si sta compiendo «la terribile marcia» verso la selezione genetica, travestita da «libera scelta dei genitori» approdando «a risultati di pulizia etnica che nemmeno la peggiore violenza razzista dei governi totalitari è mai riuscita a ottenere».
vescovi all’attacco sull’aborto: «Legge da rivedere, ha 30 anni»
Aborto &C - gio 30 ago
Il quotidiano «Avvenire» duro: «Stiamo andando verso la selezione genetica» • Il ministro Turco: la renderemo più attuale
di Giancarla Rondinelli
Tratto da del 30 agosto 2007
«La 194 ha ormai trent’anni, e li dimostra. Forse le servirebbe un tagliando». Ad affermarlo è il quotidiano dei vescovi italiani Avvenire in un editoriale a firma di Eugenia Roccella, già militante femminista e poi portavoce del Family Day.
Non si placano così le polemiche sulla legge 194, antiche e ora riaccese dopo la vicenda di aborto selettivo praticato all’ospedale San Paolo di Milano. Una legge (varata nel 1978 quando non esistevano ecografie e diagnosi prenatale), che continua a spaccare in due l’opinione pubblica tra chi difende la legge a piè sospinto in nome della «libertà di scelta» da parte della donna e chi dice «la legge è vecchia e va modificata». Così dopo la dura condanna da parte del Vaticano che dalle pagine dell’Osservatore Romano qualche giorno fa ammoniva: «Nessun uomo ha diritto di sopprimere una vita. È la cultura della perfezione che impone di escludere tutto ciò che non appare bello», anche il quotidiano della Conferenza episcopale italiana lancia la sua accusa in nome di una revisione della 194.
L’editoriale di Avvenire punta il dito soprattutto contro le nuove possibilità della medicina, che «compromettono» la corretta applicazione della legge. «Che i bambini affetti da trisomia 21, cioè da sindrome di Down, vengano ormai sistematicamente eliminati prima di nascere, l’abbiamo già denunciato più di una volta su queste pagine», scrive la portavoce del Family day aggiungendo che «le nuove tecniche mediche, e le scelte che implicano, tendono a svuotare di senso la legge, approfittando delle incertezze interpretative». Dopodiché il duro giudizio: si sta compiendo «la terribile marcia» verso la selezione genetica, travestita da «libera scelta dei genitori» approdando «a risultati di pulizia etnica che nemmeno la peggiore violenza razzista dei governi totalitari è mai riuscita a ottenere». Per tutti questi motivi Eugenia Roccella chiede l’intervento del ministro Turco affinché «vengano forniti indirizzi e regole, stilando delle linee guida», senza toccare la legge ma «per mettere qualche paletto». Livia Turco, dal canto suo, in un’intervista al Corriere della Sera, annuncia che entro la fine dell’anno sarà pronto l’«aggiornamento» della 194. «Saranno delle linee guida nello spirito della legge», spiega il ministro aggiungendo che saranno due le «innovazioni» possibili: la prima sul «limite temporale» oltre il quale non si può intervenire con l’aborto, la seconda sui «limiti all’uso» della diagnostica genetica. Parole, quelle del ministro della Salute, ben accolte da Rocco Buttiglione secondo il quale «è tempo di superare il tabù “la legge 194 non si tocca”». Il presidente dei centristi avanza anche una proposta: «Facciamo una campagna per i bambini down. Questi bambini possono crescere, vivere ed essere felici».
Una campagna fatta direttamente dal ministero e il cui spot per Buttiglione potrebbe essere: «Un bimbo down può fare una vita felice, non farlo morire!». Pensare anche a chi decide di tenere il bambino è l’invito invece lanciato dalla deputata di Forza Italia Laura Ravetto, che spiega: «Prendo atto del dibattito sulle modifiche della legge 194. Ma perché non aprirne uno anche nell’altro senso, sull’applicazione della legge?». Secondo la parlamentare azzurra vale la pena chiedersi come mai tante donne scelgono la strada dell’aborto: «Serve un’opera di prevenzione. Andiamo a vedere per esempio come e se funzionano i consultori, quelle strutture cioè fondamentali per il sostegno alle donne in gravidanza». In serata interviene anche il ministro Barbara Pollastrini, la quale sostenendo la legge («non è per nulla un colabrodo»), auspica maggiore prevenzione e invita ad avere uno «sguardo umano» quando si parla di vita e responsabilità della donna.
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