sabato 9 giugno 2007

IL RITORNO DI ERODE SULLA SCENA,L'INFANTICIDA "PIENO DI AFFETTI FAMILIARI"


di Maurizio Stefanini
Tratto da il FOGLIO del 8 giugno 2007
Nel secondo capitolo del Vangelo di Matteo, al versetto sedici, si legge: “Il re Erode si accorse che i sapienti dell’oriente lo avevano ingannato e allora si infuriò. Ricordando quello che si era fatto dire da loro, calcolò il tempo; e quindi fece uccidere tutti i bambini di Betlemme e dei dintorni dai due anni in giù”.



Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova, ha rappresentato le madri che oppongono i loro corpi all’eccidio, Duccio di Boninsegna, nella tavola del Museo dell’Opera del Duomo a Siena, le mostra mentre stringono al petto i corpicini martoriati, il Ghirlandaio ne effigia una che afferra i capelli del soldato che le ha strappato la creatura, e Giacomo Paracca, autore delle statue di terracotta della XI cappella del Sacro Monte di Varallo, fece esprimere a Giovanni Testori il sospetto che su quella e altre rappresentazioni della strage aleggiasse “la rogna della perversità e del sadismo”. “Il rischio di un compiacimento per il macabro, per i particolari da macelleria, come nei fotogrammi che oggi i media talvolta diffondono”.

E di qualche settimana fa l’annuncio dell’archeologo israeliano Ehud Netzer che la tomba di Erode è saltata fuori, proprio nel punto indicato da Flavio Giuseppe. Mentre divampano le polemiche su famiglie e aborto, pedofili, bambini soldato, bambini di strada… viene fin troppo facile la battuta: è tornato nei tempi suoi! Ma quale tempo negli ultimi 2000 anni non è stato tempo di Erode? Pieter Bruegel il Vecchio gli aguzzini a cavallo che perlustrano le case una a una li mostrò vestiti come i soldati che Filippo II aveva scatenato contro la rivolta olandese, l’interpretazione di Matteo di Giovanni conservata a Capodimonte alluse invece alla strage compiuta dai turchi nel 1480 a Otranto, e la “Strage” di Guido Reni avrebbe ispirato la “Guernica” di Picasso… Ma la storiografia moderna rivaluta tutto. Se Nerone era un riformatore sociale diffamato dagli aristocratici, se Torquemada era garantista, se Jaruzelski ha salvato la Polonia, perché anche Erode il Grande non dovrebbe avere la sua chance?

Dodici o centoquarantaquattromila?
Scrive ad esempio una Catholic Encyclopedia in inglese uscita tra il 1905 e il 1914. “La liturgia greca asserisce che Erode uccise 14 mila bambini, quella siriana parla di 64 mila, molti autori medievali di 144 mila… Gli studiosi moderni riducono il numero considerevolmente, giacché Betlemme era una città piuttosto piccola. Knabenbauer li stima tra i quindici e i venti, Bispinga tra i dieci e i dodici, Kellner attorno ai sei”. Sono le cifre cui si riferisce l’Erode Antipa interpretato da Flavio Bucci nel “Secondo Ponzio Pilato” di Luigi Magni, quando si lamenta per il suo “povero papà calunniato”. Ma poiché la strage degli innocenti non è riportata se non nei Vangeli, sembrerebbe incongruo un massacro da decine di migliaia di vittime senza altri riscontri. Appunto, scrive la Catholic Encyclopedia, “il numero di questi bambini era così piccolo che questo crimine apparve insignificante rispetto agli altri misfatti di Erode”.

Sono quasi le stesse parole di un cattolico conservatore inglese come Paul Johnson nella sua “Storia degli ebrei”. “La storia della strage degli innocenti, anche se esagerata, trova un fondamento storico nel suo reale modo di agire”. Eppure lo stesso Johnson lo definisce “un politico brillante e per certi aspetti un uomo di stato saggio e lungimirante, generoso, costruttivo e altamente capace”, sia pure “anche ingenuo, superstizioso, grottescamente capriccioso e in bilico sull’abisso della pazzia, e qualche volta pazzo senz’altro. Univa nella sua persona la tragedia di Saul e il fortunato materialismo di Salomone, che era evidentemente il suo idolo”. Come Salomone iniziò infatti la costruzione di un Tempio di Gerusalemme, oltre che di innumerevoli altre infrastrutture. Fece anche una specie di riforma agraria, protesse gli ebrei della Diaspora e favorì quello che oggi chiameremmo “dialogo multiculturale”. Purtroppo, era di quei despoti illuminati che di fronte alle Vandee tiranno subito fuori le colonne infernali. Nel caso concreto, rimosse dalla carica il Sommo sacerdote e fece bruciare vivi un po’ di farisei, per aver fatto a pezzi l’aquila d’oro che aveva posto sull’ingresso del Tempio, come simbolo ecumenico di identificazione tra Jahvé e Giove. Inoltre era di origine araba. Di qui, la damnatio memoriae.

Eppure esistette nell’antichità una setta di erodiani che lo considerava il Messia. E Flavio Giuseppe scrisse che “se mai ci fu un uomo pieno di affetti familiari, quell’uomo fu Erode”. Osservazione curiosa, riferita a un uomo che fece condannare a morte la moglie e la suocera, annegare il cognato e strangolare i suoi stessi due figli. Ma Giuseppe si riferiva alla famiglia d’origine, che onorò chiamando città col nome del padre, della madre e del fratello.



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