mercoledì 9 gennaio 2008

CESANA DICE CHE E' IN GIOCO L'UOMO

Per il responsabile di Cl la questione in ballo con la moratoria non è etica
ma ontologica, le sue ragioni non sono ecclesiastiche ma di sensibilità
umana e la battaglia è su un principio: non possiamo manipolare noi stessi
Milano. Giancarlo Cesana, medico e leader storico del movimento cattolico di Comunione e liberazione, aderisce con questa intervista alla moratoria sull’aborto.


“L’ipocrisia e la bruttezza di un tempo in cui la morte viene bandita in nome del diritto universale alla vita e blandita, coccolata come un dramma soggettivo, nella spregevole forma, e molto oggettiva, dell’aborto chirurgico o farmaceutico”. Così Giuliano Ferrara ha presentato la proposta della moratoria sull’aborto, per spiegare che non si tratta di una questione “religiosa”, né di un “attacco alla legge 194”, come prontamente hanno tentato di minimizzare molti politici italiani. Si tratta invece di rispondere a una domanda che nasce dalla realtà – l’aborto di massa praticato con indifferenza – e dalla ragione umana che accetta di interrogarsi sul valore e il senso della vita e sul “diritto di nascere”.
Come giudica questa impostazione? “Io sono innanzitutto sorpreso di questa "esplosione"di Ferrara.

Per quanto la questione dell’aborto sia stata covata dal dibattito sulla vita che ha interessato il nostro paese dal referendum della legge 40 in poi, mai mi sarei aspettato che ci saremmo trovati ad affrontarla con tale intensità.
Non posso che ringraziare Ferrara.

La prima moratoria sull’aborto è lui, che rallenta le pretese razionalistiche con cui l’uomo vuole dare una risposta definitiva a se stesso Ferrara ha anche ribadito: “Io voglio affermare un principio, non cambiare una legge.Questa vuole essere una battaglia culturale”, sottolineando che è di questo che il mondo laico deve farsi carico.

E’ d’accordo?

Sì, perché le leggi sono figlie dei principi, anche quando non se ne accorgono. Il principio che Ferrara afferma è quello ben centrato da Pascal, secondo cui l’uomo supera infinitamente se stesso; è mistero a se stesso e non può manipolarsi come vuole.
In tale concezione della ragione, Ferrara si allea esplicitamente con il Papa, dimostrando che la ragione di cui parla il Papa non è ‘ecclesiastica’,
ma naturale, laica, di tutti.
Ferrara, infatti,non parla in nome di una fede, ma della sensibilità umana per l’ostinata pretesa della vita a voler essere”.

Quale eco può avere nell’odierna cultura laica, dominata com’è, anche in campo medico, da uno scientismo spesso indifferente alla persona umana?

“L’eco di una provocazione che non lascia tranquilli coloro che considerano
l’essere umano riducendolo alla superficie biologica. Si è cercato di far passare l’aborto, infatti, come una prestazione sanitaria, trattandosi di oltre quaranta milioni di casi nel mondo e più di centomila in Italia. Ma non è così nell’esperienza delle madri; non è così nel giudizio degli uomini che cercano un
senso non triviale alla propria esistenza. La campagna sulla moratoria riaccende questo disagio, sano, per quanto fastidioso”.

Come è possibile evitare la riduzione del dibattito sull’aborto al recinto di un “problema etico che riguarda i cattolici”?

“Ferrara appunto apre il recinto. Comunque, non è un problema etico, ma ontologico, cioè di concezione. Gli atti sono conseguenza delle concezioni”.
Alla proposta di una moratoria mondiale sull’aborto hanno dato il loro assenso – tra
gli altri – prima il cardinale Camillo Ruini, poi il cardinale Angelo Bagnasco.

Anche BenedettoXVI, parlando al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha augurato che la moratoria recentemente approvata dall’Onu sulla pena di morte “stimoli il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana”.


Pensa che questi autorevoli indirizzi possano stimolare un impegno preciso nel laicato cattolico?


Quali iniziative potrebbero essere messe in campo?

“Gli interventi del Papa e dei presidenti della Conferenza
episcopale italiana non sono solo di adesso: sono da sempre contro l’aborto. E frequenti.In questo frangente si notano di più per quello che è il loro valore proprio, cioè universale e non di parte. Con l’iniziativa di Ferrara, mi auguro che il problema dell’aborto non sia più solo del laicato cattolico. Per quello che si può fare, si faccia quello che si può, tutto quello che si può, a livello nazionale e internazionale. Le cautele della strategia non si mangino il principio e, altresì, la certezza del principio non si trasformi nella rigidità di uno schema”.

L’esito del referendum sull’aborto in Italia sembrò segnare (o segnò) un definitivo cambiamento antropologico, in cui appariva evidente la marginalizzazione della chiesa. Che giudizio si può dare, restrospettivamente, di quella “battaglia” pur generosamente condotta da molti cristiani, e anche da qualche laico? Le sembra che oggi sia cambiato qualcosa? E in quale direzione?

“L’esito del referendum sull’aborto espresse il mutamento di una società che stava perdendo Dio, non come ispirazione, ma come esperienza concreta di prossimità, come razionale ammissione di dipendenza: come esperienza cattolica. Come disse Henry De Lubac, il risultato di una tale perdita non è una società contro Dio, ma
una società contro l’uomo.

L’aborto di massa è la prima conseguenza di questo. Dobbiamo domandarci perché la ragione si sia così infragilita, andando così gravemente contro l’evidenza; l’iniziativa di Ferrara, al fondo, solleva proprio questa domanda, riaffermando laicamente che siamo creature, per le quali il riconoscimento del Creatore non è quindi un optional. E questo è un altro lavoro, da cui non ci si può esimere”.

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