sabato 1 settembre 2007

Mio figlio è Down, non “sbagliato”



\Aborto &C - ven 31 ago
Il linguista Michael Bérubé ha rotto con i liberal perché giustificano la “microeugenetica” • “Abbiamo introdotto nella società missioni ‘cerca e distruggi’. Possono portare via la dignità umana di Jamie”

Tratto daIL FOGLIO del 31 agosto 2007



Roma. Nel 1991 Michael Bérubé sarebbe diventato padre per la seconda volta. L’ostetrica suggerì a sua moglie di fare l’amniocentesi.

“Per essere sicuri di cosa?” chiesero. La tecnica avrebbe estratto materiale genetico dal feto per rintracciare “anomalie”. Michael e Janet ne discussero, erano due liberal favorevoli all’aborto legalizzato. “Cosa facciamo se aspettiamo un bambino con la sindrome di Down?” chiese Janet. A quel bambino, che poi chiamarono Jamie, suo padre ha dedicato uno dei libri più commoventi degli ultimi vent’anni, “Life as we know it”. Bérubé, che insegna Letteratura alla Penn State University e collabora con molte riviste progressiste, non è stupito che anche in Italia sia caduto il tabù nell’uso della parola “eugenetica”, come dimostrano i siti Internet delle Asl (vedi il Foglio del 29 agosto). Proprio sull’eugenetica Bérubé ha rotto con la cultura liberal di provenienza, facendosi paladino del diritto degli invalidi, fino a contemplarne la difesa a livello costituzionale. “I liberal sono riluttanti a vedere i diritti dei disabili come parte di un programma di diritti civili” ci dice Bérubé. “Sanno benissimo che le persone con disabilità sono esseri umani come ogni altra persona. Eppure sostengono lo screening prenatale e l’eutanasia, sulla base dell’idea che l’autonomia individuale deve essere rispettata e che non c’è valore morale trascendente”. Il dibattito sullo screening prenatale, ovvero la capacità medica di setacciare l’embrione e il feto alla ricerca incessante di “difetti” e “anomalie”, è stato gestito in modo oscuro: “Non abbiamo idea di cosa significhi ‘screening’ e non abbiamo idea neanche di cosa intendiamo quando pensiamo al ‘bene della specie in quanto tale’. Si pensa che sia meglio prevenire certe vite piuttosto che vivere con esse. Oggi che Jamie è quello che è, sono arrivato alla conclusione che la nostra paura del ritardo mentale è del tutto sproporzionata e che milioni di persone ‘mentalmente ritardate’ possono vivere felicemente, forse più di coloro che vivono una esistenza ‘normale’. George Will ha scritto che la legalizzazione dell’aborto, combinata allo screening prenatale, ha portato nella società a ‘missioni di cerca e distruggi’, per ripulirla da persone come suo figlio Jon. Come specie non sappiamo cosa sia ‘normale’”.

Per Bérubé la manipolazione embrionale è tale che “se iniziamo a pensare sulla base della scala biochimico-molecolare, ci avviamo sulla strada di un nuovo tipo di microeugenetica, in cui l’obiettivo dell’eugenetica non è più prevenire che certe persone si riproducano, ma di ‘migliorare’ certi tratti individuali negli embrioni. A partire dal 1927, la disabilità è stata una giustificazione sufficiente alla Corte suprema per dichiarare legale la sterilizzazione involontaria. Tutto quello che ho sentito sulla ‘qualità della vita’ è sbagliato. Così come dovremmo fare a meno del concetto di ‘nascita sbagliata’. La bioetica è troppo importante per lasciarla ai professionisti”. Questo studioso di cultura africana ringrazia se stesso per aver preso la decisione giusta. “Ogni mattina che porto Jamie a scuola, capisco quanto sia fortunato a essere vivo. I diritti di Jamie sono stati creati lentamente e con difficoltà. Il riconoscimento della sua dignità può essergli portato via”. Un anno prima della nascita di Jamie, George Bush sancì la protezione del suo diritto alla vita con l’Americans with disabilities act: “Riteniamo queste verità autoevidenti: tutti gli uomini sono creati uguali e sono forniti dal loro Creatore di alcuni inalienabili diritti”. Forse per Michael è un po’ troppo solenne, ma suona bene.

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