martedì 22 gennaio 2008

ABORTO FERITA APERTA DELL'AMERICA


Hillary, Obama, Huckabee... capiscono che il tempo del diritto all'aborto è scaduto

Tra bambolotti e gran giurì ottocenteschi, Hillary e Obama gareggiano per conquistare le platee pro choice. Huckabee promette di bandire dalla Costituzione il diritto a interrompere la gravidanza
di Alan Patarga
Tratto da IL FOGLIO del 19 gennaio 2008,

Nell’America che domani celebrerà il National Sanctity of Human Life Day e che martedì prossimo ricorderà il trentacinquesimo anniversario della sentenza “Roe vs. Wade” della Corte suprema, quella dell’aborto è una questione tutt’altro che chiusa.

Negli ultimi giorni, c’è stato un fitto scambio di accuse tra i responsabili delle campagne elettorali dei due principali candidati alla nomination democratica per la Casa Bianca, Hillary Clinton e Barack Obama. Nello sforzo, uguale e contrario a quello dei candidati di parte repubblicana, di apparire il più possibile pro choice, i due si sono accusati – direttamente e attraverso i loro assistenti – di non essere sufficientemente “al fianco delle donne nel loro diritto di scegliere” di non vivere la maternità. Lunedì scorso, con una conference call apposita, il senatore dell’Illinois ha cercato di mettere in luce con gli esponenti del movimento abortista e i cronisti le sue credenziali di politico pro choice, sostenendo che alcune sue astensioni durante voti cruciali al Senato statale fossero riconducibili a una “strategia” per vincere le resistenze del fronte antiabortista. La replica del comitato elettorale dell’ex first lady non ha tardato ad arrivare: “I presidenti non si astengono, prendono posizione sui temi più spinosi e la mantengono – ha detto la consigliera clintoniana Ann Lewis, un’attivista pro choice con un passato da portavoce di Bill Clinton – C’è tutta una serie di votazioni in cui il senatore Obama risulta l’unico a essersi astenuto. Con chi si era coordinato in quelle occasioni?”. Il battibecco a distanza è continuato quando i clintoniani hanno rinfacciato a Obama di essersi astenuto anche in occasione del voto su un disegno di legge che proponeva di definire “persona” i feti sopravvissuti a un aborto, negando quindi alla donna il diritto di farli sopprimere appena nati. Obama ha colto l’occasione per respingere le critiche e ricordare un altro voto, favorevole, di Hillary: quello per l’approvazione del Born-Alive Infants Protection Act, una legge federale proposta dal senatore antiabortista Rick Santorum del tutto simile a quella sulla quale Obama aveva preferito astenersi. Blake Zeff, un portavoce della campagna clintoniana, ha cercato di correre ai ripari ricordando come il voto di Hillary fosse uno dei 97 a favore del testo di legge (su cento senatori) e come in appendice fosse citata l’esplicita conferma dei principi della sentenza “Roe vs. Wade”.

Tra i repubblicani la sfida non c’è, nel senso che l’ha vinta già da tempo l’ex pastore battista (ed ex governatore dell’Arkansas) Mike Huckabee, vincitore in Iowa e dato per secondo in Carolina del sud, lo stesso che ieri ha dichiarato la sua intenzione, qualora eletto alla Casa Bianca, di rendere incostituzionale la pratica delle interruzioni di gravidanza. Gli altri contendenti alla nomination nel Grand Old Party si limitano a sembrare il meno pro choice possibile, compreso l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, che ha promesso di nominare giudici non abortisti alla Corte suprema. Il tema non è però attuale soltanto nell’agone politico. Oltre a una serie di studi pubblicati negli ultimi giorni (uno su un aumento record delle nascite, mercoledì; uno su una drastica riduzione degli aborti negli Stati Uniti, giovedì), si moltiplicano le iniziative del fronte pro life, comprese quelle più estreme. In Kansas, lo scorso 8 gennaio i legali della Life Legal Defense Foundation hanno depositato la richiesta di rinvio a giudizio per un medico abortista di Wichita, il dottor George Tiller, titolare di una clinica in cui si praticano interruzioni di gravidanza fino alla ventottesima settimana. Gli attivisti del movimento antiabortista hanno scovato una legge del Kansas del 1887 che consentiva a gruppi di cittadini, con una semplice raccolta di firme, di convocare un gran giurì per investigare su presunti reati. Ideata per i casi di corruzione relativi alla costruzione della linea ferroviaria, la legge non è più stata utilizzata fino a un anno e mezzo fa, quando gli avvocati del gruppo pro life si presentarono dal giudice con quattromila firme per chiedere, anche allora, la condanna del dottor Tiller. Vicki Saporta, presidente della National Abortion Federation, parla di “caccia alle streghe”, i promotori delle due inchieste di “giustizia popolare” e sostengono che non ricorrerebbero a questi mezzi se i procuratori dessero loro più ascolto. In Wisconsin un altro gruppo antiabortista, Right to Life, ha spedito nei giorni scorsi 44 mila feti di plastica grandi quanto un mignolo agli abitanti di un’intera città con lo scopo dichiarato di provocare rigetto nei confronti dell’aborto. “Abbiamo voluto far parlare la gente dell’argomento”, ha spiegato Dave Obernberger, l’ideatore della provocazione di Right to Life. Tanto loro quanto gli attivisti del Kansas sono gli stessi che seguono le prediche infervorate di padre Frank Pavone e dei suoi “preti del Vangelo della vita”, secondo i quali “la fine dell’aborto legale in America è vicina e ci sono almeno dieci elementi che lo dimostrano”. Uno di quelli, il più forte, scriveva in un articolo il sacerdote di origini italiane, “è che sempre più ragazzi dicono ‘sarei potuto essere io’, quando vedono una donna che abortisce”. Vero o no che il tempo dell’aborto sia scaduto, la “Roe vs. Wade” sembra una sentenza uscita l’altroieri.

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