martedì 26 febbraio 2013

"Mio figlio disabile ora è murato in casa"



La città 'vietata'

 
Il giudice ha ordinato di smantellare la passerella costruita per uscire

di Alessandra Pascucci
Un disabile in carrozzina (Foto Newpress)
Un disabile in carrozzina (Foto Newpress)
Ancona, 21 febbraio 2013 - COSTRETTO su una carrozzina, rischia di rimanere murato in casa.L’appartamento in cui vive con i genitori, al primo piano di un condominio di via Flaminia, vicino alla stazione, è separato dalla strada da oltre 50 scalini, talmente ripidi da non permettere l’installazione di un montascale. Ora i vicini di casa vogliono far demolire la passerella che, dal 2003, consente al giovane di uscire per andare a scuola, sottoporsi a fisioterapia, socializzare. E’ la storia di Michele Sacchettoni (riportiamo il nome su autorizzazione dei genitori), 23anni, affetto da totale infermità fisica e psichica.
STEFANO ed Anna Maria Sacchettoni si battono dal 1998 per superare le barriere architettoniche che impediscono al loro figlio di uscire in carrozzina: solo tra il portone condominiale e la strada ci sono oltre 25 gradini, più ripidi della norma. Finché Michele era bambino i genitori lo hanno portato in braccio, impresa divenuta impossibile con gli anni. Nel 1998 la famiglia Sacchettoni ha chiesto di realizzare una sorta di pontile sul retro della casa, che si affaccia su via Berti, a livello più alto rispetto a via Flaminia: la passerella può collegare il giardino di casa con il garage privato, dove Michele può salire in auto. I condomini sono insorti ma, in virtù della legge 104/92, i genitori hanno avviato lo stesso i lavori. La maggioranza dei vicini (8 famiglie su 14) ha deciso però di ricorrere al giudice civile: «La passerella deturpa il condominio, facilita l’ingresso dei ladri, non rispetta le distanze di legge». Il giudice, dopo una serie di udienze cui i vicini hanno partecipato in forze, ha dato loro torto: nel 2003 ha respinto il ricorso e ha condannato i condomini alle spese legali.
I SACCHETTONI hanno quindi realizzato la passerella, ma i vicini non si sono arresi e hanno appellato, stavolta con successo, la prima sentenza: una decisione della Corte d’Appello del luglio 2012 impone lo smantellamento del pontile. Una vicina, in particolare, lamenta stati depressivi dovuti alla vista del manufatto. Ieri, assistiti dagli avvocati Maurizio Marinozzi e Manola Micci, i Sacchettoni hanno chiesto al giudice delle esecuzioni mobiliari di sospendere l’immediata esecuzione della sentenza d’appello: per Michele quella passerella è l’unica strada per uscire. «Reclamiamo il diritto di Michele a farsi curare e a frequentare la scuola — dicono i genitori — entrambi diritti costituzionalmente garantiti». Sul tema della disabilità, ieri, è intervenuto anche Roberto Zazzetti, presidente della Consulta regionale per la Disabilità, che paventa gravi penalizzazioni con gli annunciati tagli alla Sanità.
di Alessandra Pascucci

lunedì 25 febbraio 2013

QUANDO LE BARRIERE MENTALI DIVENTANO FISICHE: LA STORIA DI MICHELE


Sono cinquanta gli scalini che dividono Michele Sacchettoni dal resto del mondo. Il ragazzo disabile, di 23 anni, abita con la famiglia in un condominio sulla via Flaminia ad Ancona e ora rischia di restare murato in casa, perché alcuni residenti del palazzo vogliono che venga abbattuta la passerella costruita ad hoc per il passaggio della carrozzina, perché deturperebbe il palazzo e non sarebbe costruita a norma di legge. La vicenda giudiziaria inizia nel 98 quando alcuni condomini avviano la causa civile contro la passerella, nel 2003 il giudice di primo grado respinge il ricorso e dà il via libera ai lavori. Pochi mesi fa il ribaltamento della sentenza in appello: la passerella va tolta.
Guarda il video..

giovedì 21 febbraio 2013

La famiglia pontificia rimarrà unita. Monsignor Georg Gaenswein e le Memores Domini abiteranno con Benedetto XVI


Febbraio 15, 2013 Redazione
Il segretario del Papa e le Memores Domini che servono nell’Appartamento del Pontefice, lo seguiranno nella nuova residenza

Monsignor Georg Gaenswein, il segretario personale del cardinale Joseph Ratzinger, che lo ha seguito dopo l’elezione del 19 aprile 2005 nell’Appartamento Pontificio, lo accompagnerà il 28 febbraio sera a Castelgandolfo e poi nella nuova residenza in Vaticano, allocata nell’edificio che ospitava le monache di clausura.

Vivrà lì, ma non avrà particolari incombenze perché, come ha precisato ieri il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, «resta il prefetto della Casa Pontificia», responsabilità alla quale è stato chiamato lo scorso dicembre e che continuerà ad esercitare.

Con il Papa e don Georg a Castelgandolfo andranno poi anche le Memores Domini che servono nell’Appartamento. Nell’ex convento ci sarà dunque l’intera “famiglia pontificia” di Benedetto XVI.



I cattolici montiani non dicono nulla sul fatto che Europa e Governo smontano la Legge 40?




Febbraio 15, 2013 Assuntina Morresi
La Cedu ha respinto il ricorso del governo sulla legge sulla fecondazione assistita. Una vicenda passata sotto silenzio per non disturbare il manovratore

Lo tsunami mediatico suscitato dalla rinuncia di papa Benedetto XVI ha fatto passare in sordina la decisione della Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) di respingere il ricorso del governo italiano, intervenuto a sostegno della legge 40 sulla fecondazione assistita.
È importante capire bene cosa sia successo, perché si tratta di un primo assaggio della politica che – forse – verrà, quella di rito montiano, con tutte le conseguenze del caso.
La Cedu aveva accolto il ricorso di una coppia italiana, che voleva accedere alla fecondazione assistita per selezionare embrioni malati di fibrosi cistica – di cui i due sono portatori – e scartarli, e trasferire in utero solo quelli sani. La legge 40 non lo permette. L’accesso alla fecondazione in vitro è consentito solamente alle coppie infertili, e quindi quelle portatrici di malattie genetiche, se fertili, non possono ricorrervi. La legge, infatti, non è eugenetica, non ha cioè come scopo la selezione degli embrioni, ma semplicemente dare la possibilità alle coppie infertili di tentare la via medicalmente assistita.
La Cedu ha accolto in prima istanza il ricorso della coppia, denunciando una presunta contraddizione all’interno della legislazione italiana: con la 194 si potrebbero abortire quegli embrioni (o feti) che la legge 40 non permette invece di sopprimere appena procreati. Una affermazione falsa, in punta di diritto: la 194 non consente l’aborto eugenetico, cioè se il concepito è malformato, ma solo quando ci sono problemi di salute fisica o psichica della donna.
Non c’entra qui la prassi – di cui potremmo sicuramente discutere – ma i testi di legge: né la 194 né la 40 prevedono la soppressione di feti o embrioni se malati.
In aggiunta, c’era un problema procedurale: la coppia si era rivolta direttamente alla Corte europea senza interpellare prima i tribunali italiani, come invece richiesto dalle norme internazionali.
Il governo Monti ha fatto ricorso alla Cedu, difendendo la legge italiana ma puntando tutto sulla questione procedurale. Lo affermava espressamente il comunicato del 28 novembre scorso da Palazzo Chigi: «La decisione italiana di presentare la domanda di rinvio alla Grande Chambre della Corte europea per i diritti dell’uomo si fonda sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi».
Eppure il merito è importante: consentendo che la fecondazione in vitro serva a selezionare embrioni, distinguendo fra sani e malati, trasferendo i primi e scartando i secondi, si introduce una norma eugenetica, perché – piaccia o no – ogni selezione di una vita umana basata sul patrimonio genetico è eugenetica.
Ma queste considerazioni sono state volutamente escluse dal governo Monti, come rivendica il comunicato: una decisione evidentemente condivisa dai cattolici che ne fanno parte, dai quali non si è sentito alcun commento a proposito.
La Cedu adesso ha respinto il ricorso, e non ne conosciamo le motivazioni. La legge 40 per ora non è cambiata, quella coppia può accedere alla fecondazione in vitro e alla diagnosi preimpianto, e probabilmente qualche giudice userà – o forse lo sta già facendo – questa sentenza per portare di nuovo la 40 al vaglio della Corte Costituzionale e cambiarne il testo. D’altra parte, certa magistratura pare entusiasta all’idea di modificare quel che parlamento e referendum popolare hanno stabilito.

domenica 17 febbraio 2013

Per addentrarci nella situazione politica attuale



...«Nella loro esistenza non 
possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e
con le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei 
rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo,
porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza. Infatti, tutti i vari campi della  vita 
laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come “luogo storico” del rivelarsi e del realizzarsi 
della carità di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli. Ogni attività, ogni situazione, 
ogni impegno concreto – come, ad esempio, la competenza e la solidarietà nel lavoro, l’amore e la 
dedizione nella famiglia e nell’educazione dei figli, il servizio sociale e politico, la proposta della 
verità nell’ambito della cultura – sono occasioni provvidenziali per un “continuo esercizio della 
fede, della speranza e della carità”» (Esortazione Apostolica Christifideles laici, n. 59).....  




Appunti dall’intervento di Julián Carrón 

alla Scuola di comunità del 30 gennaio 2013

Voglio proporre cinque punti come percorso per addentrarci nella situazione politica attuale.
1) Il nostro bisogno. Siamo chiamati a votare. Sappiamo già chi votare? Di fronte alla situazione
attuale, la cosa che ci facilita di più è partire ciascuno dal proprio bisogno, che è bisogno di
chiarezza, di comprendere i dati della situazione, il che non è assolutamente scontato. Innanzitutto, 
dunque, occorre questa umiltà, perché questa volta, data la complessità della situazione, i conti non 
tornano immediatamente. Ma questo bisogno relativo a come vivere la circostanza delle elezioni, 
noi lo viviamo come un soggetto che ha la fede, un soggetto cristiano, ecclesiale. Da qui il secondo 
punto. 
2) La fede e la sua verifica. Come l’esperienza della fede che vivo mi aiuta ad affrontare questo
bisogno di raggiungere una chiarezza? Ciascuno di noi ha un punto di verifica della pertinenza della
fede alla esigenza di chiarezza circa le elezioni: come ha accolto e usato la Nota di Cl del 2 gennaio.
In tanti sono passati sopra i primi due punti della Nota (in sintesi, il primo punto afferma che «il
primo livello di incidenza politica di una comunità cristiana viva è la sua stessa esistenza», il
secondo che «la comunità cristiana non può non tendere ad avere una sua idea e un suo metodo
d’affronto dei problemi comuni, sia pratici che teorici, da offrire come sua specifica collaborazione
a tutto il resto della società»), dandoli per scontati, perché quello che premeva loro era arrivare in
fretta a decifrare per chi votare. In questa impostazione troviamo un esempio di quello che dice don
Giussani (l’ho citato nella Lettera alla Fraternità al termine dell’ultimo Sinodo): «Per molti di noi

La croce di Ratzinger


 ..........chi sei Tu, che affascini un uomo fino a renderlo così libero da suscitare anche in noi il desiderio di quella stessa libertà? «Cristo me trae tutto, tanto è bello», esclamava un altro appassionato di Cristo, Jacopone da Todi: non ho trovato altra spiegazione. 
Con la sua iniziativa il Papa ha dato una tale testimonianza a Cristo da far trasparire con potenza tutta la Sua attrattiva, a tal punto che essa in qualche modo ci ha afferrati tutti: eravamo davanti a un mistero che catturava l’attenzione. Dobbiamo ammettere quanto sia raro trovare una testimonianza che costringa il mondo, almeno per un istante, a tacere.....

di Julián Carrón
15/02/2013 - «Caro Direttore, il suo editoriale sull’annuncio di Benedetto XVI descrive la situazione in cui tutti ci siamo venuti a trovare lunedì mattina...». La lettera del Presidente della Fraternità di CL ("la Repubblica", 15 febbraio 2013)
Caro Direttore,
il suo editoriale sull’annuncio di Benedetto XVI descrive la situazione in cui tutti ci siamo venuti a trovare lunedì mattina. «È una notizia universale, che fa il giro del mondo e lo stupisce. (…) Guai a far finta di niente».

Per un istante il mondo si è fermato. Tutti, dovunque fossimo, abbiamo sostato in silenzio, specchiandoci nei volti altrettanto stupiti di chi avevamo accanto. In quel minuto di silenzio c’era tutto. Nessuna strategia di comunicazione avrebbe potuto provocare un simile contraccolpo: eravamo davanti a un fatto tanto incredibile quanto reale, che si è imposto con una tale evidenza da trascinare tutti, facendoci alzare lo sguardo dalle cose solite.
Che cosa è stato in grado di riempire il mondo intero di silenzio, all’improvviso?

Quel minuto stupefatto ha bruciato d’un colpo tutte le immagini che di solito ci facciamo del cristianesimo: un evento del passato, una organizzazione mondana, un insieme di ruoli, una morale circa le cose da fare o da non fare. No, tutto questo non riesce a dare ragione adeguata di ciò che è accaduto l’11 febbraio. La spiegazione va cercata altrove.