venerdì 18 gennaio 2013

Don Luigi Giussani: un padre, cioè un testimone

...... la tentazione di trasformare il cristianesimo in moralismo, il moralismo in politica. Monsignor Giussani ha creduto, anche in questa situazione, che l’incontro con Cristo rimane centrale, perché chi non dà Dio, dà troppo poco e alla fine non costruisce, ma distrugge, perché fa perdere l’azione umana in dogmatismi ideologici e falsi”.


martedì 26 febbraio 2008
“Cristo e la Chiesa: senza mai separare l’uno dall’altra. Sta qui la sintesi della sua vita e del suo apostolato”. Così scriveva Giovanni Paolo II in occasione della morte di don Luigi Giussani, avvenuta tre anni fa, il 22 febbraio 2005.
E’ quanto ha sottolineato anche il nostro Arcivescovo, S. E. Mons. Piero Coccia, che per la ricorrenza ha celebrato sabato scorso, nel Santuario della Madonna delle Grazie, una Santa Messa, nella quale è stato ricordato, al tempo stesso, il 26° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Cristo, ha detto l’Arcivescovo commentando le letture del giorno incentrate sulla simbologia dell’acqua, è stato per don Giussani l’unica “acqua” capace di dissetare la sete strutturale dell’uomo, una sete che nessun’altra fonte, nessun’altra oasi può estinguere nel deserto della vita. 
La sua non è stata una fede “labile, incerta, stagionale, emozionale”, ma una certezza salda, radicata nell’esperienza, capace di generare speranza e quindi di incidere profondamente sulla realtà.
Una fede “imperterrita” gli riconobbbe anche l’allora Cardinale Ratzinger, nell’omelia tenuta in occasione della cerimonia funebre: “In tempi in cui serpeggiavano tensioni e contrapposizioni tra movimenti e parrocchie, Chiesa carismatica e Chiesa istituzionale, mons. Luigi Giussani ha sempre comunicato intorno a sé un vero amore e una sincera fedeltà verso i Vescovi e i Pontefici, molti dei quali aveva conosciuto personalmente”. Ad iniziare da Paolo VI, che nel lontano 1975 gli aveva detto: “Coraggio, questa è la strada giusta, vada avanti così”.
La fede nella centralità di Cristo e della Chiesa, aggiungeva il futuro Benedetto XVI, ha permesso a don Giussani di decifrare in modo giusto, in anni difficili, i segni dei tempi e di evitare la tentazione seduttiva delle ideologie.
“Quando un primo gruppo dei suoi si recò in Brasile, si trovò a confronto con la povertà estrema. Che cosa fare? Come rispondere? Grande era la tentazione di dire: adesso dobbiamo, per il momento, prescindere da Cristo, prescindere da Dio, perché ci sono urgenze più pressanti; dobbiamo prima cominciare a cambiare le strutture, le cose esterne, dobbiamo prima migliorare la terra, poi possiamo ritrovare anche il cielo. Era la tentazione di trasformare il cristianesimo in moralismo, il moralismo in politica. Monsignor Giussani ha creduto, anche in questa situazione, che l’incontro con Cristo rimane centrale, perché chi non dà Dio, dà troppo poco e alla fine non costruisce, ma distrugge, perché fa perdere l’azione umana in dogmatismi ideologici e falsi”.
Vivere la comunione dentro tutti gli ambiti della realtà: questa è stata la strada, il metodo indicato da don Giussani. E non qualunque comunione, ha precisato l’Arcivescovo, ma la comunione con la verità stessa, con l’amore stesso, in Cristo e nella Chiesa. 
Questa fede e questo metodo si sono tradotti in testimonianza ed hanno generato una grande fioritura di opere culturali, caritative, missionarie in tutto il mondo.
Una fecondità che a noi, ormai avanti negli anni, che lo abbiamo incontrato e seguito come un Padre fin da quando eravamo uno sparuto gruppetto di giovani che si riuniva in uno scantinato di viale Venezia, riempie il cuore di commozione e di gratitudine.

Paola Campanini
 
 

martedì 15 gennaio 2013

“Quale pace infinita deve provare oggi guardandoci insieme con il suo papà”



L’altro sì che ci ha chiesto Dio
07/01/2013 – Giacomo Cornara, diciottenne dell’hinterland milanese, è morto pochi giorni fa sulle nevi di Macugnaga, in Piemonte. A settembre era morto suo padre. Ecco le parole della sua mamma, Monica
  • Giacomo Cornara.Giacomo Cornara.
Il 29 dicembre Giacomo, 18 anni, primo di sei figli, studente al liceo scientifico Leonardo da Vinci a Milano, mentre faceva snowboard ha perso la vita sulle montagne di Macugnaga. A settembre era morto il padre, Gianni Cornara, per infarto. Pubblichiamo la lettera della mamma Monica, letta da don Beppe durante i funerali a cui hanno partecipato centinaia di ragazzi. 
Il giorno del nostro matrimonio, avevo scritto questa preghiera dei fedeli: «Maria, aiutaci a riconoscere e accogliere il Mistero del tuo Figlio per abbracciare ogni giorno con passione le circostanze della nostra vita. Per riconoscere e amare il destino buono che il Signore ci ha preparato, e aiutaci al dire, ogni momento, accada di me secondo la tua parola».
Ingenuamente pensavo a gioie e dolori di tutti i matrimoni, il dono dei figli, il rammarico per qualche incomprensione, lo stupore di una notizia inaspettata, Il disagio di fronte a ciò che non corrisponde.Puntualmente tutti questi piccoli sì hanno accompagnato i nostri 19 anni di matrimonio, costruendo la vita nostra e dei nostri figli.
Tre mesi fa il Signore ha chiamato a sé Gianni: il mistero della morte si è fatto presente, vivo, lacerante. Ho chiesto alla Madonna ogni giorno di sostenere la mia giornata, di offrire a Dio la mia stanchezza e il mio disorientamento, per continuare a comunicare ai miei figli che tutto è dono, che il bene a cui è chiamato Gianni è infinitamente più grande di quello di cui avrebbe goduto stando con noi. E la certezza della Sua grazia si è fatta carne in noi, lo abbiamo sperimentato attraverso tutte le persone che ci hanno sostenuto ed accompagnato in ogni istante.
Poi, o Dio, ci hai chiesto un altro sì. La ferita aperta nel mio cuore si è fatta una voragine, perché hai voluto chiamare a te anche Giacomo, hai donato anche a lui la felicità piena, quella che nell’inquietudine del suo cuore di 18 anni cercava ad ogni costo, in casa, a scuola con gli amici, nello studio e nel divertimento. Quale pace infinita deve provare oggi guardandoci insieme con il suo papà.
Grazie, o Dio, perché hai fatto a Giacomo questo grande dono e ti offro tutto il mio dolore umano, rinnovando “il mio accada di me secondo la tua parola”.
Sia la nostra ferita aperta, sempre sanguinante perché possiamo vivere ogni istante della nostra vita, con la coscienza che siamo fatti per il bene, per la felicità che Giacomo e Gianni stanno già contemplando.
Monica

martedì 1 gennaio 2013

AUGURI



da tempi

Pubblichiamo di seguito il Te Deum del vescovo Luigi Negri 

Il Te Deum per un anno trascorso è come un dialogo profondo tra il cuore nostro e quello di Dio. È guardando a Lui che vengono a galla le linee portanti delle sue grandezze, di nuove strade aperte e di nuovi cammini. Il primo grazie a Dio è per la presenza di Benedetto XVI, questo gigante mite e fortissimo che sostiene il cammino della Chiesa infondendole luce ed energia e quella novità che rende il cristiano un uomo “grande”. Abbiamo imparato tutti i giorni dalla grandezza del Papa. Ho avuto la straordinaria opportunità di stare al suo fianco durante il recente Sinodo in cui la sua presenza, testimonianza e insegnamento ci hanno garantito l’azione dello Spirito Santo in quei giorni

TE DEUM



È paradossale ma giunti alla fine di quest’anno la parola che più mi impressiona è “inizio”. Leggendo il prezioso libretto di Guardini intitolato L’inizio imparai, molti anni fa, che l’unico angolo di visuale con cui si può guardare il passato è l’insegnamento che da esso si può trarre nel presente per costruire il futuro. La fine di un anno, quindi, non può avere anzitutto il carattere di un bilancio ma è piuttosto l’occasione per trarre stimoli dalle circostanze favorevoli o sfavorevoli, dai rapporti facili o difficili, in vista di quell’attitudine che dice della grandezza dell’uomo: la disposizione a cambiare o, meglio, a lasciarsi cambiare.




AUGURI

....Oggi, Cristo vi pone la domanda che rivolse ai suoi discepoli: «Chi sono io per voi?». A tale domanda, Pietro, presso la cui tomba noi ci troviamo in questo momento, rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15-16). E tutta la sua vita divenne una risposta concreta a questa domanda. Cristo desidera ricevere anche da ciascuno di voi una risposta che venga non dalla costrizione né dalla paura, ma dalla vostra libertà profonda. Rispondendo a tale domanda la vostra vita troverà il suo senso più forte. Il testo della Lettera di San Giovanni che abbiamo appena ascoltato ci fa capire con grande semplicità in modo sintetico come dare una risposta: «Che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri» (3,23). Avere fede e amare Dio e gli altri! Che cosa c’è di più esaltante? Che cosa di più bello?.....

In cammino Luigi Giussani Appunti di una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di universitari La Thuile, agosto 1992


......Ognuno di noi è stato scelto attraverso un incontro gratuito perché si renda egli stesso incontro per gli altri. È dunque per una missione che siamo stati scelti, così come Cristo è stato mandato dal Mistero eterno per una missione - mandato, missus -: "Come il Padre ha mandato me, così mando voi". Quello che ci è stato dato e continuamente ci viene dato è "per" il mondo; è dato a noi perché in noi si riverberi e si comunichi ad altri, non secondo i nostri calcoli, ma come Dio vuole.
Non si può parlare della vita umana in modo così pieno di pace e di esaltazione, pieno di certezza, di speranza e di gratuità, se non essendo stati investiti dall'avvenimento da cui siamo stati investiti, se non per la grazia dell'incontro con la presenza di Cristo. Perciò, amici, aiutiamoci........


Vorrei anzitutto riandare alle scoperte o alle insistenze più suggestive e alle parole più significative di tutta la vita intellettuale e affettiva dell'anno trascorso, in vista della novità della strada che dovremo affrontare. Nello sguardo all'anno passato è infatti già implicato il suggerimento di un nuovo balzo in avanti della nostra coscienza (bisogna che la nostra coscienza viva, altrimenti il sentimento stesso del nostro io svanisce).