Innocenza Laguri Lucina
Mi ha sgnalato questa pagina .
ILa società del crimine perfetto , sull’omicidio legale
Brani dal testo di F.Hadjadj, Farcela con la morte.
Una pagina dura, come meritano le più recenti prospettive, che si aggiungono alle leggi sull’aborto ( la legge sulla eutanasia nel Quebec e quella per i piccoli malati terminali in Belgio)
Il diavolo è attraente non perché è malvagio,ma perché resta un angelo.
E la sua ribellione ci affascina non tanto perché è l'ostinazione di un monello capriccioso ma perché imita,in negativo, la libertà sovrana.
Tuttavia esistono vari gradi di perfezione del crimine .Quello che in genere viene chiamato 'crimineperfetto è un assassinio in cui il criminale riesce a confondere gli indizi e a cancellare le proprie tracce.
In un cortometraggio di Hitchcock possiamo ammirare una donna che fa mangiare l'arma del crimine agli ispettori: quel cosciotto di agnello che stanno divorando era in precedenza congelato e l'ha
usato per spaccare il cranio del marito. Nella storia, la Rivoluzione francese sembra poter rivendicare altrettanta ammirazione. Continua a essere considerata una gloria della Francia, nonostante il genocidio della Vandea, nonostante il tentativo sistematico di nobilitare l'uomo grazie alla ghigliottina, e malgrado il abbia talmente messo a soqquadro il paese da dover chiamare in aiuto l'impero di un caporale corso..
Più il crimine ne è grave, più è difficile cancellarlo ma, se questo riesce, il crimine è più perfetto. La perfezione aumenta quindi con la. gravità. del_crimine e con la qualità del modo con cui è stato cancellato agli'occhi della autorità, ma-anche della-vittima e pefino per l’animo dell' assassino, dato che tutti hanno bisogno di dormire tranquilli.
Il crimine più perfetto quindi implica: 1. un omicidio di massa; 2. autorità che, invece di condannare ilcriminale, gli fanno complimenti e lo incoraggiano; 3. una vittima innocente che non si lamenti e alla qualesi è magari estorto il consenso; 4. il sentimento dell' assassino di aver agito per legittima difesa, o di aver solo voluto perpetrare un atto di bontà aggiungendo, al contempo,una nota piccante, che sia profondamente alla vittima, per esempio che sia un padre o un figlio. Assassinare per compassione un congiunto appare quindi un elemento fondamentale del crimine perfetto, dal quale gli altri elementi derivano poiché è essenziale che la vittima accetti e le autorità diano il benestare. E poi c'è il modo di fare. La genialità consiste nel rendere tutti complici e dividere il lavoro in modo tanto burocratico che nessuno possa essere ritenuto colpevole. Dal capo dello Stato fino al più umile contribuente, tutti parteciperebbero allo sterminio enessuno si sentirebbe la coscienza sporca. Anzi, con le vittime si potrebbe fare del sapone. In questa prospettiva, la cosa più eccitante sarebbe di perpetrare l'orrore allo scoperto, divulgandolo e attaccandolo
sui manifesti. Il crimine verrebbe cancellato a forza di pubblicità. Nella misura in cui viene pubblicizzato,
e riceve una garanzia quasi unanime, dal più piccolo al più grande, non sembra più un crimine, ma appare come un atto anodino, poco significativo quanto inghiottire un'aspirina splendente e benevola………….
Esistono un crimine e una società criminale del genere?...
Immaginiamo una società industriale che, in nome del benessere e della libertà facesse dell’aborto, del suicidio e dell’eutanasia dei diritti .Non corrisponderebbe forse a tutte le condizioni descritte sopra?Non potrebbe forse rivendicare senza arroganza la palma del crimine perfetto?....
Prima di attribuire questo titolo, sarebbe necessaria una comparazione con altre imprese criminali. L’onestà esige un esame minuzioso prima di premiarci per aver raggiunto una tale suprema raffinatezza nella nostra civiltà.
Un tempo il culto di Molock consisteva in sacrifici di bambini; non si mangiavano direttamente i propri figli, ma avere da mangiare, essere in buona salute e felici era dovuto al fatto di averli immolati. Nulla attirava di più il favore del dio. Però si era arrivati a un consumo precoce, come riporta Sant'Epifanio parlando di un'usanza dei barbeliti: «Non praticano l'atto carnale in vista della procreazione [... ] ma per pura
voluttà. Quando uno di loro, preso di sorpresa, lascia che il suo seme penetri troppo e la donna resta incinta [... ] essi estirpano l'embrione non appena possono afferrarlo con le dita, prendono l'aborto, lo pestano in una sorta di mortaio, vi mescolano miele, pepe e vari condimenti e oli profumati, [... ] poi si riuniscono [... ] e ciascuno entra in comunione con le dita con questa pasta di aborto».
Ormai nessuno si dedica a una pratica tanto abominevole, soprattutto nella nostra umanistica Europa. Direi che siamo più ipocriti e che la cosa non si fa più tanto apertamente. Infatti il rito c'è, a malapena dissimulato, anzi appartiene perfino a un certo conformismo. Non beneficiamo direttamente dell' apporto calorico degli embrioni espulsi ma sappiamo trovare per loro un impiego utile. Ho sentito dire che alcune industrie cosmetiche se ne servivano già nella composizione di creme per ringiovanire la pelle. Altri, come si sa, li moltiplicano in modo che i ricchi abbiano una riserva di organi se dovessero aver bisogno di un cuore, ad esempio, caso mai avessero perduto il loro. No, non si tratta di clonazione riproduttiva (scusate il pleonasmo), la quale consiste nel produrre un gemello differito nel tempo. L'intenzione è senza dubbio perversa ma non va abbastanza lontano, dato che c'è ancora una nascita in prospettiva. Con la clonazione eufemisticamente detta terapeutica, tale nascita è evitata e si garantisce che il bambino sarà utilizzato soltanto a singoli pezzi.
Il nostro cannibalismo farebbe tremare gli antropofagi tradizionali. Certo, non mangiamo direttamente gli aborti ,ma è noto che in intendiamo sostenerci grazie ad essi.
Nella Bibbia un salmo è ripetuto due volte, come se una sola non fosse sufficiente e volesse sottolineare una verità molto importante. Davide dice a proposito di coloro che non invocano mai Dio: «Non comprendono nulla tutti i malvagi, che divorano il mio popolo come il mio pane?» (Sal 13,4; 52,5). Perciò nel mangiare il proprio pane si può mangiare un popolo e, a fortiori, un bambino di quel popolo. Di fatto, poiché il mio pasto deriva dallo sfruttamento di un povero, poiché lo traggo da una ingiustizia, sono un cannibale, stritolo quel povero insieme al mio cibo. Non c'è masticazione diretta, ma masticazione reale. Ed è un'abitudine molto frequente, soprattutto tra le ragazze: uno dei successi della nostra società è di aver reso la signorina, contro ogni suo più profondo istinto, una cannibale del suo piccolo.