mercoledì 23 gennaio 2008

LO SCHIAFFO A RATZINGER E' TORNATO INDIETRO

Libero 22 gennaio 2008
di RENATO FARINA
Ha ricucito con tutti, Prodi, dormicchiando, sospirando, rinviando. Con Mastella l'ha fatto mille volte, ci stava riuscendo anche stavolta, ed insieme cullava Pecoraro Scanio, ammorbidiva Di Pietro. Ha sottovalutato il fattore P. Il fattore Papa. Ad esso Clemente Mastella è sensibile come un figlio di Maria. A Mastella toccategli tutto, persino una Asl o uno Iacp ma non la moglie e il Papa. Errore politico gravissimo non aver considerato questo dato, da vero dilettante. L'Italia è innervata tutta da questo legame affettivo con il Pontefice.

Sarà arretratezza, confusione di piani tra religioso e politico, ma questa è l'Italia, e a noi non dispiace. È andata così. Ieri pomeriggio, alle prese con questioni relative alla sua sopravvivenza, invece di fare il duro con i sottosegretari intoccabili, Prodi ha deciso di fare il duro con Ratzinger, trattato alla stregua di una potenza straniera nemica. In questi mesi ha lusingato come amici fraterni Iran ed Hezbollah, ieri ha voluto pestare insieme al ministro dell'Inter no Amato un pugno sul muso del capo dei vescovi italiani, cardinale Bagnasco. Il quale parlava a nome del Santo Padre in una vicenda dove Benedetto XVI è stato suo malgrado protagonista. Era sulla linea della grande manifestazione scomunicata come eretica dai cattolici adulti e democratici della linea progressista, cioè da Prodi stesso, dalla Bindi e da Parisi. Il premier era convinto di poterselo permettere: ha parecchi cardinali che gli strizzavano l'occhiolino. Errore. Puoi avere cento vescovi con te e cinquemila parroci e frati, ma per il popolo italiano sono molto meno di uno, se quell'uno è il Papa. Mettersi contro il Papa non fa bene, almeno in Italia porta malissimo ancora oggi. Sarà sfiga o che altro, ma è una constatazione. Conta persino più del Corriere della Sera e - incredibile - più di Scalfari. Non è da escludere che Amato l'abbia assecondato in questo suo delirio suicida per spingerlo nel fossato e sostituirlo. Ieri Bagnasco aveva esposto linee molto chiare sulle questioni dell'aborto e delle coppie di fatto. Nulla di nuovo in dottrina. Ha chiesto ai parlamentari di votare secondo coscienza e non per mandato di partito. Poi Bagnasco ha raccontato i fatti della Sapienza. Giovedì, ha spiegato, il Papa ha annullato la visita non per il suo ghiribizzo. La rinunzia non è stata uno spontaneo «tirarsi indietro, ma una scelta magnanima per non alimentare tensioni create da altri». La Chiesa «si è fatta necessariamente carico dei suggerimenti dell'autorità italiana e costituisce un atto di amore del Papa per la sua città», nato però da un «clima di ostilità, creato da una minoranza assolutamente esigua di docenti e studenti». Non aveva parlato male del governo. Ma confermato ciò che tutti sanno, costretto a riferirlo anche per evitare l'accusa al Papa di aver usato l'astuzia politica di passare per vittima. E lì Prodi non ha affatto abbozzato. Ha digerito male il gradimento del Papa all'accorrere in piazza San Pietro di tanta gente. Non vedeva l'ora di dichiarare se stesso infallibile e Benedetto XVI bugiardo. Esageriamo? No. Il Professore ha stilato con la prontezza delle emergenze da terrorismo una nota dove ha dato del falsario al capo dei vescovi che in quella sede è alter ego del Papa, primate d'Italia. Da Palazzo Chigi è arrivato un proclama guerresco: «Il governo italiano non ha mai suggerito alle autorità vaticane di cancellare la visita». Anzi premier e ministro dell'In terno «hanno comunicato alle autorità vaticane che lo Stato italiano garantiva assolutamente la sicurezza e l'ordinato svolgimento della visita del Santo Padre». Cita come testimone la Gendarmeria vaticana e una certa riunione di capi della polizia. Una specie di schiaffo di Anagni. La lo tirò a Bonifacio VIII Filippo il Bello . Qui ci ha provato Romano il Brutto. Partito per suonare è però tornato suonato come un tamburo.

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