Cesana: il Meeting dei cercatori di verità
Serve un impegno bipartisan per tre emergenze nazionali: educazione, lavoro, giustizia «La verità per definizione non è contro nessuno. Se la verità è amore, come dice il Papa, si deve parlare con tutti, senza rinunciare a niente di sé» L’Agorà dei giovani a Loreto in settembre? «Un’occasione di testimonianza corale e un appuntamento prezioso per vivere l’unità della Chiesa»
Di Giorgio Paolucci
Anche quest'anno il Meeting di Rimini lancia una sfida al pensiero dominante. Il titolo rende già l'idea: «La verità è il destino per il quale siamo stati fatti». Una sfida al relativismo e allo scetticismo che minano la nostra civiltà, e insieme la riaffermazione che c'è qualcosa di grande per cui il cuore di ogni uomo vibra. Giancarlo Cesana, leader laico di Comunione e Liberazione, una delle menti della manifestazione, spiega che «più che di una sfida si tratta di una proposta, la proposta di cercare insieme quel "qualcosa", così evidentemente più grande di noi, che ci fa e per cui siamo fatti. Se c'è una sfida, è a noi stessi che, su un tema così combattuto, vorremmo fare una proposta chiara, facilmente partecipabile per chi lo vuole. Il Meeting è un incontro popolare, cioè per tutti».
C'è chi dice che affermare l'esistenza di «una verità» deriva da un atteggiamento che in ultima analisi è intollerante. O rappresenta un ostacolo al dialogo. Come ci si incontra tra gente che fa riferimento a verità tra loro diverse, o addirittura con chi nega che esista una verità valida per tutti?
La verità per definizione non può essere contro nessuno. Si pensi al fatto che non ci facciamo da soli. Come dice il Papa nella sua enciclica, «Dio è carità», cioè è amore e, a pensarci bene, non può essere altrimenti. Se la verità è amore, si può e si deve parlare con tutti, senza rinunciare a niente di sé. L'amore infatti non è la confusione o peggio ancora l'indifferenza, in cui spesso finisce la moderna tolleranza. L'amore è affermazione dell'altro come affermazione di sé: cosa impossibile se non c'è una ragione o, meglio ancora, un altro amore, per cui entrambi si vive. In questo senso l'amore deve sempre riconoscere chi è, dov'è la presenza che sostiene l'esistenza di tutto. Ciò implica l'educazione del giudizio e a volte il sacrificio di sé. L'intolleranza nasce dallo snaturamento della verità. La «verità intollerante» è quella ridotta a definizione, a ideologia, a clericalismo, anche di coloro che affermano che la verità non esiste.
La politica italiana è sempre più nella palude, preda di veti reciproci e sempre meno ricca di slanci ideali e di grandi prospettive. Cosa serve per uscire dalla palude?
Ci vuole appunto la verità, un ideale da servire. La palude è il fango prodotto da interessi personali e di gruppo che, pur non essendo in sé sbagliati, non hanno altra misura che se stessi e pertanto sono in un permanente e distruttivo conflitto. Così molti adepti del rinnovamento teorizzano l'impossibile, cioè che non bisogna avere interessi. Bisogna uscire da questa ipocrisia nazionale. Bisogna affermare esplicitamente i propri interessi come contributo a un bene comune più grande di loro. Quello che fanno per esempio tante famiglie quando chiedono una scuola che educhi i figli secondo i loro principi. Questo è un criterio che vale per tutto, fattore evidente di sviluppo delle società che vanno più veloci della nostra.
E il Meeting che contributo può dare per aiutare una ripresa di interesse e di passione per la politica?
Il Meeting documenta che il cristianesimo è un interesse vivo per la realtà, aperto al confronto e alla collaborazione con tutti, capace di coinvolgere i giovani che sono il futuro del Paese. Documenta che c'è gente dedita, costruttiva, non rassegnata proprio in nome di quella tradizione popolare cattolica che è una risorsa tanto trascurata quanto fondamentale per l'Italia. Lo capiscono ormai anche tanti «non cattolici»! La passione nasce da un entusiasmo per quel è ci è capitato di essere: don Giussani la chiamava «baldanza ingenua». Noi cerchiamo di insistere a essere come siamo, contagiati da una passione per tutto. E quindi, a chi interessa, per la politica.
Su quali temi serve un lavoro che metta insieme forze di orientamento diverso ma preoccupate del bene e del futuro del Paese?
Ci sono tre priorità: educazione, lavoro, giustizia. La prima è la più drammatica: la scuola e l'università italiana sono a pezzi, il futuro del Paese è legato alle capacità di formare e valorizzare il suo capitale umano. L'emergenza-lavoro è evidente: con la legge Biagi si era avviati su una buona strada, ora si sta tornando indietro.
E la giustizia?
Prima di tutto non funziona, come dimostra la durata dei processi. La certezza del diritto e della pena è fondamentale per un Paese civile. E poi c'è l'infiltrazione preoccupante dell'ideologia e dell'esibizionismo all'interno del mondo giudiziario. Su questi temi serve un impegno bipartisan, perché il problema non è solo politico, ma soprattutto culturale, ovvero di ricerca non di un minimo comun denominatore, ma di una verità che valga per tutti. E questa ricerca - di approssimazione in approssimazione - non finirà mai. La questione è cominciarla, perché finora sembra si sia rinunciato.
Un libro di Giussani s'intititola «Il cammino al vero è un'esperienza». Significa che la verità si può incontrare solo andandole incontro, senza mai possederela pienamente?
Significa che noi non abbiamo la verità in tasca, cioè non possediamo Dio, mi pare un'evidenza indiscutibile. Dobbiamo quindi camminare, ma non verso qualcosa che non conosciamo, ma attraverso qualcosa che conosciamo. La verità infatti non può essere scopo se non è anche metodo, strada sicura, così da non perdersi. Cristo di sé l'ha detto: via, verità e vita. La verità non è una teoria da enunciare, ma la testimonianza di un percorso compiuto nella storia personale e nella Storia con la maiuscola, la tradizione. La verità è nella vita degli uomini che l'hanno cercata e l'hanno seguita, non è l'invenzione di qualcuno.
I media e la verità: i giornalisti vengono spesso accusati di manipolare la realtà, anziché aiutare a leggerla, a capirla. Ma molti giornalisti replicano che per interpretare bisogna stare alla nuda realtà dei fatti e che rifarsi alla «verità» può essere un impedimento, anziché un aiuto a capire la realtà. Che ne pensa?
I giornalisti, checché ne dicano, interpretano come tutti. Senza togliere loro il diritto sacrosanto di esprimere le loro opinione, dovrebbero avere la lealtà di documentarsi e raccontare i fatti come stanno: per esempio intervistando l'accusato, oltre che l'accusatore. È un criterio professionale prima che etico, perché la moralità del lavoro sta innanzitutto nel farlo bene.
Caso don Gelmini, reiterate accuse ai preti e alla Chiesa per la pedofilia, ecc. Senza evocare complotti, si può comunque parlare di un atteggiamento ostile nei confronti di chi, come la Chiesa appunto, «si permette» ancora di parlare di verità ultime sull'uomo e sulle cose?
Sembra anche a me che ci sia una notevole esagerazione nella denuncia di reati sessuali tra i preti. Ciò è certamente un attacco che intende sottolineare l'incoerenza della Chiesa quando ribadisce la «sua verità» in materia sessuale e quindi non solo, ma è anche un modo per ottenere denaro attraverso risarcimenti che risultano assai facili.
Siete all'edizione numero 28, ma gli anni non sembrano pesare. Qual è il segreto di questo elisir di giovinezza?
La verità di quello che si vive. Che appunto non è una teoria, ma un'esperienza.
Quattromila volontari, tre quarti sono giovani. E si devono pure pagare la pensione dove andare a dormire per una settimana. Chi glielo fa fare?
C'è l'esperienza di cui abbiamo parlato prima e quindi un entusiasmo non sentimentale per la costruzione di una presenza nella società. C'è, in parole povere, un giudizio critico che sa quello che fa e che, per questo, è disposto anche al sacrificio. Altrimenti non tornerebbero. Questi giovani volontari sono la documentazione più indiscutibile dell'attualità del Meeting e dell'esperienza che lo sostiene.
Migliaia di persone vengono per vedere incontri, mostre, ecc., ma anche per incontrarsi tra loro. C'è un desiderio forte di relazioni interpersonali a cui oggi pochi sanno rispondere?
Il Meeting, come dice la parola stessa, è incontro e pertanto occasione privilegiata di relazione e amicizia. Qui, per la sua ricchezza umana e di proposte, si possono anche trovare risposte a quel che si cerca. Speriamo sia sempre di più così.
Pochi giorni dopo il Meeting, Benedetto XVI incontrerà i giovani all'Agorà di Loreto. C'è un legame tra i due eventi?
Una manifestazione come la nostra incoraggia i giovani ad avvicinarsi alla Chiesa e ad ascoltare attentamente la sua proposta, soprattutto quando viene dal Papa. Di più, incita anche a metterla in pratica. L'Agorà di Loreto è una grande occasione di testimonianza corale a tutta la società italiana, e insieme un appuntamento prezioso per vivere l'unità della Chiesa.
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