Non ha paura della verità la chiesa polacca
AVVENIRE 15 GENNAIO 2007
Luigi Geninazzi
L'hanno definita «l'auto-lustracja» della Chiesa polacca. E qualcuno già s'immagina una sorta di processo volontario cui sarà sottoposto l'intero episcopato della nazione più cattolica d'Europa, una maxi-inchiesta che vedrebbe i vescovi sul banco degli imputati. È questa l'impressione che si ricava dai titoli di molti giornali, polacchi ma anche italiani, che tendono a considerare il caso Wielgus non come un
incidente, particolarmente triste e doloroso, dentro un percorso lineare ed esemplare tenuto dalla Chiesa ai tempi del comunismo, ma come l'inizio di uno psicodramma il cui copione è già stato scritto e dovrà culminare nell'auto-flagellazione e nel pubblico ludibrio delle «spie rosse in tonaca nera».In realtà, la verifica sul proprio passato - decisa dai vescovi nella loro riunione straordinaria - è la dimostrazione che la Chiesa polacca non ha nulla da nascondere e non ha paura della verità, memore del sangue versato dai suoi martiri e dell'eroismo quotidiano di migliaia di ecclesiastici e di milioni di fedeli che hanno saputo resistere ad un regime oppressivo e inumano. In ogni caso questo processo non si svolgerà nelle piazze e neppure nelle aule dei tribunali. È un esame che verrà condotto «in tutta indipendenza dai mass-media e dagli organi statali», ci ha tenuto a dire il presidente della conferenza episcopale polacca.
Ha affrontato i giornalisti a testa alta, quasi a voler chiudere una settimana particolarmente difficile, iniziata con le lacrime e la rinuncia in diretta tv del neo-arcivescovo di Varsavia. Per quanto riguarda il suo passato, la Chiesa polacca non ha bisogno né di polemisti né di avvocati. Il giudizio l'ha già dato la storia e solo gli ignoranti o le persone in malafede possono illudersi di rovesciarlo in una condanna.
C'è qualcosa che non va nella «lustracja», la verifica del passato comunista, che in Polonia si è scatenata con passione e furore diciotto anni dopo la caduta del regime. Dall'Istituto della memoria nazionale, do ve sono confluiti i resti degli archivi della «Sluzba Bezpieczenstwa», i vecchi servizi segreti, escono documenti incompleti, carte di dubbia attendibilità, dossier pre-fabbricati da agenti che restano nell'ombra, mentre i veri o presunti collaborazionisti vengono messi alla gogna mass-mediatica, come sempre sensazionalistica ed impietosa. Ha ragione Adam Michnik, l'ex dissidente di Solidarnosc, quando scrive che «questa lustracja rappresenta la vittoria post-mortem dei servizi segreti comunisti che inondano la società polacca di fango e di vergogna».
E forse aveva ragione Tadeusz Mazowiecki, l'ex premier dell'89 che tentò inutilmente di mettere sotto chiave per trent'anni gli archivi SB. Ma adesso è al potere la destra conservatrice che, nel suo slancio populista, sta alimentando indirettamente una caccia alle streghe fatta di veleni che colpisce non già gli ex comunisti ma la Chiesa cattolica. Il giornale «Gazeta» ha scritto: «La polarizzazione della società polacca si è trasferita all'interno dei templi, tra gli stessi fedeli». Si tratta di un rischio serio, da fugare con determinazione.
I gemelli Kaczynski che oggi guidano la Polonia appaiono a volte come degli apprendisti stregoni: hanno appiccato un incendio che rischia di investire l'intera nazione. Che la Chiesa esca indenne da queste fiamme è interesse di tutti, non solo dei vescovi.
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