"Testimoni" Il papa denuncia una mentalita' che tende a dubitare del valore della persona umana.
Giustamente ,dice Nembrini,anche una mamma puo' comprendere le parole del PAPA.
Testimoni dell'amore di Cristo ,dell'abbraccio incondizionato,speriamo che con questa lettera anche i nostri amici che insegnano o dirigono le nostre scuole imparino questo sguardo e aprano i battenti a tutti i bimbi che desiderano fare questa esperienza"
L’intervista al rettore del centro scolastico "La Traccia" di Calcinate (Bergamo) sulla lettera del Santo Padre ai romani di Giulia Rocchi
Essere testimoni. Ecco il modo giusto per fronteggiare l’«emergenza educativa» secondo Franco Nembrini, rettore del centro scolastico La Traccia di Calcinate (Bergamo), che sul tema è intervenuto anche al Convegno diocesano dello scorso giugno. Il professore definisce la lettera di Benedetto XVI ai romani «semplice e profondissima; può leggerla tranquillamente anche la mamma di famiglia e comprenderla fino in fondo».
Denunciando la difficoltà dell’educare oggi, il Papa la imputa a «un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana».
Concordo perfettamente. Benedetto XVI riprende qui con linguaggio più semplice il concetto, espresso più volte, del diffondersi del relativismo, del nichilisimo, che è poi l’assenza totale di speranza. Il bello della lettera papale, però, è che non si ferma alla denuncia, ma invita a riscoprire la speranza a partire da se stessi, dal proprio gruppo, dandosi da fare.
Il Santo Padre fa infatti riferimento al «senso di responsabilità», personale e collettiva. Come lo vive da educatore?
La responsabilità primaria della vita, dice don Giussani, è quella educativa; il compimento della vita è l’educazione. Questo principio può declinarsi in modi diversi, come ricorda il Papa. La mia vocazione primaria è quella di essere genitore e padre. Poi, quella di essere un buon cittadino; perciò creare una scuola cattolica è importante innanzitutto dal punto di vista sociale. Da educatore, invece, posso dire che non bisogna limitarsi a insegnare, ma a dare l’esempio ai giovani. Ognuno di noi deve fare la propria parte perché il contributo di ciascuno è decisivo.
Nella lettera Benedetto XVI invita gli educatori a trovare un «giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina». Come riuscire a mediare tra queste due termini quasi antitetici?
Non è facile trovare questo equilibrio. La cultura di oggi, e lo stesso ministero dell’Istruzione, insiste molto sul termine «autorevole». Invece il Papa, già nel Convegno di giugno, poneva l’accento sul «testimone». Ecco, credo che, davvero, se siamo testimoni in prima persona possiamo educare. I valori da soli non bastano, e neppure la disciplina. I ragazzi sono disposti ad accettare determinate regole se si trovano di fronte a una proposta di vita. Per questo noi dobbiamo testimoniare una «speranza affidabile», come esorta a fare il Santo Padre.
28 gennaio 2008
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