contenta di poter mettere sul blog lo scritto di Cesana.
Condivido in pieno ogni sua parola.
C'ero anch'io ai tempi del partito popolare e ricordo la confusione che ha creato in tutti.
A Pietro e' stata chiesta l'adesione mentre era solo,ha tradito,se fosse stato nel branco forse non l'avrebbe fatto.
Cristo ha dato a lui il compito di costruire la sua chiesa e sapeva che lo avrebbe tradito.
Ma chi si sente tanto perdonato sa tanto amare.
Riconosce che non puo' riporre tutto sulle proprie capacita'.
Riconosce di essere strumento di un Altro.



Ognuno deve giocarsi la faccia nell'ambiente in cui lavora e portare il messaggio cristiano con la propria testimonianza.



Non condivido le posizioni di chi non e' diverso da tutti gli altri.
Nel momento dell'elezione comunale si sono create divisioni e confusioni.
Chi si sente forte ormai in citta' non necessita quindi di confronto.
Richiamati ad un'unita' almeno di cammino cristiano molti rischiano di prendere una loro strada.
Non mi sento rappresentata da questi. Non mi sento nemmeno rappresentata da alcune scuole cattoliche che si proclamano opera del movimento.
Desidero ,che ogni opera, sia proclamata opera di alcuni uomini che si mettono in gioco e quindi che non sempre ci azzeccano.
Ciascuno di noi e' chiamato per nome e non e' aderendo a tutte le manifestazioni,o partecipando a tutti gli incontri che ci si possa sentire al posto.
L'eroico nel quotidiano e' quella vita nascosta ma visibile.
E' l'adesione a Lui e non al potere.
Spero che questo mio scritto ,fatto prima di partire per il campeggio susciti il desiderio di risposte .
Scrivete ,mandate giudizi,e testimonianze.


Cesana: dopo il Family Day la prima politica è vivere, anche in Parlamento

Dal Foglio di oggi

Al direttore - Il Family Day è stato certamente un evento eccezionale. Più di una settimana fa, ho letto sul suo giornale un editoriale che salutava con grande favore la fondazione di un para-partito, condotto da Savino Pezzotta e da alcuni degli organizzatori del Family Day. L’ipotesi continua ad emergere qua e là.

Io sono assai perplesso non perché non abbia fiducia in Pezzotta, o nei miei amici organizzatori. Non metto in dubbio che i promotori del “movimento parapolitico” siano animati dalle migliori intenzioni e da grande dedizione alla causa della famiglia e dei valori cattolici in genere.

Nemmeno nego che l’attuale classe politica lasci alquanto a desiderare circa la difesa di tali valori. Tuttavia, non solo un’analisi culturale, ma l’esperienza personale mi impedisce di provare fremiti per la nuova fondazione.

Lei ricorderà il Movimento popolare. Venne avviato nel 1975, proprio come realtà capace di aggregare e rappresentare l’iniziativa – soprattutto, ma non solo – di Cl nell’università e nella società. Molti, più o meno credenti, si ritrovavano giustamente nel tentativo di non cedere alla violenza comunista e, insieme, nella critica all’immobilismo democristiano. Volevano dare vita a un movimento con salde radici culturali e sociali, non strettamente politico, ma in grado di farsi rappresentare in politica.

Successe progressivamente il contrario.

Non solo il Movimento popolare venne invaso dalla politica, ma quasi finì per politicizzare l’immagine della sua anima ciellina, così che molti che guardavano a Cl attraverso i mass media, facevano fatica a distinguerla da una corrente democristiana.

Il Meeting di Rimini, nato per documentare un ideale di amicizia tra le persone e tra i popoli, dai giornali appariva come l’arena di uno scontro partitico di livello medio basso.

Ancora oggi chi viene al Meeting, non conoscendoci, dice che ci vede diversi da quello che pensava, ovvero vede ben altro che un gruppo di potere. Quando venne proposto a me di diventare presidente, concordammo tutti insieme un ridimensionamento del Mp. Con il passare degli anni tale proposito si tramutò in volontà di chiusura, cosa che avvenne nel 1993. Non se ne poteva più: al di là delle intenzioni eravamo soffocati da una lettura politica che impediva un incontro aperto con tutti.

Con quanto detto non voglio disprezzare la politica, né misconoscerne la necessità, che è essenziale all’agire umano; il Family Day ha certamente bisogno di essere rappresentato politicamente. Se qualcuno intende rappresentarlo, si faccia avanti, non schierando il Family Day, ma schierando se stesso e non in una politica che si dovrebbe fare, ma in quella che si fa.

Il Family Day, il popolo del Family Day, per conto suo è già schierato. Come diceva Newman: “La chiesa cristiana, come società visibile, è necessariamente una potenza politica o un partito. Può essere un partito trionfante o perseguitato, ma deve sempre avere le caratteristiche di un partito che ha la priorità nell’esistere rispetto alle istituzioni civili che lo circondano e che è dotato, per il suo latente carattere divino, di enorme forza e influenza fino alla fine dei tempi” (J.H. Newman, “Il cuore del mondo”, Bur 1994).

La manifestazione del Family Day non l’ha fatta né la Casa delle libertà, né la Margherita, né la Cisl e non la preserverà un futuro comitato parapolitico. Per mantenerla in azione, per ampliarla, per renderla socialmente incidente, bisogna semplicemente partecipare a quello che è: un’esperienza di umanità aperta e desiderosa della collaborazione di tutti, credenti o meno; partecipare dove è vicino a noi.

Da credente, dico che la chiesa, protagonista visibile e incontrabile di tale esperienza, non è appena un sistema di idee, o una visione del mondo. Fosse così, non sarebbe durata duemila anni, ma nemmeno forse duemila giorni, date le stranezze che professa – per esempio, che un amore possa essere un giudizio che dura per sempre.

La chiesa è vita di uomini e donne, che con la loro fede e le loro opere testimoniano a vicenda e a tutti che, come dice Benedetto XVI, Cristo ha portato nel mondo Dio e che questo non solo è possibile, ma è meglio per la vita.

Come diceva sempre Newman, citato dall’allora cardinale Ratzinger (discorso in occasione del centenario della morte di Newman, 28 aprile 1990), “I movimenti vivi non nascono da comitati”. Tanto meno, aggiungo io, un comitato può essere anima di una vita che non ha generato: o la sbiadisce, o più facilmente gli scappa.
Giancarlo Cesana



Nessun commento: