Con questo blog desidero dare la possibilita' a tutti di leggere articoli ,commenti ,interventi che mi aiutano a guardare la realta', a saperla leggere ed essere aiutati a vivere ogni circostanza positivamente. Mounier diceva "la vita e' arcigna con chi le mette il muso" (lettere sul dolore). E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.
giovedì 31 gennaio 2008
LA FRANCHEZZA DI RASSEGNARSI AL MISTERO
E se accanto alla voce dei poeti si deve alzare la voce del Papa per ricordare che l'uomo non è una realtà solo "misurabile", "calcolabile" e "programmabile" allora significa che siamo nel fuoco di un'epoca buia.
Davide Rondoni
L'anziano Papa è d'accordo con Arthur Rimbaud. Il colto teologo è d'accordo con il giovane maledetto. Sulla natura dell'uomo.
Sul fatto che la comprensione dell'uomo non è esauribile in una serie di conoscenze fisiche o chimiche che lo riguardano. Perciò, ha detto ieri il Papa rivolto a un paio di serissime Accademie, occorre non tralasciare gli studi sull'uomo di carattere antropologico. Ha precisato che in questo momento, a causa dei grandi sviluppi delle scienze biochimiche e biofisiche, «è grande la tentazione di voler circoscrivere totalmente l'identità dell'essere umano e di chiuderlo nella conoscenza che possiamo averne» attraverso le nostre categorie. E dunque il Papa invita a «dare spazio alla ricerca antropologica, filosofica e teologica», che permette di «lasciare all'uomo il suo mistero, poiché nessuna scienza può dire chi è l'uomo, da dove viene e dove va. La scienza dell'uomo diventa dunque la più necessaria di tutte le scienze». Ci abita "un'alterità", ha detto. Allo stesso modo: «Io è altro» gridava Arthur Rimbaud. Come dire che c'è sempre qualcosa in noi che sfugge a quel che chiamiamo scienza. Lo aveva capito, tra i deliri e i pianti della sua folgorante "Stagione all'inferno", il giovane poeta. Infatti diceva anche che la scienza era troppo lenta per noi, per mettere a fuoco quel che siamo. Sapeva che nella modernità post-illuministica, la pretesa di ridurre la natura umana a quel che ne comprende la sola attività scientifica era assurda. "Io è un altro", "ci abita un'alterità", dicono il poeta e il papa. E lo sa chiunque di noi, se bada all'esperienza: avvertiamo un certo fastidio nei confronti di chi ci guarda con la pretesa di aver capito tutto di noi, anche se si tratta di nostra madre o della persona che amiamo. In tanti modi, ciascuno di noi, giovane o vecchio, tende a custodire una specie di proprio segreto, qualcosa che sta al fondo del nostro "io" e che non è raggiungibile nemmeno dall'analisi più acuta e attenta. Insomma, oggi, come nei tempi antichi, l'identità di un uomo si costituisce intorno a qualcosa di segreto, di misterioso, che non è portabile alla luce nemmeno da lui stesso. Ogni volta che la scienza ha preteso di definire cosa è il bene per l'uomo - una certa razza, un certo sviluppo, un certo grado di efficienza - essa è diventata la miglior alleata delle peggiori atrocità. Il Novecento lasciato da poco alle spalle grida ancora questa testimonianza che troppi fingono di non vedere. E se accanto alla voce dei poeti si deve alzare la voce del Papa per ricordare che l'uomo non è una realtà solo "misurabile", "calcolabile" e "programmabile" allora significa che siamo nel fuoco di un'epoca buia.
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