martedì 8 gennaio 2008

DAL VENEZUELA VIENE L'EPIFANIA A SVELARE IL MISTERO DELLE MORTI INATTESE

La festa di oggi e la tragedia dell’aereo in mare
di Davide Rondoni

Tratto da AVVENIRE del 6 gennaio 2008

Finiscono le vacanze. Con l’Epifania e con la notizia fulminante del piccolo aereo caduto in Venezuela. Italiani a bordo, anche due bambine. Conosco quel volo.



Ho passato un pomeriggio in quel paradiso terreste chiamato Los Roques. Venivo da una lettura di poesia a Caracas. E la mente e il cuore restano attoniti. Per il mistero di una morte così assurda, e proprio mentre si cercava di raggiungere una così bella meta.

Innocenti, portati via dal mare.

Arriva quella notizia, a illuminare di un lampo bianco, tremendo, la fine di vacanze dove si sono rincorse tante notizie, tante chiacchiere sui giornali sulle faccende italiane. Vacanze dove si pensava ad altro. Si trema per questo dolore. Si resta sgomenti. Un mistero che arriva come uno schiaffo. Di fronte al quale la mente vacilla, e non bastano i modi di dire, i convenevoli dietro a cui ci si ripara in certi frangenti. Perché loro?

Perché quelle due bambine? E perché non io, quando salii su uno di quei rischiosi velivoli? Arriva quella notizia a ricordarci che la vera questione, la vere notizie importanti riguardano il problema del destino. Più che le polemiche sui sistemi elettorali, più che le diatribe su nuovi o vecchi partiti, arrivano queste notizie a ricordarci che la prima notizia è la vita. E la seconda è la morte.

Ma la vera notizia riguarda cosa c’entra l’una con l’altra. La triste, dura vicenda dal paradiso terrestre – che evidentemente non è, se ci si può morire – arriva insieme ai giorni dell’Epifania. E l’una c’entra con l’altra. Poiché l’Epifania viene per le nostre menti sbigottite dinanzi alla notizia della vita e della morte di quelle persone. Di quegli italiani per i più sconosciuti, e per le loro bambine.

Dal Venezuela viene il colpo del mistero, e intanto viene l’Epifania, che sembra a volte ridotta a una festicciola di befane, una specie di halloween in minore. E invece è una festività così potente. Una festa che il cristiano sa, o dovrebbe sapere, quanto riguarda la vita. Quanto riguarda la vita normale, fatta di notizie da niente, e di notizie eccezionali.


L’Epifania ricorda lo svelarsi del Mistero.


Il mostrarsi del mistero di Dio in forma umana. Uno svelarsi incredibile, e umilissimo. I magi, i pastori, gli stessi suoi umani genitori, dovevano essere tremanti nel cuore e nella mente davanti a questo svelamento. Dovevano avere anche loro, come noi oggi, la mente e il cuore pieno di disorientamento di fronte alle tante notizie incomprensibili, ai tanti segni del mistero dell’esistenza.

Dovevano avere anche loro, come noi almeno quando veniamo colpiti da certi fatti, il cuore e la ragione tesi a chiedersi il perché misterioso delle cose, degli eventi. Degli eventi strani, e di quelli consueti. Di quelli durissimi come la morte, e di quelli dolcissimi come l’amore. Avranno avuto anche loro, come noi oggi, il cuore che annaspa, che non sa darsi pace da solo. Si svelò di fronte a uomini turbati dal mistero. Dio, il segreto dell’universo e di ogni singola esistenza si svelò nella forma semplice e imprevedibile di un bambino. Di una presenza che ti viene da accarezzare.

Che ti viene da accudire, da proteggere.

E infatti i re, i pastori, gli stessi genitori accudirono quello svelamento. Lo protessero nella materia viva del loro pensiero e del loro stupore. Lo protessero e lo incrementarono negli anni della loro stessa vita. Fissando su quella epifania, sul quel viso, gli occhi che sapevano leggere le stelle o contare gli animali, gli occhi di ragazza di sua madre. Gli occhi e il cuore da re, come gli occhi e il cuore da pastore. L’Epifania non cerca gli occhi chini di chi confida in certe sue presunte sicurezze, cerca occhi d’uomini vivi, che non facciano finta di non vedere.

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