venerdì 25 gennaio 2008

PERCHE' SIAMO INDULGENTI CON NOI STESSI ?

Un gran libro, equivocato, spiega perché diciamo Ivg e non omicidio
di Giuliano Ferrara
Tratto da IL FOGLIO del 24 gennaio 2008



Perché diciamo Interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) e non omicidio? Perché diciamo le bugie più spieiate e consolatorie? Perché sembra scandaloso e antimoderno riconoscere che un miliardo di aborti in trent'anni, consumati in pubblico e non nel tragico segreto del peccato, sono un gigantesco problema aggettivo, sono lo scandalo supremo del nostro tempo?

Ci sono libri e pensieri che aiutano a rispondere alle domande difficili. Uno di questi, che dovete fare la fatica di procurarvi, e di leggere inforcando gli occhiali, ha questi due autori: Odo Marquard e Alberto Melloni. Ha questo titolo: "La storia che giudica, la storia che assolve". Ha questo editore e questo prezzo: Laterza, 16 euri.

Melloni è uno storico del cristianesimo, l'erede di Giuseppe Alberigo e della scuola di Bologna, quell'istituto di scienze religiose che offre un'interpretazione radicale e controversa del Concilio Vaticano II come rottura teologica, spirituale e pastorale nella storia della chiesa, finalmente libera dagli impacci e dalle chiusure che le vietavano un rapporto profondo con il mondo e con i diversi mondi cristiani e profani. E nel libro lavora sul tema della sua disciplina e dei suoi metodi, con la solita acutezza. Ieri di questo libro ha parlato il Corriere della Sera, ma il recensore Marco Ventura non ha colto il punto decisivo, ha equivocato per totale omissione il senso del lavoro di storia delle idee dell'altro autore, Odo Marquard. Il quale ha 80 anni, è un filosofo e teologo e antropologo di grande rango, e sostiene qualcosa che, al di là della discussione erudita, che qui non interessa, ha un impatto esplosivo sul dibattito di idee in cui le persone che non amano il nulla sono impegnate con amore e passione.

Marquard si collega, secondo una ricostruzione di Roberta Musolesi che non ho ancora potuto verificare di persona, a un saggio di Joseph Ratzinger del 1974, significamente dedicato alla "liquidazione del diavolo". Sostiene il filosofo che nel Settecento il pensiero illuminista, cancellando Dio dal nostro orizzonte, ha riformulato drasticamente il problema dell'origine del male. Il male in un mondo senza Dio, dove tutto è storia umana, non può più essere il peccato originale, la caduta biblica nel processo della creazione, il serpente, l'albero, la mela e insomma il diavolo. Dunque bisogna ricorrere alla storia, all'immanenza, e nella storia l'uomo si fa giudice di se stesso. La tribunalizzazione della storia porta a un giusto processo in cui -attenzione, questo è il punto focale - l'uomo è insieme il giudice e l'imputato.

Da questa condizione filosofica antigiuridica, in cui l'uomo è giudice in causa propria, deriva una conseguenza che, secondo me, impregna e marchia a fondo le nostre vite, la nostra cultura, il nostro linguaggio, la nostra identità di coscienza di uomini e donne moderne. E devo dire che da anni non mi capitava di leggere una cosa così profondamente e violentemente illuminante sulla condizione storica, e personale, dell'umanità con la quale convivo da quando sono nato e della quale sono figlio. E se Alberto Melloni, sia pure nella sua prospettiva di storico, si è fatto mediatore di queste idee filosofiche decisive, vuol dire, cosa di cui peraltro non dubitavo, che è un intellettuale libero e forte davvero.

Qual è la conseguenza di cui parlo, e che mi sembra esplosiva ed esplosivamente ratzingeriana? Questa, semplice come tutte le cose grandi. Nel tribunale in cui mi accuso, io mi assolvo. Compenso il male radicale con beni fittizi. Mi faccio inimputabile. Divento homo compensator. Compio questo salto in mille forme che i saggi di Marquard spiegano con argomenti straordinariamente persuasivi, alcuni dei quali sono presenti anche nella "Spe salvi". Ma con un argomento decisivo, vitale, tipico del nostro tempo: l'individuo diventa un'incognita, la sua coscienza è libera e abissale, relativisticamente soggettiva, si sottrae al confronto con la realtà. Posso mentire in coscienza (e lavorare sul mio inconscio) perché sono l'unico giudice di me stesso. E questa è solo una didascalia, ma urgente per evitare equivoci, su un libro del quale parleremo ancora a lungo. Prima della pausa merenda, rinviata.


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