giovedì 31 maggio 2018

PRIMA IL BENE COMUNE

Prima il bene comune. Appello del presidente della Cei


mercoledì 30 maggio 2018
Di fronte alla crisi sociale e politica in cui è precipitata la «nostra diletta Italia» ogni persona di buona volontà ha il dovere di rinnovare il proprio impegno, ciascuno nel suo ruolo, per il bene supremo del Paese. Mai come oggi c’è un urgente bisogno di uomini e donne che sappiano usare un linguaggio di verità, parlando con franchezza, senza nascondere le difficoltà, senza fare promesse irrealizzabili ma indicando una strada e una meta. Questo è il tempo grave della responsabilità e non certo dello scontro istituzionale, politico e sociale. Per il bene delle famiglie, dei giovani e dei figli del popolo italiano.
Invito tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinché si prendano cura del nostro amatissimo Paese con un umile spirito di servizio e senza piegarsi a visioni ideologiche, utilitaristiche o di parte. E rinnovo l’appello di don Luigi Sturzo a «tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria». È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Una rabbia che in queste ore trova drammaticamente spazio in uso irresponsabile ed esecrabile dei social network persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini.
Mai come in questi giorni c’è assoluto bisogno di rispettare la volontà popolare, che si è espressa liberamente il 4 marzo, e tutte le Istituzioni civili che rappresentano l’architrave insostituibile della nostra democrazia e della nostra libertà: dalla più elevata, il Capo dello Stato, alla più rappresentativa, il Parlamento.
In questo momento difficile servono, dunque, parole di concordia e di dialogo per abbattere i muri di inimicizia e per superare lo spirito di divisione che sembra diffondersi nel Paese. Noi tutti rivestiti di responsabilità abbiamo il compito, per primi, di pacificare gli animi e di dare dei segnali concreti di speranza attraverso un linguaggio sobrio e consapevole. E oggi, tutti assieme, con carità e con senso del dovere, possiamo scrivere la prima pagina, forse la più importante.
Nel nome dell’Italia e dell’unità del Paese.
Esorto, quindi, tutti i credenti a pregare, e tutti gli italiani a lavorare, insieme, per la custodia e la salvezza del nostro grande e bellissimo Paese. A questo proposito, faccio mie alcune preziose parole della preghiera per l’Italia scritta da san Giovanni Paolo II: «O Dio, nostro Padre, ti lodiamo e ringraziamo. Tu che ami ogni uomo e guidi tutti i popoli, accompagna i passi della nostra nazione, spesso difficili ma colmi di speranza. (…) La tua legge d’amore conduca la nostra comunità civile a giustizia e solidarietà, a riconciliazione e pace». Che Dio benedica l’Italia!




OMELIA FUNERALE DOTT ALIVERTI


varese 3 aprile 2018 don carlo garavaglia 

La Pasqua che abbiamo celebrato e l'Eucaristia che stiamo celebrando, sono il segno della vittoria di Cristo: la morte non è più l'ultima parola sulla nostra vita. Non andiamo verso il nulla,ma verso una pienezza che colma il desiderio infinito e l'attesa del nostro cuore.

Questa pienezza ,Nietta l 'ha incominciata a percepire a 17 anni attraverso l'incontro con il Movimento di Comunione e liberazione; in  una realtà umana precisa,Cristo le è venuto incontro con una promessa di felicità per la sua vita: " Chi segue me ha la vita eterna e il centuplo quaggiù ".Fin  dall'inizio di questa storia particolare aveva intuito che quella promessa di pienezza era per tutti.

Raccontava in una intervista: "quando ho incontrato della gente con handicap psico - fisici gravi,che la società considerava irrecuperabili,li ho vissuti come una sfida;sembravano la negazione della pienezza di vita in cui credevo per l'incontro con Cristo.

L'impatto con questa circostanza della vita che sembrava contraddire quella promessa è diventato invece il luogo della verifica,attraverso la sua professione,di come,davvero, il cuore di ognuno è fatto per questa pienezza e tutti ne possono fare esperienza.



Ciò che muoveva la sua vita, la tensione alla pienezza,attraverso la sua intelligenza e genialità è diventato un metodo, una strada,l'inizio di un rapporto dove la persona nella sua globalità, nella sua domanda di relazione, nella sua storia, è al centro come una risorsa,come una ricchezza.  Per questo, si nota leggendo i suoi testi, come anche la competenza non è una specializzazione, ma "un giudizio che non conosce gradi", cioè lo strumento per una amicizia, che permette anche al più lontano od estraneo di percepire che ogni uomo è stato creato ad immagine e somiglianza 
di Dio,e che "qualunque cosa avete fatto ad uno di questi miei fratelli, che per il mondo non sembrano comprendere, lo avete fatto a Me".
In particolare è attraverso la costruzione di un luogo,cioè una trama di rapporti tra persone,colmi di questa stima e di questi contenuti,dove  incomincia a diventare esperienza per tutti,la pienezza di vita che Nietta aveva incontrato nell'avvenimento di Cristo.
Nasce "l'Anaconda ",  e per anni ne accompagna la crescita.
Coraggiosa e tenace,Nietta,è sta una donna di una fede viva e profonda: viva perché radicata in una Presenza così reale e contemporanea,da cambiare la vita; profonda perché disponibile a lasciare abbracciare il propio io nella sua totalità, come ci ricordava il Vangelo: "Ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli" , Nietta era una persona intelligente, ma che nella semplicità del suo cuore ha riconosciuto Cristo,come il punto sorgivo di uno sguardo vero alla realtà.
Nella ultima tappa della sua vita, Nietta, ha dovuto attraversare la valle oscura della malattia, dell’infermità, del dolore, della sofferenza... Ma lei cercava un volto,il volto di Carlo, di Giacomo,delle persone care e degli amici che andavano a trovarla,ricordo anch'io quegli occhi, ma anche qui il suo sguardo era fissato su Gesù: era Lui che cercava nei nostri volti.Come dice il Salmo: anche attraversando questa valle, «non temo alcun male perché so che Tu sei con me e abiterò nella casa del Padre». 
Questa era la sua grande forza: sapere che «Tu sei con me».