venerdì 25 gennaio 2008

LA PREGHIERA E' IL CUORE DEL CAMMINO ECUMENICO

UDIENZA DEL MERCOLEDI'

«Una corale implorazione fatta con un cuore solo e un’anima sola». Così nelle parole del Papa, l’evento che ogni anno impegna le Chiese dal 18 al 25 gennaio • Ieri nella sua catechesi Benedetto XVI si è soffermato sulla storia e sull’importanza della Settimana per l’unità dei cristiani • «Come potrebbero e possono gli uomini di oggi, conoscere il volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi?»

Cari fratelli e sorelle,
stiamo celebrando la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, che si concluderà venerdì prossimo, 25 gennaio, festa della Conversione dell’apostolo Paolo.


I cristiani delle varie Chiese e Comunità ecclesiali si uniscono in questi giorni in una corale invocazione per chiedere al Signore Gesù il ristabilimento della piena unità tra tutti i suoi discepoli. E’ una concorde implorazione fatta con un’anima sola e un cuore solo rispondendo all’anelito stesso del Redentore, che nell’Ultima Cena si è rivolto al Padre con queste parole: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,20-21). Chiedendo la grazia dell’unità, i cristiani si uniscono alla preghiera stessa di Cristo e si impegnano ad operare attivamente perché l’intera umanità lo accolga e lo riconosca come solo Pastore ed unico Signore, e possa così sperimentare la gioia del suo amore.

Quest’anno la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani assume un valore e un significato particolari, perché ricorda i cento anni dal suo inizio. Quando fu avviata, si trattò in effetti di un’intuizione veramente feconda. Fu nel 1908: un anglicano americano, poi entrato nella comunione della Chiesa cattolica, fondatore della “Society of the Atonement” (Comunità dei frati e delle suore dell’Atonement), Padre Paul Wattson, assieme ad un altro episcopaliano, Padre Spencer Jones, lanciò l’idea profetica di un ottavario di preghiere per l’unità dei cristiani. L’idea venne accolta con favore dall’Arcivescovo di New York e dal Nunzio Apostolico. L’appello a pregare per l’unità fu poi esteso, nel 1916, all’intera Chiesa cattolica grazie all’intervento del mio venerato Predecessore, il Papa Benedetto XV, con il Breve Ad perpetuam rei memoriam. L’iniziativa, che intanto aveva suscitato non poco interesse, andò prendendo piede ovunque progressivamente e, con il tempo, sempre più precisò la propria struttura evolvendosi nel suo svolgimento grazie anche all’apporto dell’Abbé Couturier (1936). Quando poi soffiò il vento profetico del Concilio Vaticano II si avvertì ancor più l’urgenza dell’unità. Dopo l’Assise conciliare proseguì il cammino paziente della ricerca della piena comunione fra tutti i cristiani, cammino ecumenico che di anno in anno ha trovato proprio nella Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani uno dei momenti più qualificanti e proficui. A cento anni dal primo appello a pregare insieme per l’unità, è ormai diventata una tradizione consolidata questa Settimana di Preghiera, conservando lo spirito e le date scelte all’inizio da Padre Wattson. Egli le aveva infatti scelte per il loro carattere simbolico. Il calendario del tempo prevedeva per il 18 gennaio la festa della Cattedra di S. Pietro, che è saldo fondamento e sicura garanzia di unità dell’intero popolo di Dio, mentre il 25 gennaio, allora come oggi, la liturgia celebra la festa della conversione di San Paolo. Mentre rendiamo grazie al Signore per questi cento anni di preghiera e di impegno comune tra tanti discepoli di Cristo, ricordiamo con riconoscenza l’ideatore di questa provvidenziale iniziativa spirituale, il Padre Wattson e, insieme a lui, coloro che l’hanno promossa ed arricchita con i loro apporti, facendola diventare patrimonio comune di tutti i cristiani.

Ricordavo poc’anzi che al tema dell’unità dei cristiani il Concilio Vaticano II ha dedicato grande attenzione, specialmente con il Decreto sull’ecumenismo (Unitatis redintegratio), nel quale, tra l’altro, vengono sottolineati con forza il ruolo e l’importanza della preghiera per l’unità. La preghiera, osserva il Concilio, sta nel cuore stesso di tutto il cammino ecumenico. “Questa conversione del cuore e questa santità di vita insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani, si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico” (UR, 8). Grazie proprio a questo ecumenismo spirituale – santità della vita, conversione del cuore, preghiere private e pubbliche -, la comune ricerca dell’unità ha registrato in questi decenni un grande sviluppo, che si è diversificato in molteplici iniziative: dalla reciproca conoscenza al contatto fraterno fra membri di diverse Chiese e Comunità ecclesiali, da conversazioni sempre più amichevoli a collaborazioni in vari campi, dal dialogo teologico alla ricerca di concrete forme di comunione e di collaborazione. Ciò che ha vivificato e continua a vivificare questo cammino verso la piena comunione tra tutti i cristiani è innanzitutto la preghiera. “Pregate continuamente” (1Ts 5,17) è il tema della Settimana di quest’anno; è al tempo stesso l’invito che non cessa mai di risuonare nelle nostre comunità, perchè la preghiera sia la luce, la forza, l’orientamento dei nostri passi, in atteggiamento di umile e docile ascolto del nostro comune Signore.

In secondo luogo, il Concilio pone l’accento sulla preghiera comune, quella che viene congiuntamente elevata da cattolici e da altri cristiani verso l’unico Padre celeste. Il Decreto sull’ecumenismo afferma in proposito: “Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’unità” (UR, 8). E ciò perché, nella preghiera comune, le comunità cristiane si pongono insieme di fronte al Signore e, prendendo coscienza delle contraddizioni generate dalla divisione, manifestano la volontà di ubbidire alla sua volontà ricorrendo fiduciosi al suo onnipotente soccorso. Il Decreto aggiunge poi che tali preghiere “sono una genuina manifestazione dei vincoli con i quali i cattolici sono ancora congiunti con i fratelli disgiunti (seiuncti)” (ibid.). La preghiera comune non è quindi un atto volontaristico o puramente sociologico, ma è espressione della fede che unisce tutti i discepoli di Cristo. Nel corso degli anni si è instaurata una feconda collaborazione in questo campo e dal 1968 l’allora Segretariato per l’unità dei cristiani, divenuto poi Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e il Consiglio Ecumenico delle Chiese preparano insieme i sussidi della Settimana di Preghiera per l’Unità, che vengono poi divulgati congiuntamente nel mondo coprendo zone che non si sarebbero mai raggiunte operando da soli.

Il Decreto conciliare sull’ecumenismo fa riferimento alla preghiera per l’unità quando, proprio alla fine, afferma che il Concilio è consapevole che “questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane. Perciò ripone tutta la sua speranza nell’orazione di Cristo per la Chiesa” (UR 24). E’ la consapevolezza dei nostri limiti umani che ci spinge all’abbandono fiducioso nelle mani del Signore. A ben vedere, il senso profondo di questa Settimana di Preghiera è proprio quello di appoggiarsi saldamente sulla preghiera di Cristo, che nella sua Chiesa continua a pregare perchè “tutti siano una cosa sola… perché il mondo creda…” (Gv 17,21). Oggi sentiamo fortemente il realismo di queste parole. Il mondo soffre per l’assenza di Dio, per l’inaccessibilità di Dio, ha desiderio di conoscere il volto di Dio. Ma come potrebbero e possono, gli uomini di oggi, conoscere questo volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi, se uno insegna contro l’altro, se uno sta contro l’altro? Solo nell’unità possiamo mostrare realmente a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, il volto di Cristo. E’ anche evidente che non con le nostre proprie strategie, con il dialogo e con tutto quello che facciamo – che pure è tanto necessario – possiamo ottenere questa unità. Quello che possiamo ottenere è la nostra disponibilità e capacità ad accogliere questa unità quando il Signore ce la dona. Ecco il senso della preghiera: aprire i nostri cuori, creare in noi questa disponibilità che apre la strada a Cristo. Nella liturgia della Chiesa antica, dopo l’omelia, il Vescovo o il presidente della celebrazione, il celebrante principale, diceva: “Conversi ad Dominum”. Quindi egli stesso e tutti si alzavano e si volgevano verso Oriente. Tutti volevano guardare verso Cristo. Solo se convertiti, solo in questa conversione verso Cristo, in questo comune sguardo a Cristo, possiamo trovare il dono dell’unità.

Possiamo dire che è stata la preghiera per l’unità ad animare e ad accompagnare le varie tappe del movimento ecumenico, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II. In questo periodo la Chiesa cattolica è entrata in contatto con le varie Chiese e Comunità ecclesiali d’Oriente e d’Occidente con diverse forme di dialogo, affrontando con ciascuna quei problemi teologici e storici sorti nel corso dei secoli e stabilitisi come elementi di divisione. Il Signore ha fatto sì che tali amichevoli relazioni abbiano migliorato la reciproca conoscenza, abbiano intensificato la comunione rendendo, al tempo stesso, più chiara la percezione dei problemi che restano aperti e che fomentano la divisione. Oggi, in questa Settimana, rendiamo grazie a Dio che ha sostenuto e illuminato il cammino sinora percorso, cammino fecondo che il Decreto conciliare sull’ecumenismo descriveva come “sorto per impulso della grazia dello Spirito Santo” e “ogni giorno più ampio” (UR 1).

Cari fratelli e sorelle, raccogliamo l’invito a “pregare senza stancarsi”, che l’apostolo Paolo rivolgeva ai primi cristiani di Tessalonica, comunità che lui stesso aveva fondato. E proprio perché aveva saputo che vi erano sorti dei dissensi, volle raccomandare di essere pazienti con tutti, di guardarsi dal rendere male per male, cercando invece sempre il bene tra di loro e con tutti, e restando lieti in ogni circostanza, lieti perché il Signore è vicino. I consigli che San Paolo dava ai Tessalonicesi possono ispirare anche oggi il comportamento dei cristiani nell’ambito delle relazioni ecumeniche. Soprattutto egli dice: “Vivete in pace tra voi” e poi: “Pregate continuamente, in ogni cosa rendete grazie” (cfr 1Ts 5,13.18). Accogliamo anche noi questa pressante esortazione dell’Apostolo sia per ringraziare il Signore per i progressi compiuti nel movimento ecumenico, sia per impetrare la piena unità. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, ottenga per tutti i discepoli del suo divin Figlio di poter vivere quanto prima in pace e nella carità reciproca, così da rendere una convincente testimonianza di riconciliazione davanti al mondo intero, per rendere accessibile il volto di Dio nel volto di Cristo, che è il Dio-con-noi, il Dio della pace e dell’unità.


La cronaca
L’invito a imitare Francesco di Sales modello di perfezione

ROMA. Dal pioniere del dialogo padre Paul Wattson al «vento profetico» del Concilio Vaticano II da cui scaturì il decreto per l’ecumenismo «Unitatis redintegratio». Partendo dalla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di cui nel 2008 si celebra il centenario, ieri mattina Benedetto XVI ha dedicato la sua riflessione all’importanza dell’impegno ecumenico per la vita della Chiese.

«Solo nell’unità – ha sottolineato il Papa – possiamo mostrare realmente a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, di Cristo». Tantissimi, come di consueto, i pellegrini italiani, che hanno partecipato nell’Aula Paolo VI all’incontro con il Pontefice.

Al termine dell’udienza il Papa si è rivolto ai sacerdoti e seminaristi dell’Ordine Maronita Mariamita, incoraggiandoli «a perseverare ferventi nella fede e nella testimonianza evangelica». Dal Pontefice anche un saluto particolare alla delegazione giunta a Roma da Trento in un pellegrinaggio che s’inserisce nelle iniziative che hanno visto la provincia autonoma collaborare all’allestimento del presepe 2007 in piazza San Pietro.

«Cari amici – si è rivolto loro Ratzinger – ringrazio per la vostra presenza e vi auguro di essere sempre più pietre vive nella Chiesa di Dio». Dal Papa anche un saluto al 44° Reggimento di Sostegno «Penne» di Roma con l’augurio «che questo incontro possa rinnovare in ciascuno propositi generosi di impegno cristiano». All’udienza erano presenti i sette astronauti, tra cui l’italiano Paolo Nespoli, della missione «Esperia» dello Space Shuttle Discovery. Tra loro anche la comandante americana dell’equi­paggio, Pamela Mellroy. Le ultime parole, secondo consuetudine, sono state dedicate dal Pontefice ai giovani, ai malati e agli sposi novelli cui ha proposto come modello la figura di san Francesco di Sales, patrono della stampa cattolica.Vescovo di Ginevra in un periodo di gravi conflitti – ha ricordato Benedetto XVI –, egli fu uomo di pace e di comunione, maestro di vita spirituale, testimoniando con la propria vita che «la perfezione cristiana è accessibile ad ogni persona». Cari giovani, malati e sposi novelli – ha concluso il Papa –, per intercessione di san Francesco di Sales «vivete anche voi la vostra vocazione nelle concrete condizioni in cui vi trovate, confidando nell’amore di Dio che sempre ci accompagna».


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