Dziwisz: qualcuno in Polonia vuole insegnarci a fare i vescovi.
L’arcivescovo di Cracovia rilegge il caso Wielgus. E accusa: dietro la campagna di stampa che si è sollevata ci sono scopi politici. Invita a fare chiarezza, ricordando che la Chiesa in Polonia ha sempre rappresentato una grande forza morale e sociale contro il regime comunista. La gratitudine al Papa per l’aiuto che ha dato nel chiudere la vicenda
AVVENIRE 17 GENNAIO 2007
Sotto la bandiera della «lustracja» si stanno facendo più danni che benefici al Paese Noi vogliamo solo fare chiarezza, senza nascondere nulla.Si è creata grande confusione tra le diverse forme di collaborazione Spesso si trattava di sacerdoti che venivano convocati dai servizi segreti.Non si può condannare un uomo per uno sbaglio compiuto Ma Wielgus ha fatto bene a rinunciare, non c’era altra soluzione.
(Dal Nostro Inviato A Cracovia Luigi Geninazzi )
«In Polonia c'è qualcuno che vuole insegnare ai vescovi come devono comportarsi». Con il suo timido sorriso il cardinale Dziwisz riesce a dire terribili verità. Parla del caso Wielgus (il neo-arcivescovo di Varsavia accusato di aver collaborato coi servizi segreti del regime comunista e costretto alle dimissioni) e della bufera che ha investito la Chiesa polacca. Ne parla con grande serenità, fiducioso nella salda tenuta del cattolicesimo in questa nazione. Nel palazzo arcivescovile di Cracovia, in via Franciszkanska, la vita scorre come sempre, con il via vai delle scolaresche nell'ampio cortile dove c'è una mostra fotografica permanente su Karol Wojtyla e la lunga fila di sacerdoti, personaggi stranieri e semplici fedeli che al primo piano vengono ricevuti dal cardinale con la stessa cortesia e attenzione. Una disponibilità che ci ha mostrato ancora una volta con questa lunga intervista rilasciata al nostro giornale.
Eminenza, in Polonia si sono riaperti i conti con il passato. Anche la Chiesa ha iniziato la sua lustracja?
No, non è una lustracja. Non mi piace quel che si sta facendo sotto questo nome: sta provocando più danni che benefici al nostro Paese. Mentre noi vogliamo semplicemente fare chiarezza. Vogliamo rispondere alle accuse mostrando qual è stata la posizione tenuta dai vescovi, ma anche dai sacerdoti e dai religiosi, nel contesto storico e sociale dell'epoca comunista. Non abbiamo intenzione di nascondere nulla e lo dimostreremo coi fatti. Qualcuno dice che arrivate troppo tardi. Perché non l'avete fatto prima?
Ma fino a poco tempo fa non si poneva questo problema! Ed anche quando ha cominciato a funzionare l'Ipn (l'Istituto della memoria nazionale che custodisce gli archivi di SB, i servizi di sicurezza dell'epoca comunista, ndr) devo dire che purtroppo non abbiamo mai dato grande importanza a questi documenti, stilati da funzionari del passato regime senza nessuna verifica. Vanno esaminati con grande attenzione e cautela. Anzi, sarebbe stato meglio seguire l'esempio di altri Paesi, come ad esempio la Spagna dove, subito dopo il franchismo, si decise di chiudere gli archivi dei servizi segreti per molti anni.
Invece sono finiti sui giornali che hanno dato in pasto all'opinione pubblica i nomi dei «collaborazionisti in talare»... L'errore più grave consiste nel non aver fatto alcuna distinzione tra le diverse forme di collaborazione. In molti casi si trattava di sacerdoti che venivano convocati dai servizi segreti. Non potevano esimersi da questi colloqui se volevano ottenere il permesso di costruire o di riparare una chiesa. Ma non credo che questo tipo di contatti si possano definire una collaborazione. Invece si è creata una grande confusione.
A suo avviso c'è una strategia per colpire la Chiesa?
Certamente esiste una strategia, ci sono scopi politici dietro questa campagna giornalistica. Forse qualcuno vuole insegnare ai vescovi come devono comportarsi. La mia è una semplice constatazione, non posso dire di più. Non so chi stia tirando le fila di tutto questo. Lei ha parlato di confusione. Si riferisce anche alla Chiesa in Polonia?
No, bastava vedere domenica scorsa le chiese piene di fedeli ed ascoltare le loro reazioni positive al messaggio dei vescovi che è stato letto in tutte le messe. Un episodio triste e spiacevole non mette in crisi la loro fiducia nella Chiesa, né tanto meno la loro fede cristiana. Noto una grande maturità nell'affrontare i problemi. Soprattutto in coloro che hanno avuto esperienza del comunismo. Le cose sono un po' più complicate con i giovani che non hanno vissuto quegli anni. Per questo è importante fare chiarezza, ricordando che la Chiesa in Polonia ha rappresentato una grande forza morale e sociale contro il regime, appoggiando sempre chi si batteva per la libertà.Lei un anno fa ha istituito una commissione storica per raccogliere documenti e testimonianze sui sacerdoti della diocesi di Cracovia sospettati di aver collaborato coi servizi segreti del passato regime. A quando le conclusioni?
I lavori procedono ma con una certa lentezza, e non già per colpa dei responsabili della commissione ma per difficoltà oggettive, a cominciare dalla vastità enorme della documentazione, migliaia e migliaia di pagine che non vanno semplicemente lette ma verificate attentanmente.
Ma a fine febbraio uscirà il libro di padre Isakowicz-Zaleski con tutti i nomi dei preti collaborazionisti...
Non importa, noi proseguiamo il nostro lavoro. Ho scritto una lettera a tutti i sacerdoti della diocesi di Cracovia chiedendo che se qualcuno è stato coinvolto in qualche forma di collaborazione con l'SB venga da me per parlare, spiegare e riparare. Devo dirle che si tratta di una trentina di casi su più di 1200 sacerdoti diocesani. In genere hanno ceduto per debolezza, sotto una fortissima pressione morale e psicologica. Non mi risulta neanche un caso di collaborazione attiva e tesa a danneggiare la Chiesa. Che lezione si può trarre dal caso Wielgus?
Come lui stesso ha riconosciuto, quand'era giovane sacerdote ha firmato un impegno di collaborazione con l'SB. Lo ha fatto per poter studiare all'estero e non ha mantenuto quell'impegno, ci sono rapporti molto negativi sui risultati della sua collaborazione. Il suo è stato un errore giovanile. Poi è diventato un bravissimo professore e rettore d'università, e un ottimo vescovo. Non si può condannare un uomo per uno sbaglio che ha compiuto. Abbiamo bisogno di perdono e di riconciliazione. Purtroppo sul suo caso si è creata una tale atmosfera che non avrebbe potuto assumere la guida di una diocesi importante come Varsavia con la necessaria autorevolezza e tranquillità. Ha fatto bene a rinunciare, non c'era altra soluzione. E siamo particolarmente grati a Benedetto XVI per l'aiuto che ci ha dato nel chiudere questo caso doloroso. Eminenza, molti pensano che se ci fosse stato ancora Giovanni Paolo II tutto questo non sarebbe successo...
Se intendono dire che lui conosceva bene la realtà della Polonia e quindi poteva troncare sul nascere certe azioni, questo è vero. Ma dobbiamo stare ai fatti, non alle ipotesi. E da questi fatti io credo che la Chiesa polacca uscirà ancora più forte, proprio perché, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, non dobbiamo aver paura.
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