di Fausto Biloslavo
Tratto da IL GIORNALE del 27 gennaio 2008
Il Kenya rischia di sprofondare nella guerra tribale. Le violenze sono riesplose nella parte occidentale del Paese, la Rift valley, provocando da giovedì scorso 64 vittime, compreso un sacerdote che aveva studiato per cinque anni a Roma.
L’ex segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, giunto in Kenya per mediare la crisi, ha denunciato, ieri, «grandi e sistematici abusi dei diritti umani». Luo e kalenjin, sostenitori di Raila Odinga, che denuncia di essere stato defraudato della vittoria alle presidenziali del 27 dicembre si stanno facendo a pezzi con i kikuyu del capo di Stato in carica, Mwai Kibaki.
L’epicentro della nuova ondata di scontri è la città di Nakuru e il vicino distretto di Molo. Le testimonianze parlano di bande armate di panga, i machete africani, archi, frecce e coltellacci a caccia del nemico etnico da eliminare.
La città, con 300mila abitanti in gran parte kikuyu, è disseminata da improvvisati posti di blocco. Colonne di fumo nero si alzano dai quartieri in prima linea, dove le case delle tribù avversarie vengono bruciate, spesso con i proprietari chiusi dentro.
Nella parte nord di Nakuru i luo e i kalenjin si sono alleati contro i kikuyu. La polizia lascia fare e se interviene peggiora solo la situazione. Il coprifuoco non è riuscito a calmare gli animi. Da giovedì sera sono state uccise 64 persone, ma nel principale ospedale della città risultano ricoverati 162 feriti. Sul corpo portano i segni della faida all’arma bianca: profondi tagli provocati dai machete o frecce ancora conficcate nella carne.
Ieri ne ha fatto le spese Michael Kamau Ithodek, un prete cattolico di 42 anni, che aveva studiato a Roma. Il sacerdote si è messo in viaggio per raggiungere la madre, rimasta vedova da poco, che abita a Nakuru. Lungo la strada è incappato in un posto di blocco improvvisato dei kalenjin. Riconosciuto come kikuyu è stato ammazzato come un cane, nonostante fosse vestito da prete.
Padre Ithodek aveva vissuto cinque anni in Italia, studiando presso il Pontificio istituto biblico di Roma. Poi era tornato in patria, dove insegnava al seminario regionale di Tindinyo, vicino a Eldoret, nella provincia occidentale della Rift Valley.
«Non prendiamoci in giro - ha detto ieri Kofi Annan - e non pensiamo che questo sia un problema legato alle elezioni. È molto più ampio e molto più profondo».
Il riferimento è alle antiche rivalità tribali sedimentate nel Kenya indipendente, con i kikuyu che hanno sempre dominato politicamente il Paese e i luo ed altre tribù costretti a rimanere in secondo piano. Dal 27 dicembre, giorno delle contestate elezioni presidenziali, sono morte nel conflitto tribale circa 800 persone e gli sfollati risultano 260mila.
Annan si è recato ieri in elicottero nella Rift valley. A Molo ha raccolto le testimonianze di alcuni dei 50mila profughi fuggiti dalle violenze. A Nakuru si è reso conto con i suoi occhi della situazione ingovernabile.
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