martedì 31 gennaio 2012

ANONIMO SCRIVE

Già il film Le chiavi di casa di Amelio avevo aperto un po' questa strada, vale a dire il metter in chiaro che relazionarsi con l'handicap non è per niente facile nè bello, anche se quell'handicappato è tuo figlio.
E il libro di Verga sfonda la porta. Basta fare i perbenisti, i politicamente corretti e chi più ne ha più ne metta! I genitori di figli handicappati si sentono in colpa, cattivi, frustrati, impotenti e la sopportazione arriva al limite perché...siamo esseri umani. E pur amando e adorando i propri figli handicappati, a volte non si regge, a volte non ce la si fa più. Perché siamo fallibili. Tu hai mai avuto a che fare con handicappati? O con anziani, magari con Alzheimer o decadimento cognitivo? Anche se sono i tuoi genitori arrivi a non farcela più, a scoppiare perché non sei un santo né un'immaginetta ad uso e consumo di preti e parrocchie.
Verga ha soltanto detto ciò che prova, non ha voluto essere ipocrita, si è messo a nudo con il rischio di essere condannato, come nel tuo caso. Ma sono convinta che ama questo figlio e che continuerà ad aiutarlo ad andare avanti.
p.

FRATELLI NE MANCA UNO!!!ALESSANDRO MANDA LA FOTO

senza false modestie batto tutti i miei fratelli in simpatia!

ciao bellissimi avete dimenticato Alessandro!!!

ANTONIO SOCCI:


Chi è quel “signor Méndez” che ha pietà di noi, che ci fa stupire… e che trasforma il bruco deforme della nostra anima in una splendida farfalla ?
C’è da tempo, in rete, un cortometraggio bellissimo The Butterfly Circus (Il circo della farfalla) diretto da Joshua Weigel. Dura 20 minuti ed è sottotitolato in italiano.
E’ struggente. Ve lo consiglio
Penso che si sbaglierebbe a credere che questo stupendo film metta a tema la sofferenza della disabilità o l’emarginazione.
Per me non è un film sui corpi, ma sulle anime e lo suggerisce proprio il “signor Méndez”, direttore del “Circo della farfalla” che presenta alla fine Will come “un’anima coraggiosissima”.
La “deformità” di Will, la sua mutilazione è l’immagine della nostra povera umanità, l’immagine di ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria incapacità, alla propria disperazione e solitudine, al proprio peccato, ai propri sbagli, al proprio “non essere amato” e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità.
La storia infatti si apre proprio sullo spettacolo crudele del mondo, che di questa miseria umana fa spettacolo: “il miglior spettacolo di mostri della città”.
Promesse di soldi, dolore e crudeltà, tristezza. E quei poveretti esposti come animali e crudelmente derisi per le loro deformità…
Il tipaccio che li illustra infine annuncia: “una perversione della natura, un uomo – se così lo si può chiamare – a cui Dio stesso ha voltato le spalle!”.
Ecco, questo è il modo come noi ci vediamo e vediamo gli altri: abbandonati da Dio. E quindi asserviti a chi fa senza scrupoli mercimonio della nostra umanità.
Il pubblico davanti a Will alterna sguardi di orrore, derisione, risolini e crudeltà.
Ma quel giorno, in quel cinico luna park, è arrivato un uomo diverso da tutti.
Il “Signor Méndez” ha uno sguardo diverso su quei poveretti.
Vi fa pensare a Qualcuno?
Ecco la sua compassione, il suo fermare la crudeltà dei ragazzetti, il suo levarsi il cappello davanti a Will, il suo “tu sei magnifico!”, l’immediato perdono per lo sputo del povero disperato che credeva di essere deriso perché lui non si vedeva “magnifico”.
Il “Signor Méndez” è subito pronto a scusarlo e giustificarlo: “non è successo niente. E’ colpa mia. Forse mi sono avvicinato un po’ troppo, giusto amico?”.
Chi è quest’uomo strano, unico? E’ il “signor Méndez”, famoso perché direttore del “Circo della farfalla”, quello che – secondo il mondo – fa “spettacoli stravaganti”.
E’ considerato “strano”, “stravagante”, perché è diverso dal luna park delle mostruosità.
Will decide di andare col “Circo della farfalla”, dove lo accolgono con calore, ma non gli fanno fare quello che faceva prima perché “da noi non c’è nessun fenomeno da baraccone”.
Il “Signor Méndez” gli dice: “non c’è niente di edificante nell’esporre le imperfezioni di un uomo… noi siamo contenti che tu stia qui con noi e puoi restare finché vuoi, ma io dirigo un altro tipo di spettacolo”
È lo spettacolo della bellezza, dell’armonia, dell’audacia, dell’abilità umana. Lo si vede quando in un villaggio triste e decadente arriva la compagnia del “Circo della farfalla”….
Il “Signor Méndez” annuncia: “signori e signore, ragazzi e ragazze, ciò di cui ha bisogno questo mondo è di un po’ di stupore”.
Il “signor Méndez” guarda i suoi artisti incantato e commosso. E sussurra a Will: “splendidi, non è vero? Come si muovono, pieni di forza, colore e grazia. Sono sbalorditivi!”
Poi lo scuote bruscamente. Gli fa capire quanto è crudele e ingiusto ciò che pensa di se stesso e gli dice che anche lui può essere come loro.
Infatti gli svela qual è la vera bellezza dei suoi artisti: sono tutti dei redenti, sono persone che erano state buttate dal mondo come perduti e perdenti. E sono rinate.
Perché il “Circo della farfalla” mostra appunto questo meraviglioso spettacolo: il bruco deforme che diventa bellissima farfalla.
Dice il “Signor Méndez” a Will: “se soltanto tu potessi vedere la bellezza che può nascere dalle ceneri”.
E’ una possibilità anche per Will. Perché la vera bellezza è quella di chi si lascia amare, di chi accetta la misericordia e “rischia” tutto se stesso in questo amore,
L’obiezione di Will: “Ma sono diversi da me” (tipica obiezione di chi si sente più disgraziato e più incapace di tutti gli altri).
Ma il “Signor Méndez” rovescia totalmente le sue categorie di giudizo:
“Sì. Tu un vantaggio ce l’hai: più grande è la lotta e più è glorioso il trionfo”.
E infatti per Will arriva il trionfo. Così il “Signor Méndez”, felice e commosso può annunciare:
“I vostri occhi saranno testimoni, in questo stesso giorno di un’anima coraggiosissima”.
Non più spettatori di una mostruosità, ma testimoni di una gloriosa rinascita e di un’avventura ardimentosa.
Io penso che il “Circo della farfalla” esista in questo mondo. E’ il Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare. E’ lui che davanti alla mostruosità di ogni uomo gli sussurra: “Tu sei magnifico!”.
E gli diventa amico perché il bruco, il verme, diventi la libera e bella farfalla … Gesù non è venuto a incriminare, a giudicare, a puntare il dito (lo fa già il mondo). No. Gesù è venuto pietosamente a guarirci. A farci rinascere.
E chi siamo noi per dire: no, quello non può farcela, quello è uno abbandonato da Dio?
Ecco una bella pagina del grande Dietrich Bonhoeffer:
“Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro,
sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.
Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’; dove gli uomini dicono ‘no!’, lì Egli dice ‘sì’! Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il Suo sguardo pieno di un amore ardente incomparabile. (…).
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua Grazia”.
Questo è il cristianesimo.

Nick Vujicic

Regolarmente tiene discorsi in tutto il mondo sulla disabilità e sulla speranza.
Primogenito di una famiglia serba cristiana, Nick Vujicic nacque a Melbourne, Australia con una rara malattia genetica: la tetramelia; è privo di arti, senza entrambe le braccia, e senza gambe eccetto i suoi piccoli piedi, uno dei quali ha due dita. Inizialmente, i suoi genitori rimasero scioccati per questo.
La sua vita è stata piena di difficoltà. Non ha potuto frequentare la scuola tradizionale a causa del suo handicap, come la legge australiana richiede. Durante il suo periodo scolastico, la legge fu cambiata, e Nick fu uno dei primi studenti disabili a frequentare una scuola normale.[1] Ha imparato a scrivere usando le due dita del suo “piede” sinistro,


Farina: «Abbiamo vinto


una grande battaglia:


l'Europa ha detto "no"


all'eutanasia»


Il Consiglio d'Europa ha varato un testo dove si afferma che «Deve essere sempre vietata l'eutanasia, nel senso di procedure attive od omissive volte a provocare intenzionalmente la morte». Intervista a Renato Farina (Pdl), uno dei parlamentari che ha contribuito a fare approvare un testo controcorrente per gli standard europei

«È stata una vera e propria battaglia. E abbiamo vinto. il Consiglio d'Europa ha varato un testo che esprime un netto no all'eutanasia e al suicidio assistito». Renato Farina, parlamentare del Pdl, non nasconde a tempi.it di essere molto soddisfatto perché l'assemblea del Consiglio d'Europa, che riunisce parlamentari di 47 Stati europei, 20 in più dell'Ue, compresi gli ex Stati comunisti, ha varato un testo sulle dichiarazioni anticipate di trattamento dove si afferma: «Deve essere sempre vietata l'eutanasia, nel senso di procedure attive od omissive volte a provocare intenzionalmente la morte».

Come siete riusciti a fare approvare un testo simile in ambito europeo?
La proposta di varare un testo su questi temi è nata nella Commissione affari sociali del Consiglio d'Europa. Per evitare contrapposizioni, il lavoro è stato affidato alla guida di Costa, un catalano del gruppo dei liberali. Lui ha affrontato la questione del fine vita in modo intelligente, arrivando a un testo davvero equilibrato, che si distaccava molto da chi voleva che fosse affermata la libertà di scelta fino a permettere l'eutanasia e il suicidio assistito.

Il testo infatti è molto deciso: il "no" all'eutanasia non lascia spazio a interpretazioni.
Sì, perché l'abbiamo reso ancora meno ambiguo. Trovando l'appoggio del relatore e di molti paesi anche non cristiani, siamo riusciti a fissare due paletti. Primo: si chiarisce che non si avallano in alcun modo eutanasia e suicidio assistito, anzi, che bisogna opporsi a queste pratiche. Secondo: nel caso che ci sia un dubbio sulla volontà del paziente, deve sempre prevalere la salvaguardia della vita.

Si aspettava questo risultato?
Sapevo che sarebbe stato molto difficile perché di solito l'assemblea è in mano al nichilismo nordico. E a volte neanche il Partito popolare europeo svolge bene il suo lavoro. Oggi però, insieme anche a Volontè e Santini, abbiamo fatto un grande lavoro.

Erano tutti d'accordo con il testo?
No. In aula c'era una forte tensione e sono venute fuori tutte le posizioni che circolano in Europa. C'è anche chi ha negato esplicitamente il principio secondo cui la vita è un bene indisponibile. In tanti volevano che il testamento biologico diventasse l'anticamera implicita dell'eutanasia. Alla fine si è votato, e abbiamo vinto 30 a 25. Uso queste parole perché è stata una vera battaglia. E noi l'abbiamo vinta, con una convergenza molto bella di culture, partiti e religioni diverse.

Che valore ha questa risoluzione, cambia qualcosa a livello pratico?
Sì. Queste risoluzioni sono moralmente vincolanti per i Parlamenti europei ma soprattutto costituiscono la base delle decisioni della Corte europea per i diritti dell'uomo, quella che aveva sentenziato inizialmente contro l'affissione del crocifisso nelle scuole, per intenderci. Se invece avessimo legiferato per l'eutanasia, chissà quanti ricorsi sarebbero fioccati, con la Corte che avrebbe potuto costringere i tribunali nazionali a dare ragione a chi pretende che gli Stati promulghino leggi a favore di eutanasia e suicidio assistito.
twitter: @LeoneGrotti


lunedì 30 gennaio 2012

MASSIMO SCRIVE

siete tutti e solo dei "sani". ho visto verga ieri sera ed ho pianto pensando ai miei che hanno un figlio "solo" sociopatico borderline bipolare c manie persecuzione e istinto suicida e non sanno mai se al mattino sarò io o un avatar.Due coniugi ultra 80enni che se il figlio esce non sanno che condizioni torna, sì perchè se mi togli dai miei gusci io dò via di matto. una violenza verbale fuori misura incontaminabile ma mi amano come Verga ama Moreno.Non siate i soliti cattolici minchioni aperti all...oscurantismo. andate vivere po all ANFASS o ISAH e accontentatevi del bacio salivoso vi da una bimba di 35-40 anni.
Massimo 1956

RISPONDO

Caro Massimo
modera i toni e i giudizi.Puoi esprimere tranquillamente tutto cio' che pensi senza dover per forza offendere le persone che non la pensano come te.
Ho pubblicato il tuo scritto pubblico sempre tutto senza censurare,
Se incominciamo noi a mettere barriere fra chi vive queste esperienze e il resto del mondo!!!!!! non possiamo poi aspettarci molto!!!!non credi?Ti sto scrivendo da Osimo mi trovo ricoverata con il mio Giovanni alla "lega del filo d'oro.
Non so se conosci il posto comunque non siamo in villeggiatura.
Ribadisco che pur condividendo,pur comprendendo ecc.....il padre Massimiliano ritengo che una posizione cosi' non possa essere d'aiuto ne' per il padre e nemmeno per il piccolo Moreno.
Certamente vomitare tutto cio' che ha raccontato potrebbe essere terapeutico.
Spero per lui che possa incontrare persone che lo possano aiutare a vivere con Moreno una realta' piu' umana.
Spesso il grosso dei problema dei nostri figli siamo proprio noi genitori (li amiamo tanto ma forse siamo bloccati noi da questa diversita' che incuriosisce molti)

COMMENTI DEI LETTORI SUL LIBRO ZIGULI DI MASSIMILIANO VERGA

Credo che questo padre abbia avuto un grande coraggio di scrivere senza ipocrisia, quello che molti altri genitori con figli disabili non hanno il coraggio di confessare. Credo inoltre che il fatto che abbia avuto il coraggio di scrivere certe "cattiverie" possa avere un effetto terapeutico sul grande dolore da lui provato. Non potrei mai giudicare questo padre e a lui e al figlio rivolgo tutta la mia solidarietà in senso laico e umano. Che coraggio! Spero inoltre che questo libra faccia parlare il più possibile della situazione di vita dei disabili/handicappati/ diversamente abili, chiamiamoli come vogliamo, ma che se ne parli! La strada nell'esigibilità dei loro diritti già sanciti per legge è ancora molto molto lontana!

Lavoro con i bambini disabili da più di anni e riconosco parte di me in questo papà. é dura,tanto da non potere immaginare, tanto da non poter capire nemmeno io come facciano questi genitori. Per un anno una bambina ha urlato ininterrottamente dalla mattina alla sera, senza apparente motivo, senza dolore, senza una motivazione...ringraziavo Dio quando uscivo da scuola, lo pregavo affinchè aiutasse i genitori; io potevo uscire e lasciare il "problema" alle spalle, loro no. In quel periodo è affiorata a galla tutta la mia impotenza, tutta la frustazione e si, tutta la rabbia, perchè a volte ti sembra lo facciano apposta...nessuno può capire se non lo vive. Lode a questo papà coraggioso che avuto il coraggio di esternare ciò che altri genitori si vergognano di dire temendo di essere giudicati.

domenica 29 gennaio 2012

INTERVISTA A MASSIMILIANO VERGA (LE INVASIONI BARBARICHE LA7)

NECESSITO DI ESPERIENZE POSITIVE


Cortometraggio del 2009 diretto da Joshua Weigel.
Emozionante e commovente “The Butterfly Circus” ha una bella fotografia e una narrazione poetica. Un messaggio di speranza, forte, diretto e positivo, insegna a non arrendersi. Molto bravo Nick Vujicic. Il corto è un pò la storia della sua vita. Senza arti fin dalla nascita, non ha mai smesso di credere in se e nella vita; è riuscito a laurearsi e adesso gira il mondo raccontando la sua storia, e cercando di portare in giro un messaggio di speranza a chi come lui ne ha bisogno.
Nick Vujicic (Melbourne, 4 dicembre 1982) è un predicatore, uno speaker motivazionale australiano, direttore di “Life Without Limbs”, un’organizzazione per i disabili.

GIOVANNI E I SUOI AMICI

E' POSSIBILE VIVERE IL QUOTIDIANO CON LETIZIA.

I LETTORI SCRIVONO (ZIGULI')

Ho appena visto l'intervista di Daria Bignardi a Massimiliano Verga e mi sono immedesimata in questo padre, pur non conoscendo da vicino un dolore così forte ho capito il suo strazio e dalle sue parole traspariva il grande amore per questo suo figlio sfortunato

forza, alza lo sguardo forse ce la puoi fare,guarda fuori da , non fare del tuo credo una forza ma una risorsa come ha fatto il sig. Verga

Credo che chi ritenga questo un libro intriso di cattiveria, non abbia idea di cosa possa voler dire convivere con determinate problematiche. Siamo tutti bravi a parlare di cose belle, a chiamare le persone con handicap "diversamente abili"...si ma a loro cosa rimane? L'ipocrisia di quelli che fanno a finta di avere a cuore le difficoltà altrui (e lo fanno per il fine personale di sentirsi meglio con se stessi, di dormire sonni con una coscienza più a posto) o l'indifferenza di tutti gli altri. Solo Massimiliano può conoscere la rabbia e soprattutto il senso di impotenza e di ingiustizia che accompagna ogni giorno, anzi ogni minuto la sua vita, nel vedere un bambino, suo figlio, in una condizione che mai avrebbe immaginato. Soprattutto, secondo la mia personalissima opinione, dovremmo puntare il dito molto meno e piuttosto cercare di immedesimarci nelle situazioni di chi parla. Ma si sa, le persone col cuore puro sono veramente rare a questo mondo (ed io non ho la presunzione di arrivare a tanto, ma credo che per cominiciare basti anche solamente un po' di sensibilità).
RISPONDO

  • Non confondiamo.Quando si parla di disabili=diversamente abili in genere
  • lo si fa perche' effettivamente hanno capacita' diverse
  • Quando parliamo di handicap (nonostante i due vocaboli si pareggino)si parla di disabilita' gravi e multiple.
  • Sempre la vita viene sconvolta da un figlio"diverso"
  • Ci sono poi disabilita' che convivono meglio con la realta' dei normodotati
  • altre invece che trovano mille ostacoli.
  • Ci sono genitori che accettano altri che sopportano altri ancora che abbracciano.
  • Tutti sono da rispettare ,ogni padre ed ogni madre.
  • Non abbiamo bisogno di paladini come il lettore di sopra.
  • Non abbiamo bisogno di guerre fra poveri!!!
  • Trovo conforto non dalle persone che vorrebbero mettersi nei miei panni(quasi sempre si hanno misure diverse!!!!)ma da tutti quelli che vogliono fare un pezzo di strada con me.



LA FAMIGLIA CAGGIONI

TUTTE LE FATICHE TUTTI I DOLORI SI INFRANGONO SE IL NOSTRO SGUARDO SI DILATA .

BB scrive

Io non sono una perbenista e non vado a messa tutte le domeniche ma sono la mamma di un bimbo disabile grave. Conosco i momenti di sconforto, la fatica, la rabbia, l'impotenza, il "sentirsi guardati di continuo" perchè diversi, il non poter fare con tuo figlio le cose che fanno tutti i genitori, ma...i nostri figli, seppur diversi meritano l'amore e il rispetto dovuto ad ogni bambino, soprattutto da parte dei genitori!

Grazie BB condivido in pieno la tua posizione la sento piu' vicina alla mia.

CIAO

Ciao a tutti oggi parto per Osimo.
PER 3 SETTIMANE SONO ALLA LEGA DEL "FILO D'ORO
VI DARO' MIE NOTIZIE DA LI'

sabato 28 gennaio 2012

I LETTORI SCRIVONO

Sono mamma di un disabile e capisco benissimo lo stato d'animo che ci accomuna baci a Moreno

io ho un figlio autistico di 5 anni e condivido questo libro.... la realtà è ancora più dura di quanto ha scritto Massimiliano Verga e tu sei un ipocrita che non vuole capire perchè è più semplice....

Anche io e mia moglie e i nostri due figli "normali" condividiamo l'esperienza di un figlio handicappato...grave come Moreno...
Dalle pagine di Ziguli esce il profumo della vita di tutti i giorni in casa nostra e tutto l'amore del suo papa per Moreno.

E' stato scioccante, un po' come ritrovarsi davanti ad uno specchio. E non me ne vogliano le varie persone che la pensano diversamente ma quello che sentono e vivono i genitori dei bambini handicappati lo possono capire solo quelli che condividono questo "dono" (dono maledetto!).
Grazie Massimiliano.
RISPONDO

Si nel libro Massimiliano lo spiega bene "....un'intervista e' un modo per fare uscire una parte della mia rabbia e comunicare una parte del mio dolore non tutto,una parte soltanto........"

.......ti saluto con un bacio ,sapendo che sto baciando me stesso per riempire il vuoto che mi divora.Ogni volta,mentre mi piego su di te.penso che quello che sto facendosia tanto indispensabile quanto maledettamente inutile....

...se hai un figlio handicappato due piu' due non fa mai quattro.....

.....ti iscriviamo a una scuola speciale perche' sappiamo che li' starai meglio,anche se la nostra dignita' di genitori e di cittadini viene calpestata.Per non parlare della tua.Non ho ancora capito se devo sentirmi colpevole,o comunque complice di una tale schifezza.
Ma sono sicuro che chi mi costringe a compiere questa scelta sta facendo una figura davvero di merda.

Certamente da una lettura piu' approfondita si puo' capire quanto amore questo padre nutra per il suo Moreno.
Credo pero' , che pur condividento tutte le difficolta' le fatiche di Massimiliano,nonostante le sue fatiche siano anche le mie e le nostre,che sia necessario non fermarsi qui.Non puo' una realta' inchiodare cosi' le persone.Non possiamo e nemmeno dobbiamo barricarci dietro un muro gridando solo che nessuno puo' comprendere.I nostri figli sono prima di tutto persone e come tali meritano stima e rispetto.
Il nostro blog si ispira ad una frase "la vita e' arcigna con chi le mette il muso"
Aiutiamoci a vivere questo nostro quotidiamo con uno sguardo diverso.
I nostri amati figli respirano l'aria che creiamo intorno a loro ,si non basta amarli loro vogliono esigono di piu'.
Il dondolo piace a Moreno e l'altalena al mio Giovanni partiamo da un positivo.
La gente ci guarda male quando superiamo la fila alla cassa ?prendiamola con filosofia "lo vorreste anche voi un figlio cosi'!!!!"
Cerchiamo di godere dei vantaggi:traghetti gratis,autobus gratis,treni gratis,poniamo l'accento sul positivo senza necessariamente mostrare la fatica che si fa per utilizzare tutti questi mezzi.
Chiediamo e domandiamo e giustamente come scrive Massimiliano facciamo le nostre scelte sulle persone che frequentiamo.
Aiutiamoci fra noi,cerchiamo insieme come camminare.


martedì 24 gennaio 2012

LA NIPOTINA DI LUCIA DI FIRENZE

IL CRISTIANESIMO COME CONTEMPORANEITA'

DA IL CLANDESTINO


Nella intervista rilasciata al Corriere della sera nei giorni scorsi il presidente della fraternità

di comunione e liberazione,

don Julian Carron,

precisa la posizione del movimento

sia rispetto alla politica sia rispetto alla crisi.

Ne esce il ritratto di un movimento che da metà

degli anni '50 a oggi continua a crescere

in tutto il mondo – e non italianocentrico come

molti si ostinano a vedere - grazie a una passione

per la vita intera, a una distanza critica

dalla politica e a una libertà di giudizio

e di azione rispetto a quanto il potere

(ogni potere, compreso quello mediatico) vorrebbe.

Il cristianesimo resta - nel suo nocciolo

di esperienza umana di liberazione nel vivo

drammatico della esistenza - una cosa

sconosciuta se non ai semplici di cuore.

Il continuo tentativo di ridurre

una esperienza di Chiesa ad altro

è destinato a frangersi contro

questa semplice intelligenza dei cuori.

Le testimonianze di tenacia, di carità

e di impegno (senza esimersi dai

rischi che queste cose -la carità

compresa- comportano)

è il modo migliore con cui il movimento

parla di ciò che lo origina e muove.

La responsabilità dei cristiani

in questa epoca di crisi è di essere se stessi,

con la gioia del profondo e la passione

con cui la fede anima le nostre vite,

anche quelle piene di limiti e di difetti

come quelle di tutti.
dr

FRANCESCO SCRIVE

L'incidente di Matteo e i «sedici mesi più belli della mia vita»
23/01/2012 - Un'auto che piomba su un bar. L'inizio del calvario di un giovane neo-maturato. Fino alla sua morte. Fatti che, riguardati oggi, hanno il sapore della Grazia...

La copertina de <br>''Il senso religioso''.
Carissimo Julián,
finalmente mi sono deciso a raccontarti una storia grande che sta capitando a me e ad altri amici. È impressionante la coincidenza del lavoro che stiamo facendo su Il senso religioso come verifica della fede.

Varese, Basilica di San Vittore, 7 novembre 2011

Giovanni, un amico che ci ha mostrato Cristo

08/11/2011 - A Varese i funerali di Giovanni Bizzozero, lo studente di Veterinaria morto nella notte tra giovedì e venerdì in un incidente: «Attraverso di lui, il Signore ci chiede: cos'hai di più caro?». L'omelia di don Ambrogio Pisoni



Ti ringraziamo, Signore Gesù, perché ci hai commossi fin qui oggi. Non è una svista linguistica, ma un giudizio che dice fino in fondo la verità di quello che stiamo vivendo in questo momento assolutamente unico: siamo qui perché un Altro ci ha chiamati, ci sta muovendo, ha così a cuore la nostra vita che ci ha condotti fin qui insieme, cioè ci ha com-mossi. E ha cominciato a commuoverci qualche tempo fa: 23 anni fa per il padre e la madre di Giovanni, qualche tempo dopo (fino a poche ore fa) per ciascuno di noi. Altrimenti non saremmo qui.
Perché è il Signore, è Lui, Colui che non possiamo cercare tra i morti perché è vivo! È resuscitato, cioè è qui adesso. Sta accadendo adesso, nella festa della vita che è la Sua Santa Eucaristia che stiamo celebrando. È questo Signore che un giorno è entrato, discretamente e definitivamente, nella vita di Giovanni: nel giorno del suo Battesimo, il regalo più grande che i suoi genitori hanno fatto alla sua vita. E poi attraverso l’incontro definitivo, affascinante, pieno di bellezza, di musica, di gioia, di letizia: è stato l’incontro con il carisma donato a don Giussani che, a un certo punto, ha affascinato con la sua forza di bellezza irresistibile il cuore, la libertà, la ragione, la carne di Giovanni. Perché noi abbiamo avuto la grazia di incontrarlo così.
Così che oggi, alla radice del nostro cuore, sta balbettando in qualcuno, in altri forse in maniera più chiara, più potente, la domanda dei discepoli di Gesù consegnata per sempre al Santo Vangelo. La domanda che Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Bartolomeo, davanti alla persona di Gesù, davanti ai Suoi gesti e alle Sue parole, sentivano prepotente ergersi dentro di loro, fino ad affiorare sulle loro labbra: «Chi sei Tu, cui il mare e il vento obbediscono?». Chi sei Tu, che sei capace ancora oggi di affascinare così la nostra vita? Chi sei Tu, che hai preso fino alla radice il cuore di Giovanni e hai compiuto la sua vita? Perché quando ci si congeda da questo mondo, la ragione è una sola (la Chiesa l’ha ricevuta, questa ragione, la custodisce e l’annuncia al mondo in maniera instancabile): il congedo da questa vita avviene quando il nostro compito si compie, quando abbiamo assolto il nostro compito. A 23 anni, a 16 anni, a 100 anni… La morte, l’ultimo atto di una vita che si è consegnata, è il suggello di questo.
Siamo qui perché noi abbiamo avuto la grazia di incontrare questo amico. Con gli occhi sempre aperti, con il cuore sempre attento, con una generosità senza limiti non dovuta alla bellezza del suo temperamento. Giovanni non ha avuto pudore nel manifestare nella sua vita il segreto che l’animava, la forza che la rendeva giovane ogni giorno, la bellezza che l’affascinava: forza, bellezza, bontà, verità, che hanno il nome e il volto di Gesù Cristo. A questa Presenza, Giovanni ha consegnato la sua vita. E il Signore è stato generoso: attraverso di lui, infatti, ha toccato almeno le vite di noi qui oggi. E chissà quante altre. Così che il Signore, attraverso di lui, ancora una volta ha confermato il metodo con cui sta nella storia, con cui rimane presente, vivo tra i vivi: il metodo è la testimonianza. Così noi possiamo ancora oggi conoscere Cristo, e dopo la vita terrena di Giovanni possiamo dire, e dobbiamo dire: «Signore grazie, perché ti conosciamo di più: Ti sei concesso a noi, attraverso Giovanni». Perché è questo che è veramente accaduto.
Qualcuno, incontrandolo in questa stagione così intensa della sua vita, quando lo vedeva così limpidamente ingenuo di fronte alle cose, faceva fatica a trattenere un sorriso lievemente imbarazzato. Di quell’imbarazzo strano che ci prende sempre, quando siamo davanti ai testimoni del Signore, davanti ai bambini. Perché essere cristiani vuol dire essere chiamati a diventare grandi come un bambino, e Giovanni è diventato così rapidamente grande come un bambino, che il Signore gli ha detto: «Vieni, servo buono e fedele, vieni. Adesso continuerai a lavorare con me dall’altra parte». Cioè più presente di prima. Quel sorriso imbarazzato che ci mette un po’ in difficoltà, perché facciamo ancora fatica ad arrenderci di fronte alla testimonianza disarmante del Mistero. Eppure siamo costretti a renderci ancora conto che veramente si può vivere così, come ha vissuto Giovanni. Cioè lasciando che il Signore diventi realmente il Signore della mia vita. Il Signore dell’istante. Il Signore della libertà. Il Signore del cuore. Il Signore della ragione. Il Signore della carne e del sangue.
Qualcuno tornerà a casa più pensoso, perché il testimone ci inquieta. Come è inquietante la presenza del Signore, quel Signore che - come don Giussani instancabilmente ci ricordava - ama la nostra libertà più della nostra salvezza. Per questo è inquietante. Eppure è così segretamente atteso, così desiderato. Così che quando incontriamo i Suoi amici, i Suoi testimoni, coloro che hanno avuto l’umiltà e il coraggio di rispondere alle domande di Gesù… Come è stato per Giovanni, perché Giovanni ha risposto alle domande di Gesù, alle domande consegnate per sempre alla Sua parola scritta e santa, il Vangelo: «Giovanni, che cosa stai cercando?». È la domanda che fa ad ognuno di noi: prima di morire bisogna rispondere a questa domanda! E non sappiamo quando accadrà. «Che dice la gente di me, Giovanni? E tu cosa dici?». Fino a quel momento drammatico e supremo in cui il Signore ha avuto il coraggio di chiedere a Giovanni, come a noi oggi: «Giovanni, se ne sono andati tutti. Non hanno retto di fronte allo scandalo di un amore così grande che si concede nella carne, perché se tu non mangi la mia carne… Giovanni, vuoi andartene anche tu come gli altri?». E Giovanni è rimasto: se andiamo via da te, Signore, dove andremo? Che ne sarebbe della nostra vita senza di te? Della nostra vita, del nostro piangere e del nostro sorridere, del nostro lavoro e del nostro amore, delle nostre lacrime e della nostra fatica. Fino all’ultimo: «Giovanni, mi ami tu? Ester, mi ami tu? Flavio, mi ami tu?». A ciascuno di noi che siamo qui: «Mi ami tu? Che cosa ti è veramente caro nella vita?». Il Signore attraverso Giovanni ce l’ha detto: «Non c’è nulla di più caro che la mia vita. Perché senza di me non potete vivere».
Per questo, oggi il nostro sentimento deve, almeno una volta (e forse per qualcuno è la prima volta), sottomettersi al giudizio. E il giudizio non è una parola astratta: il giudizio è questa assemblea di noi qui, che stiamo partecipando dell’atto di Cristo che rinnova il Suo sacrificio per la salvezza del mondo, l’Eucaristia. Questa assemblea è il giudizio sul mondo: Egli è vivo, non cercatelo più tra i morti! Egli è vivo ed è qui! E ha riempito di Sé a tal punto la vita di Giovanni, che il cuore di Giovanni a un certo punto sanguinava di amore per Lui. Questa è la verità sulla sua così breve e intensa vita.
Ma la nostra vita non è mai breve, perché il tempo - ci ricordava don Giussani - non è qualcosa che passa: è Cristo che ci viene incontro. Non dimentichiamolo. Questa è la grande risposta alla domanda inesorabile che Agostino ha consegnato a tutta la storia della Chiesa, a tutti gli uomini: che cos’è il tempo? Il tempo è Cristo che mi viene incontro. Il Signore dell’istante, il Re della gloria, dello spazio e del tempo, capace di riempire la vita nostra fino a quel punto. Di renderla piena di ingenua baldanza. L’abbiamo visto coi nostri occhi, cos’è l’ingenuità. E Giovanni era un ingenuo: non come può essere ingenuo un bambino, che paga ancora il debito dell’essere bambino, ma quell’ingenuità voluta che nasce da un amore totale. Da un sì a Cristo senza riserve. Così si sta nel mondo. A 20 anni e a 90 anni, si sta nel mondo così, perché questa è la ragionevolezza suprema cui siamo chiamati: vivere così perché Cristo è tutto, presente qui e ora.
Grazie, Signore, che ci hai permesso di incontrarlo. Perché adesso, tornando alle nostre case, dicendo «arrivederci» a Giovanni, conserviamo la memoria della sua testimonianza come sorgente della nostra speranza. Perché, nella vita della Chiesa, la speranza coincide con la memoria: fiori bellissimi che rinascono continuamente dalla radice della fede, cioè dall’uomo che Lo riconosce presente.
Torneremo alle nostre case più lieti, ne sono certo. La letizia è quella strana posizione del cuore che nasce miracolosamente dalla fede, e che convive anche con il dolore. E solo in quel momento svela il suo volto vero: il dolore, il nome vero dell’amore. Torneremo alle nostre case più certi, più lieti, e perciò più inquieti: «Chi sei Tu, Signore, capace di compiere (oggi, adesso, qui, in questo momento!) questo miracolo? E di convocarci così?». Non abbiamo potuto rimanere a casa, non abbiamo potuto vivere questo lunedì come il lunedì dell’anno passato o come il giorno prima. Non abbiamo potuto farlo. Perché? Chi sei Tu, capace di riempire di questa letizia la nostra vita? Chi sei Tu, capace di rendere così certa la nostra vita, in un mondo che grida tutto il contrario di questo? Eppure il mondo attende questo. Tutto il mondo e tutti gli uomini attendono Cristo, cioè i suoi testimoni. Giovanni non ha mai detto “no”. E, se è stato possibile per lui, è possibile per me ed è possibile per te. Nell’abbraccio di Cristo che è il Battesimo, nel germogliare continuo, nel rinnovarsi instancabile del nostro essere nuova creatura.
Per questo, Giovanni, ti diciamo grazie. E, così come ci hai accompagnato in questi brevi istanti così definitivi della tua vita su questa terra, Giovanni, ti preghiamo: non abbandonarci! Anzi, siamo certi che non ci abbandonerai, perché la memoria della tua storia diventa già adesso sorgente di speranza e di certezza rinnovata. Perché sappiamo (altrimenti non saremmo qui) che si può davvero vivere così. La tua testimonianza porterà alla vera domanda: abbiamo bisogno di Te, Signore Gesù. E basta. In ciò che viviamo abbiamo solo bisogno di Te.
Lasciamo che la nostra vita, come quella di Giovanni, si lasci mendicare da Cristo. La cosa più ardua della nostra vita è accettare di essere amati da Cristo così: «Egli, mendicante del nostro cuore, e il nostro cuore mendicante di Lui». Parole indimenticabili proclamate con voce vibrante di emozione e di certezza da don Giussani davanti al Papa (e perciò davanti al mondo intero), il 30 maggio 1998 in Piazza San Pietro. Questa è la bellezza della vita dell’uomo: Cristo, mendicante del nostro cuore, e il nostro cuore mendicante di Cristo. Questa mendicanza è la nostra ricchezza. Questa mendicanza è la nostra certezza. E, per questo, sia lodato Gesù Cristo.
(Appunti non rivisti dall'autore)

lunedì 23 gennaio 2012

BATTESIMO MIRIAM

CIAO! DOMENICA 5 FEBBRAIO MIRIAM SARA' BATTEZZATA A BRUSAPORTO NELLA CHIESA PARROCCHIALE.
ALLE 11 C'E' LA MESSA .IL BATTESIMO SARA' CELEBRATO ALLE 11.50AL TERMINE DELLA MESSA.
SIETE INVITATI A PARTECIPARE (AVVISATE LORENZO PER IL NUMERO PARTECIPANTI.)
DOPO LA CERIMONIA SIETE INVITATI NELLA SALA SOPRA IL CENTRO SPORTIVO .
CONTINUIAMO LA FESTA MANGIANDO INSIEME BALLANDO E CANTANDO.
LA PARTECIPAZIONE DI FRANCO RIVA SI RENDE QUINDI INDISPENSABILE.

VI ASPETTO!PERO' NON GUARDATE SOLO LA MIA SORELLINA!!!!!!!!

Schettino è il capro espiatorio. Così ci indigniamo senza immedesimarci

Intervista allo psichiatra Eugenio Borgna sulla tragedia all'isola del Giglio.

La gogna mediatica cui è sottoposto il capitano è frutto di una semplificazione che lascia spazio solo alla recriminazione, allo sfogo e a certe magliette idiote. «Infierendo su una persona, perdiamo tutta la carica emozionale e ci ritroviamo così incapaci di riflettere sulla vera tragedia: la morte delle persone e il mistero del dolore».
Di Leone Grotti
19 Gen 2012
«La tragedia della Concordia mette in evidenza una delle tendenze dominanti di oggi: cogliere l’aspetto più evidente e facile da comprendere di una situazione per ampliarlo, ingrandirlo, fino a trasformarlo nella sola causa di tutto il male che ne consegue. Quella di semplificare e sintetizzare tutte le cause di una tragedia in un punto solo è una tendenza dominante di oggi».


Eugenio Borgna, primario emerito di psichiatria dell’Ospedale maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Milano, definisce così a tempi.it la predisposizione dei giornali e di una parte della società ad affrontare i problemi in termini di capro espiatorio. «Appena una persona considerata grande e importante, come un capitano di nave, diventa debole e cade, la gente lo prende di mira, dando sfogo così alle proprie inconsce frustrazioni. I giornali fomentano questo atteggiamento perché così possono semplificare i problemi, senza fare la fatica di approfondire niente. Il problema, però, è che nell’aggressione senza pietà dimentichiamo la morte, il dolore e ogni domanda sul mistero che esse rappresentano».


sabato 21 gennaio 2012

Il loden del premier non si può bagnare

...Così fanno i comandanti veri, così non fanno invece banchieri e professori. Perché se c’è una cosa che stride in questa vicenda è la totale assenza, fisica e mediatica, del premier Monti e del ministro dei Trasporti Passera. Capisco che chi è abituato ai salotti vellutati di congressi e seminari possa avere difficoltà a muoversi tra gommoni e soccorritori sporchi di fatica e fradici di sudore.....


L'ordine di De Falco a Schettino è già cult. E qualcuno tira in mezzo Berlusconi. Ma se c’è una cosa che stride in questa vicenda è la totale assenza di Monti e del ministro Passera

di Alessandro Sallusti
Tratto da Il Giornale del 19 gennaio 2012

Vada a bordo, caz... L’ordine dato via telefono al riluttante capitano Schettino dall’ufficiale della Capitaneria di porto di Livorno è subito diventato un cult. Stampata su magliette, parafrasata in internet su migliaia di blog, la frase ha fatto il giro del mondo. È come se la tragedia già stesse scivolando in farsa. Lo provano anche le risate e gli applausi raccolti in studio dal comico Crozza l’altra sera a Ballarò. Battute di cattivo gusto che hanno dato la stura alla polemica che ancora mancava nel Paese dei parolai. O meglio, la mamma di tutte le polemiche, perché ovviamente non è che Silvio Berlusconi potesse essere tenuto fuori da questa vicenda. Secondo la solita compagnia di giro, Schettino sarebbe l’emblema dell’Italia berlusconiana. Ora, all’ex premier si possono rimproverare diverse cose, ma se c’è uno che si è immerso personalmente e fisicamente nei dolori e nei drammi degli italiani, questi è proprio Silvio Berlusconi. Da Onna all’Aquila, fino a Lampedusa, Berlusconi è sempre salito sulle navi in difficoltà ed è sceso soltanto quando anche l’ultimo dei passeggeri era stato messo al sicuro. E ancora oggi, che non è più al comando, il Pdl è rimasto sulla plancia di questa Italia incrinata.


Schettino, l’umiliazione di “quell’uomo” e il marciume del moralismo

....Perché “quell’uomo” è l’uomo. C’è in ciascuno “quell’uomo”, inescusabile e capace di mentire fino all’ultimo, possibile atto di redenzione.

E proprio in “quell’uomo”, di fianco, sotto, prima, dopo, tutt’intorno alla falsità sputata (“va bene Comandante”) c’è una segreta, silenziosa implorazione, che non riesce neanche a prendere forma, tanto è capacità dimenticata o rifuggita: “Perdonatemi”. Perdonami. Tu, a cui ho rovinato l’esistenza: perdonami. Tu, se puoi, perdona un inescusabile....


....Occorre un terremoto, qualcosa che scombussoli e, nello stesso tempo, realizzi la giustizia. Qualcosa di eccezionale, come un uomo che, nonostante la sua inescusabilità, sia capace di desiderare di fare l’unica cosa all’altezza della sua statura: dare la vita per l’altro. E al Giglio si è visto anche quest’uomo. Ma la strada del dono di sé è quella meno percorsa, meno abbracciata. Si capisce: è la meno probabile....


di Pier Paolo Bellini
Tratto da Il Foglio del 18 gennaio 2012

“Va bene, comandante”. Non c’è andato, Schettino. Il comandante Gregorio Maria De Falco, della Capitaneria di Porto di Livorno (lo sentiamo tutti) “ha ragione”: sta dicendo semplicemente quello che si impone alla coscienza come “obbligatorio”. Alla coscienza d’uomo.

mercoledì 18 gennaio 2012

COMMENTO SUL LIBRO ZIGULI'

cattiveria? vorrei ben vedere come vivresti con un figlio in una tale condizione, evidentemente non hai capacità di immedesimazione se non capisci che questo libro è soprattutto uno sfogo, una liberazione, visto che metà è stato scritto di getto, in una notte. Ne ho sentite tante ma accusare qualcuno che non solo deve curare se stesso ma un'altra persona, per il fatto di non farlo con il sorriso, è fuori dal mondo

Nessuno ha accusato questo padre.
Leggete bene sia l'articolo che i commenti.
Nessuno parla di cattiveria.
Capisco le difficolta' di questo padre credo comunque che non si pretenda che abbia stampato il sorriso ma le frasi che si leggono sono molto pesanti.

domenica con gli amici


Scrivi qui il riassunto del POST

Intervista a Julian Carron , Corriere della Sera 16 gennaio 2012

Pubblicato il 16 gennaio 2012


.... «Il caso del San Raffaele? Non conosco la vicenda ma ricordiamoci che si tratta di una grandissima istituzione»
Don Giussani diceva: non deleghiamo a nessuno la nostra presenza culturale, sociale e anche politica L’erede di don Giussani: non esistono politici «nostri», questo va chiarito Teniamo all’esperienza cristiana, che ha a che vedere con tutto Il voto di un ciellino? Dipende da cosa vogliono destra e sinistra Sull’Ici Bagnasco ha già chiarito. Ma la Chiesa dà più di quanto riceve.....

MILANO – Don Julián Carrón, 62 anni a febbraio, è il successore di don Giussani. Vive come lui nell’istituto del Sacro Cuore, con vista sulla tangenziale Est di Milano. Ha ereditato la sua cattedra di Introduzione alla teologia alla Cattolica. E da sette anni è il capo di Comunione e Liberazione. Anche se non tutti lo conoscono, vista la sua leggendaria discrezione. «Sono nato in Estremadura, da genitori contadini. Coltivavano ciliegi. Sono entrato in seminario a Madrid, nel 1960. Avevo dieci anni. Fui ordinato sacerdote nel ’75, l’anno in cui morì Franco».
L’intervista
Come fu il suo primo incontro con Giussani?

«Fu casuale, a Madrid. Sulle prime, non ne capii tutta la novità. Solo nel tempo ho percepito la differenza che Giussani portava: non nella preghiera, nella liturgia, nella riflessione esegetica, ma nella consapevolezza vissuta che il cristianesimo è un avvenimento che esalta e compie l’umano; era ciò che diventava esperienza nel rapporto coi giovani, resi capaci di stare nel reale. Accadde lo stesso a me: conoscendo don Giussani, vidi che la mia umanità veniva ascoltata e sfidata continuamente. E che la fede può incidere sulla vita. Per questo gli dicevo: “Non finirò mai di ringraziarti, perché mi hai consentito di fare un cammino umano”».

martedì 17 gennaio 2012

da Brunella

rallegramenti di cuore a lorenzo, a sabina e a giacomo.UN BEN ARRIVATA ALLA NUOVA CREATURA !!! E' BELLISSIMA!
UN ABBRACCIO BRUNELLA E COMPANY

domenica 15 gennaio 2012

ITALIA



Abbiamo salutato nipotini figli e nuore ,prima a Boston poi a Cincinnati e il 5 abbiamo fatto rientro in Italia dove ci attendeva

Giacomo con la sua sorellina nuova Miriam

e Habib


Giovanni mercoledi' ha fatto l'esplorazione in narcosi.Gli occhietti non vanno molto bene adesso proviamo a curare il destro e mettiamo qualche goccia in piu' nel sinistro e speriamo che lo trovino meglio il 24 febbraio

ALL'INDIETRO PROGRESSIVAMENTE

.....Qualcuno potrebbe dire che la scristianizzazione della società è una conquista. Che si prosegue la strada che è già stata percorsa con il matrimonio civile, con l’abolizione del diritto d’asilo.
Io ricordo sommessamente che in realtà è una ri-conquista. Che è esistito un tempo in cui non c’erano santi patroni, che si lavorava ogni giorno della settimana, in cui ci si sbarazzava di nati ingombranti semplicemente sbattendoli in un fiume. Che queste stesse “conquiste” si possono trovare in altre società, presso altri popoli, che normalmente passano per meno civilizzati......


Berlicche socio di SamizdatOnLine

Forse lo avrete già sentito nominare, ma se ancora non lo sapete c’è uno spettacolo teatrale, in giro, dove il volto di Cristo viene fatto oggetto di lancio di escrementi, o almeno supposti tali.

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "CONTINUATE CON I COMMENTI":

Leggerlo...non so, ci devo pensare, quindici euro sono tanti per farsi vomitare addosso, soprattutto se poi questo padre non lo si può nemmeno guardare in faccia e abbracciare. Ho ascoltato l'intervista e letto la presentazione del libro. Prima di essere tacciata anch'io di perbenismo, premetto che ho anch'io un bambino disabile grave, il più piccolo dei miei quattro figli, con la sindrome di down e una grave compromissione dello sviluppo per una sofferenza cerebrale prenatale che lo ha portato ad essere anche epilettico. Quindi ci sono dentro in pieno. Anch'io a volte dico che mio figlio ha una specie di frittura mista in testa, per squarciare il velo di chi lo vede carino (è proprio bello) e dentro di sé pensa che sono una cretina perchè non ho fatto l'amniocentesi ed eliminato il problema prima o di chi mi compatisce e pensa comunque come sopra. Spero che prima di scrivere quest'uomo abbia potuto parlarne con qualcuno, che non sia stato il suo unico modo di poter affrontare l'argomento. Non credo che la disabilità in sé sia un dono; se non hai qualcuno (e Qualcuno) che ti fa compagnia e a cui chiedere 'cosa mi vuoi dire e dare in questa circostanza? Cosa mi chiedi?', la rabbia è il migliore dei sentimenti, altrimenti si passa alla rassegnazione (che secondo me è ancora peggio,perchè non ti muove a nulla). Ho partecipato a tante riunioni di genitori di disabili che si associano per risolvere problemi concreti ma con l'occhio di chi vuole sistemare,contenere, appianare, proteggere...Non che non facciano bene, ma a me non basta. Io ho bisogno che Qualcuno mi si faccia compagno e mi dica che io sono amata e mio figlio con me, anzi lui ha una parte grande in questo amore. Spero poi veramente che questo papà non creda che suo figlio non sia in grado capire se è amato o meno solo perchè non gli si può fare un discorso completo; nemmeno un padre di un disabile può permettersi di essere un idiota, come d'altronde nessun padre! Questo figlio è il velo del tempio che si squarcia. Bisogna guardare fino in fondo e vedere che siamo attesi e visitati da Qualcuno di molto grande, che ci chiama.
Buon anno a tutti,
Cristina

Il libro lo puoi comperare in formato ebook costa 5 euro in meno.
grazie per il commento.Noi ci troviamo con altre famiglie proprio per farci Compagni l'uno dell'altro.
Il gruppo si chiama "amici di giovanni"
E' aperto a tutti abili e non abili se vuoi avere maggiori informazioni scrivimi.
ciao


sabato 14 gennaio 2012

CONTINUATE CON I COMMENTI

Sarebbe bello far nascere una discussione!
Dirsi le cose con sincerita' come questo padre di Moreno ha fatto.
Ammiro il suo coraggio anche se non condivido le modalita' di comunicazione che ha usato.
Dentro in ogni pagina del libro c'e' lo strazio di un padre,una ferita sanguinante una grande solitudine.
Leggere il libro comunque conviene a tutti.
Non si potra mai comprendere lo strazio di un padre, forse si potrebbe cominciare a comprendere un po'.
Certamente, dopo una simile lettura, tutti ma proprio tutti non si sentiranno piu' schiacciati dai tagli che lo stato sta attuando.

COMMENTO ALL'ARTICOLO scritto da Simone Fanti in Dibattiti, Pensieri e riflessioni | Permalink

Penso che sei una perbenista e anche di bassa lega.Probabilmente le domeniche le passi a messa e non conosci determinate problematiche inerenti ad un handicap.Purtroppo chi non è dentro a queste cose non le capisce e tu non fai eccezione.. Marc Antoine Diamanti


Bene
sei il primo che aderisce e spero anche che tu abbia letto il libro!!!
L'articolo che ho messo sul blog non e' mio ma di Simone Fanti e sono contenta che abbia risvegliato in te il desiderio di commentare.
Il libro e' comunque particolare non credi?
Certamente risveglia le coscienze dei lettori,non e' certo una lettura facile.
Spero che l'aver potuto gridare il dolore abbia portato una boccata d'ossigeno a questo padre .Ho anch'io un bimbo down,cieco e con esiti di infiammazione cerebrale.
Credo di comprendere i sentimenti di questo padre e nonostante abbia e vivo situazioni molto simili alla sua non mi sento di condividere quello che ha scritto.
Guarda che sono contenta che l'abbia fatto a volte e' bene gridare a tutti cosa significhi vivere queste quotidianita',certamente Moreno comprende e giustifica il padre ,sa di essere amato da lui ,speriamo che la lettura di questo libro risvegli nelle persone il desiderio di comprendere di piu' questa realta'.


venerdì 13 gennaio 2012

ZIGULI'



Massimiliano Verga, autore del libro "Zigulì", è padre di Jacopo, Cosimo e Moreno, un bellissimo bambino di otto anni, nato sano e diventato gravemente disabile nel giro di pochi giorni.

"Zigulì" è una raccolta di pensieri e immagini quotidiane su che cosa significhi vivere accanto a un disabile grave, pensieri molto duri, ma talvolta anche molto ironici, su una realtà che per diverse ragioni tutti noi preferiamo spesso ignorare.



martedì 10 gennaio 2012

Dire no al libro di Massimiliano Verga: «Zigulì»

L'articolo non e' mio .L'ho pubblicato per sentire le varie reazioni.
Quando leggete quest'articolo e mandate vostri commenti cercate di spiegare la vostra posizione.Non inveite non serve a nulla perche' il bello e' poterci confrontare.
Io ho messo quest'articolo,voi mandate i vostri commenti ma cercate di spiegarvi.
Dirmi che non capisco nulla sulla disabilita' quando vivo il mio quotidiano con un bimbo in condizioni simili a quelle di Moreno mi sembra ridicolo.
Mettendo quest'articolo ho volutamente non detto la mia posizione per lasciare liberi i lettori .
Dopo molti commenti come questo che ora metto...."...se Lei in questo libro ha colto della cattiveria..allora...con tutto il rispetto...non ha proprio capito niente!Che peccato per Lei però, non essere riuscito a cogliere il senso del libro.. a me ha fatto "vibrare"... e mi fa così MALE leggere certi commenti ma MALE davvero! E' un libro straordinario..è un padre straordinario che, come tutte le persone che si trovano nella medesima situazione , meritano rispetto!.......non costruisce nulla.
Nel corso del tempo ho espresso la mia posizione e spero che cerchiate nel blog quale essa sia.(L'autore dell'articolo e' Simone mentre l'autore del blog sono io Tiziana Caggioni)giusto per spiegare ad alcuni lettori che forse non hanno compreso grazie.)
grazie buona lettura





scritto da: Simone Fanti in DibattitiPensieri e riflessioni | Permalink 

La copertina del libro di Verga: Zigulì, la vita dolceamara con un figlio disabile
La copertina del libro di Verga: Zigulì, la vita dolceamara con un figlio disabile
No non mi piace. Posso accettare la crudezza di linguaggio, il realismo delle difficoltà, la rabbia dettata dalla disperazione e dall’incapacità di gestire la disabilità. Ma non posso accettare la cattiveria. Il libro di Massimiliano Verga, sociologo del diritto all’Università di Milano Bicocca, Zigulì. La vita dolceamara con un figlio disabile, non può lasciare indifferenti.
«Se Moreno (il figlio disabile di Verga, ndr) potesse leggere o capire quello che ho scritto, avrebbe il diritto di incazzarsi con me», scrive l’autore del libro. «Ma, per fortuna, non può leggere perchè è cieco. E neppure capire perché la Zigulì che ha sotto i capelli gli consente solo di riconoscere tre parole che servono per sopravvivere: pappa, acqua e nanna. Insomma uno dei vantaggi di avere un figlio handicappato è che puoi permetterti di essere un idiota e di trattarlo male. E io mi concedo questo vizio».
Anche se tra le righe si può leggere un certo affetto e la forte rabbia per l’impotenza verso un figlio in difficoltà, faccio fatica a digerirle. Non è per un falso perbenismo, ma queste parole mi feriscono. «Sei insopportabile», scrive Verga, «Preferirei masticare la sabbia piuttosto che sentirti. Anche dei chiodi nelle mutande sono più piacevoli della tua voce. Quando urli così non ho scelta. O ti sbatto in camera e chiudo la porto oppure ti prendo a sberle. Quasi sempre finisci in camera. La ritengo una conquista».
Chi è abituato a usare le parole sa che ogni affermazione ha un peso, crea un effetto, trasmette qualcosa agli altri. Scrivere è quasi strapparsi di dosso una parte e regalarla alla vista e al giudizio degli altri. E se tratti di puro affetto mitigano la violenza di certe affermazioni, non riesco ad accettare la cattiveria con cui è scritto,
«Ho raccolto gli odori, i sapori e le immagini della vita con mio figlio Moreno», scrive Verga. «Odori per lo più sgradevoli, sapori che mi hanno fatto vomitare, immagini che i miei occhi non avrebbero voluto vedere. Ho perfino pensato che fosse lui ad avere il pallino della fortuna in mano, perché lui non può vedere e ha il cervello grande come una Zigulì. Ma anche ai sapori ci si abitua. E agli odori si impara a non farci più caso. Non posso dire che Moreno sia il mio piatto preferito o che il suo profumo sia il migliore di tutti. Perché, come dico sempre, da zero a dieci, continuo a essere incazzato undici. Però mi piacerebbe riuscire a scattare quella fotografia che non mi abbandona mai, quella che ci ritrae quando ci rotoliamo su un prato, mentre ce ne fottiamo del mondo che se ne fotte di noi. Questo libro è uno dei tanti scatti che ho fatto negli ultimi anni. Ma mi sento come un fotografo che usa ancora una macchina analogica. Per vedere se è lo scatto giusto, devo aspettare che qualcuno sviluppi la pellicola e mi faccia avere la stampa».

AVETE VOGLIA DI LEGGERLO?FRA QUALCHE GIORNO APRO UN FORUM E NE PARLIAMO INSIEME?


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Zigulì
VERGA MASSIMILIANO
Metà di quello che ho scritto è uscito in una notte. Il resto sul tram, mentre andavo al lavoro” racconta nelle prime pagine di questo straordinario libroMassimiliano Verga, padre di Moreno, sette anni, nato sano e diventato gravemente disabile nel giro di pochi giorni. “Così ho raccolto gli odori, i sapori e le immagini di sette anni di vita con mio figlio Moreno, il secondo di tre. Odori per lo più sgradevoli, sapori che mi hanno fatto vomitare, immagini che i miei occhi non avrebbero voluto vedere. Ma anche ai sapori ci si abitua. E agli odori si impara a non farci più caso. Ho perfino pensato che fosse lui ad avere il pallino della fortuna in mano, perché lui non può vedere e ha il cervello grande come una biglia. Non posso dire che Moreno sia il mio piatto preferito o che il suo profumo sia il migliore di tutti. Perché come dico sempre, da zero a dieci, continuo a essere incazzato undici. Però mi piacerebbe riuscire a scattare quella fotografia che non mi abbandona mai, quella che ci ritrae quando ci rotoliamo su un prato, mentre ce ne fottiamo del mondo che se ne fotte di noi. Questo libro è uno dei tanti scatti che ho fatto negli ultimi anni.”
Un libro crudo e insieme intenso e dolcissimo. L’atto d’amore, coraggioso e disarmante, di un padre per il figlio disabile.
MASSIMILIANO VERGA ha quarantun anni. Insegna sociologia deldiritto, divertendosi molto. È un alpinista che vivrebbe volentieri al mare, se non fosse che i suoi figli e San Siro sono a Milano.