LIBERO 23 GENNAIO 2008
FILIPPO MANFREDINI MILANO
L'aveva già dichiarato, il governatore Formigoni. Ieri l'annuncio ufficiale, sotto forma di "atto di indirizzo" rivolto a tutte le strutture pubbliche della Lombardia: non sarà più possibile praticare l'aborto terapeutico dopo le 22 settimane e 3 giorni dal giorno d'inizio della gravidanza. Una decisione che vuole precisare i termini di un articolo della legge 194, il 6b, quello che appunto permette l'interruzione volontaria di gravidanza dopo i 90 giorni "quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna".
L'articolo in questione non stabilisce un termine preciso, ma fino ad ora i medici l'avevano di fatto fissato alla ventiquattresima settimana. «Un atto che si basa sulle conoscenze scientifiche - ha detto lo stesso Formigoni - che confermano come, dopo la ventiduesima settimana e tre giorni dal concepimento, il feto abbia un'altissima probabilità di sopravvivere». PIÙ APPOGGIO ALLE DONNE La Regione ha inoltre deciso di aumentare le risorse destinate al potenziamento dei consultori (quelli accreditati in Lombardia sono 284, 225 pubblici e 59 privati). In modo che possano davvero offrire sostegno alle donne che devono decidere se portare avanti o meno la gravidanza. Dai 56 milioni di euro attuali, dunque, si passa a 64. L'assessore Abelli ha poi precisato che il 75% dell'incre mento sarà utilizzato per aumentare il numero degli operatori, il 5% alla loro formazione e il 20% per sostenere l'in cremento delle tariffe erogate dalla Regione. Uno stanziamento che, in un periodo in cui il dibattito sull'aborto è stato rilanciato dalla proposta di moratoria internazionale lanciata da Giuliano Ferrara, vuol rappresentare un passo in avanti proprio verso la «piena attuazione della legge 194 - come ha commentato la dottoressa Alessandra Küstermann, responsabile del servizio diagnosi prenatale della ondazione Ospedale Maggiore, Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena -, in particolare dell'articolo 1, dove si sottolinea che la vita va tutelata fin dal suo inizio». E fornire alle donne tutti gli strumenti affinché siano messe nelle condizioni di fare una scelta serena e responsabile. Formigoni ha poi spiegato che si tratta di una decisione presa «in perfetta sintonia con la comunità medica e scientifica. Occorre sostenere la libertà della donna, alla quale dobbiamo mettere a disposizione strutture e specialisti in modo che sia stata data più speranza alla vita. Quando il feto può sopravvivere, dobbiamo fare di tutto perché diventi bambino, diventi vita». Un provvedimento, ha aggiunto il governatore, «che offriamo alla riflessione delle altre regioni e anche dello Stato». Secondo le stime, sono circa 3.300 all'anno gli aborti terapeutici in Italia. E sui 132mila complessivi, lo 0,7% viene praticato dopo la ventunesima settimana. Peraltro, il limite delle 22 settimane era già stato adottato nel 2004 dalla clinica milanese Mangiagalli, e l'anno scorso dall'ospedale San Paolo, ancora a Milano. «EVIDENZE MEDICHE» La decisione della Regione Lombardia ha naturalmente provocato reazioni di diverso segno. Da una parte, la compatta approvazione da parte di tutto il centrodestra. Dall'altra, a fronte delle prevedibili critiche dei Radicali («propaganda ideologica che ha l'unico intento di intimidire i medici non obiettori, boicottando di fatto l'applicazione della legge 194»), una più confusa posizione del centrosinistra. Perché a Formigoni non arrivano critiche che riguardano tanto la disposizione: il Partito Democratico e la stessa Rifondazione hanno parlato di «ragionevole potenziamento degli aspetti di prevenzione e di sostegno legati ai consultori». Al Presidente lombardo viene invece imputata la recente presa di posizione a favore della moratoria sull'aborto proposta da Ferrara, e lo si taccia dunque di atteggiamento contraddittorio, quasi che quell'iniziativa intendesse cancellare la 194 e rendere illegale l'aborto. Ma è lo stesso Formigoni a precisare che «la nostra iniziativa si basa su evidenze mediche. E Ferrara non chiede affatto di cambiare la 194: la sua è un'intelligente richiesta a riflettere»
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