Con questo blog desidero dare la possibilita' a tutti di leggere articoli ,commenti ,interventi che mi aiutano a guardare la realta', a saperla leggere ed essere aiutati a vivere ogni circostanza positivamente. Mounier diceva "la vita e' arcigna con chi le mette il muso" (lettere sul dolore). E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.
giovedì 7 febbraio 2008
KENYA LA LUCE CHE SQUARCIA LE TENEBRE
Don Giuliano Imbasciati e don Valerio Valeri, missionari in Kenya, raccontano i drammatici fatti che hanno scosso il paese in questo periodo: le violenze, l’arrivo dei rifugiati scacciati dalle loro case e ora accampati in varie città. Oltre al caos, in queste righe, è raccontata l’esperienza del perdono che, come un fiore raro, è sbocciato sul deserto del dolore e della disperazione.
Nairobi, 7 gennaio 2008
Caro don Massimo,
ti ringrazio per aver chiesto a don Valerio di non lasciarmi solo in questo momento di tensione e di violenza nel paese. È stato un segno di carità nei miei confronti e di responsabilità di fronte alla situazione. Dio ci chiama a stare vicini alla nostra gente, non a fuggire. Quando il lupo si aggira tra le pecore, il pastore deve difenderle. La nostra parrocchia ha reagito in modo esemplare a quello che succede nel paese rispondendo alla nostra proposta di pregare nell'adorazione eucaristica; anche i giovani, che hanno mostrato maturità, vi partecipano.
Caro don Massimo, quando tu chiedi nella tua preghiera che possa nascere una nuova generazione che sia protagonista di un futuro più luminoso, penso ai bambini e ai ragazzi che frequentano le nostre scuole; penso ai giovani della parrocchia, che vivono insieme come fratelli e che spero sapranno costruire una nazione più unita. Penso a John (nome di comodo), cui sono stati uccisi due fratelli e un cugino nella Rift Valley. In certi posti ancora vige l'anarchia e la vendetta. Lui non può fare nulla per salvarli, perché le strade sono bloccate e, se va là, rischia la vita. Può solo pregare e perdonare, come ha fatto sabato quando abbiamo detto la messa a casa sua con la jumuia (una delle tante piccole comunità in cui è articolata la vita della parrocchia). Mi ha impressionato vedere che in lui non c'era una briciola di odio, ma solo dolore, accettazione di quanto gli era accaduto e perdono. I suoi figli ricorderanno per sempre questo esempio del padre e lo imiteranno, se dovesse succedere a loro una cosa simile, Dio ce ne scampi.
La gente della parrocchia in questi giorni viene più numerosa a messa perché capisce che bisogna pregare Dio più intensamente per il dono della pace. In molti si sono dati da fare per raccogliere cibo e vestiario per i rifugiati, in maggioranza Kikuyu scacciati dalle loro case da altre tribù e ora accampati in varie città. Stanno arrivando anche a Nairobi, scaricati da camion. Una signora di Eldoret, con un bambino, è venuta in parrocchia in cerca di aiuto sabato sera; un signore, invece, è giunto da Mombasa ieri mattina. Dobbiamo essere pronti ad aiutare queste persone. Gli aiuti materiali che raccogliamo, li consegniamo ad agenzie come la Croce Rossa, le uniche autorizzate ad andare in certe zone off limits. Abbiamo aperto questa iniziativa della jumuia St. Peter a tutti i parrocchiani, che hanno risposto generosamente. Anche la diocesi di Nairobi si è mossa ad organizzare gli aiuti agli sfollati.
Nonostante tutto possiamo ancora sperare, come dice il Papa nella sua ultima enciclica, che ho riletto in questi giorni, perché «la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell'amore e grazie ad esso hanno per esso un senso e una importanza». La nostra speranza è una certezza, come diceva don Giussani e come dice anche il Papa: la certezza che Cristo ha vinto il mondo e il male, per cui «posso sempre ancora sperare, anche se per la mia vita o per il momento storico che sto vivendo apparentemente non ho più niente da sperare».
Un abbraccio
tuo
Giuliano
Nairobi, 15 gennaio
Carissimo Paolo,
negli scontri tribali nella Rift Valley sono stati uccisi due fratelli e un nipote del nostro amico John (nome di comodo). Giuliano è rimasto molto colpito dalla sua testimonianza durante la riunione della jumuia: non ha avuto parole di vendetta, ma di perdono. John ha parlato dell’incidenza reale del cristianesimo nella vita quotidiana: esso ha veramente la forza di cambiare il modo di giudicare la vita e di eliminare dal nostro cuore il desiderio di vendetta. Un desiderio di vendetta che ancora, a quanto pare, non ha abbandonato questo Paese.
Noi continuiamo a pregare, nell'ora di adorazione che abbiamo ogni giorno prima della messa, e abbiamo chiesto alle famiglie di dire il rosario e la preghiera di don Massimo nelle loro case.
Anche voi continuate a pregare per noi.
Grazie a Dio in casa stiamo bene e siamo sereni, nel Signore.
A presto
Valerio
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