Religione - sab 16 giu
Per il filosofo Giuseppe Fornari «la discussione su Gesù che va avanti da oltre due secoli ha approfondito il Cristo della tradizione e non è riuscita a demolirne la storicità»
di Roberto Persico
Tratto da TEMPI del 7 giugno 2007
Con Girard e oltre Girard, con l'intento principale di riformulare la teoria mimetica del grande filosofo francese per superarne gli aspetti ancora insufficienti e incompiuti.
Giuseppe Fornari, professore associato di Storia della Filosofia presso l'Università di Bergamo, è convinto che «tutta la cultura, cristiana e non solo, del nostro tempo debba dichiarare il suo debito nei confronti di questo pensatore che ha mostrato, con analisi memorabili, che le punte più avanzate della consapevolezza moderna affondano le loro radici nella rivelazione biblica ed evangelica. È il rovesciamento dell'assunto di Nietzsche, che voleva demolire la rivelazione evangelica a partire dalla consapevolezza moderna».
Dov'è carente la teoria di Girard da cui prende le mosse la sua riflessione?
Girard si basa su una contrapposizione schematica, e in ultima analisi polemica, fra cristianesimo e paganesimo. Da un lato, egli non si accorge delle enormi risorse culturali e spirituali che il sacrificio ha consentito, venendo a formare una prima "rivelazione naturale" senza la quale la rivelazione di Cristo sarebbe piombata nel vuoto. Dall'altro, Girard non si rende conto della radicalità e pienezza della redenzione portata da Cristo, il quale accetta un vero e proprio sacrificio per abitare il cuore stesso della dipendenza umana dalla violenza, e trasformarlo in strumento di salvezza. Grazie al sacrificio di Cristo, ogni nostra sofferenza e ingiustizia (sia subita che fatta) può diventare mezzo di redenzione, se noi scegliamo di seguire il suo modello. È un rovesciamento di incredibile semplicità e potenza. Oltre Girard c'è Cristo, e con Cristo non c'è più nessun "oltre".
Qual è il percorso che segue nel suo libro Da Dioniso a Cristo?
Nel mio lavoro sono partito da una constatazione centrale: l'esistenza, nelle comunità umane di ogni epoca, di capri espiatori su cui scaricare le spinte competitive e conflittuali che si verificano al loro interno. Questa è l'idea fondamentale del pensiero di René Girard, che vede nel meccanismo del capro espiatorio la cellula generatrice delle religioni arcaiche e la prova dell'unicità del cristianesimo: mentre queste esistono a partire dal sacrificio di vittime trasfigurate in divinità, il cristianesimo si fonda sulla rivelazione della vittima perseguitata nella persona di Gesù condannato e crocifisso dagli uomini. Da Dioniso a Cristo è partito dall'intento di dimostrare la presenza di capri espiatori in una civiltà alla base dell'Occidente come quella greca, e di verificare la "liberazione" di questi capri espiatori nell'altro grande pilastro della nostra cultura, quello ebraico-cristiano. Un piano di ricerca che si è trasformato in un'autentica avventura conoscitiva. È stato emozionante scoprire come la più alta cultura greca si fosse avvicinata, nella tragedia, nella filosofia, nella storiografia, alla conoscenza della vittima senza attingervi mai pienamente, e formulando così un enigma che solo i Vangeli avrebbero sciolto. Solo Cristo, presentandosi come il figlio di un Dio non dipendente dalla violenza umana e accettando di essere la vittima innocente degli uomini, porta la loro dipendenza sacrificale definitivamente alla luce, per perdonarla e rovesciarla in strumento di salvezza.
È opinione diffusa in un certo mondo culturale che "tutte le religioni siano uguali", e che tutte siano ugualmente sorgente di violenza. Cosa può dire a questo riguardo dal punto di vista dei suoi studi?
Le religioni sono state il più grande strumento di difesa dalla violenza, e senza la loro sapienza rituale non ci sarebbero nemmeno coloro che le criticano, perché non ci sarebbe nessuna civiltà. Sarebbe il caso di tornare a un più sano realismo, e dico tornare perché queste cose un grande pensatore come Platone già le sapeva. Le critiche alla religione si rifanno a un fenomeno ben diverso, cioè allo smantellamento di tutte le religioni tradizionali sotto i colpi silenziosi e mansueti della rivelazione evangelica, che mette in piena luce le vittime che si nascondono sotto i culti umani. È un processo che coinvolge lo stesso cristianesimo storico, nella misura in cui non si rende conto dell'esistenza delle vittime. In questo la critica ha una sua parte di verità, ma essa non riconosce né la vera finalità delle religioni umane allorché funzionavano a pieno regime, né tanto meno l'unicità del messaggio evangelico nel portare alla luce il loro segreto.
La figura di Gesù è al centro di un dibattito culturale: da una parte il libro del Papa che ne rilancia la storicità, dall'altra chi ripropone la separazione fra il Gesù della storia e il Cristo della fede. Cosa possono dire i suoi studi a questo proposito?
La discussione sul Gesù storico si è accesa da oltre due secoli e non accenna a finire. Resta comunque interessante notare come la revisione storico-critica della sua figura non sia riuscita a demolirne la storicità. Il cristianesimo è l'unica religione al mondo ad essere stata oggetto di un trattamento così radicale, e ad averne addirittura accettato i risultati scientificamente più attendibili ed equilibrati, dai quali è emerso un approfondimento e non un indebolimento del Gesù della tradizione. Questo a mio avviso perché è il cristianesimo stesso la fonte della sensibilità storica che caratterizza la nostra cultura più di ogni altra, una sensibilità che si può far risalire alla rivelazione del fondamento occulto della storia umana, la vittima che cementa la collettività e le sue istituzioni. Esiste del resto una controprova della storicità di Gesù, ed è la presenza all'interno dei Vangeli di un insegnamento che in parte sfugge agli stessi commentatori, e che risulta "eccedente" rispetto agli stessi autori dei testi evangelici. C'è un insegnamento originario che reca il sigillo di una personalità straordinaria, il cui spessore travalica la percezione stessa di quelli che ce l'hanno presentata e commentata nel corso dei secoli. Gesù Cristo è lì, e ci parla, con una parola che coincide con la sua vita e la sua persona. Dobbiamo rispondergli con la fede, ma questa fede, questa fiduciosa risposta, può muoversi su di un terreno che la nostra ragione spiana e prepara. Dobbiamo fidarci, di noi stessi e di lui. La storia in questo non ci tradisce, perché è Cristo, la vittima tradita da tutti, a consegnarcene la chiave.
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