lunedì 31 ottobre 2011

Guanella, santo attuale con le nuove povertà

Tra Ottocento e Novecento bambini senza famiglia, anziani soli, malati cronici o diversamente abili - al di là delle esigenze fondamentali della vita (nutrimento, accudimento) - pativano un deficit di speranza sociale. Oggi la forbice s'è di molto allargata, e in quella terra di mezzo, in cui la perdita di benessere si accompagna al venir meno della dignità di persone, da Atene a Milano, alla loro «esclusione sociale», per dirla con Simone Weil, nessuno è risparmiato.


31 ottobre 2011
Gigure di testimoni della fede, come don Luigi Guanella, recentemente proclamato santo da papa Benedetto XVI vanno dritte al cuore, anche di chi non crede. Perché, al di là del miracolo che lo ha portato alla gloria degli altari, questo sacerdote ha fatto della propria vita un inesausto servizio di aiuto ai bisognosi. Ma, oltre i festeggiamenti, è doveroso attualizzarne il messaggio, per radicarlo ancora di più nel presente. In una domanda: se il santo lombardo della carità fosse attivo oggi, tra noi, a quali poveri si rivolgerebbe?

AUGURI A GIOVANNI

GIOVANNINO ,
TI AUGURIAMO DI RIMETTERTI AL TOP!!!
UN ABBRACCIO
BRUNELLA
SILVIA
BARBARA
M.GIULIA
LUIGI

sabato 29 ottobre 2011

GIOVANNI

CIAO A TUTTI
L'OPERAZIONE SEMBRA RIUSCITA .
STO MEGLIO ANCHE SE ANCORA FACCIO UN PO' FATICA
A SOPPORTARE LA LUCE
IN CASA STO BENE E SOPRATTUTTO NON HO PIU' QUEL DOLORE LANCINANTE.
IL 4 VADO AL CONTROLLO E SPERIAMO CHE MI TROVINO BENE TUTTE E DUE GLI OCCHI.

lunedì 24 ottobre 2011

Cimiteri e letteratura: Monumentale di Milano


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"All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?" Con questi versi Ugo Foscolo apriva, nel 1807, il carme Dei sepolcri. Mangialibri vuole offrire una panoramica dei principali cimiteri d'Italia, d'Europa e del mondo che ospitano personalità del panorama letterario e non. Luoghi che sono entrati nella storia come meta (o partenza, direbbe qualcuno) dell'ultimo viaggio di uomini che in vita la storia hanno contribuito a scriverla.
Scendendo dal cavalcavia di via Farini, a due passi dal centro di Milano, con la stazione di Porta Garibaldi a sinistra, sulla destra si scorge un lunghissimo muro al cui termine compare una costruzione rettangolare, contornata da torrette esagonali in marmo rosso e bianco, che sembra quasi l'esterno di un castello. Invece, seguendo il perimetro, si arriva davanti a un enorme cancello, oltre il quale continuano le mura fatte dello stesso materiale. Dietro il cancello, si staglia un maestoso edificio in marmo bianco, originariamente pensato come una chiesa dall'architetto Carlo Maciachini nel 1865 e inaugurato l’anno successivo. Dal 1870 viene utilizzato come luogo di sepoltura degli italiani più onorati: il Famedio (tempio della fama) del Cimitero Monumentale di Milano. È davvero monumentale, non solo per le innumerevoli opere d'arte che lo popolano, ma anche per le dimensioni, che oggi raggiungono circa 250.000 mq. Non solo i nomi di chi effettivamente riposa qui, ma monumenti e statue ricordano i numerosi personaggi illustri della storia, della letteratura, della politica e dell'arte, che abbiano meritato, per le loro opere o imprese, un posto nel tempio della fama. Fra coloro che effettivamente sono sepolti al monumentale, il primo nome che risuona è quello di Alessandro Manzoni, onorato da uno splendido sarcofago posto nella sala centrale, completamente decorata in oro e blu cobalto, sulle cui pareti sono scritti i nomi dei personaggi che non necessariamente sono sepolti al monumentale. Il Manzoni, morto nel 1873, fu il primo letterato ad ottenere quelli che oggi chiameremmo “funerali di stato”, celebrati in duomo, ai quali erano presenti le maggiori cariche politiche e nobiliari. Parte della collezione formata dai suoi scritti è conservata in Brera, mentre un’altra parte delle sue opere è custodita nella sua casa-museo di via Morone. Rimarchevole il fatto che nel 1862, lo stesso Garibaldi, in visita a Milano, volle stringere la mano, “all’uomo che tanto onora l’Italia”. Al Manzoni fanno compagnia il poeta Filippo Tommaso Marinetti, Salvatore Quasimodo, premio nobel per la letteratura nel 1959, e Carlo Cattaneo. E poi Giorgio Gaber, Enzo Tortora, Arturo Toscanini, il pittore del famosissimo "Bacio" Francesco Hayez, Amilcare Ponchielli, Guido Crepax e campioni come Antonio Maspes e Alberto Ascari. Recentemente è stata aggiunta al pantheon milanese anche Alda Merini, la poetessa che tanta parte della sua vita trascorse in manicomio, oggi giustamente e tardivamente riconosciuta come una delle maggiori letterate italiane. Nel Monumentale, dal 1955 al 1971, sotto un'anonima lapide che ricordava Maria Maggi, ha riposato Evita Perón, la cui salma è stata successivamente traslata a Buenos Aires. Nel Famedio sono rappresentate altre importanti figure legate a Milano e sepolte in altri luoghi: Sandra Mondaini, che invece riposa a Lambrate, e Raimondo Vianello, che sta a Roma. E ancora Giuseppe Verdi, che è sepolto nella Casa di riposo per musicisti, da lui stesso creata, in piazza Buonarroti, vicino alla moglie Giuseppina Strepponi. Al Monumentale sono inoltre sepolti don Luigi Giussani - spostato dal Famedio in una cappella sul retro in cui settimanalmente si tengono delle funzioni, perché la folla di visitatori intasava il passaggio - e il famoso "pret de Ratanà", don Giuseppe Gervasini, famoso per le sue capacità di guaritore, soprattutto di anime, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento. Nel novembre del 2010 sono stati iscritti nel Famedio Herber Kilpin, fondatore dell’A.C. Milan, e Giorgio Muggiani, fondatore del F.C. Internazionale Milano

Il perdono che salva e dà la vita

Autore: Buggio, Nerella
Fonte: CulturaCattolica.it
lunedì 29 agosto 2005

Una profonda riflessione sul perdono in famiglia. Da meditare
E' disponibile sul nostro sito l'intero documento relativo ad un ritiro fatto da alcune famiglie all'Abbazia di Hauterive – il 31.7.05

La meditazione di P. Mauro-G. Lepori O. Cist. è un materiale prezioso per ripensare ai rapporti di coppia e al tema del perdono nella relazione familiare.
Non pensate al perdono come al bel gesto di chi magnanimo perdona la grande colpa all'altro. Si dice "perdono" e si pensa al tradimento della fedeltà coniugale, sono ben altri i tradimenti quotidiani di cui abbiamo bisogno di essere perdonati e che dobbiamo imparare a perdonare…

Riportiamo alcuni stralci della meditazione di P. Mauro, ma vi invitiamo a stampare e leggere l'intero documento, magari utilizzandolo per un confronto di coppia o per dei momenti di riflessione. Appena uscirà il testo completo ve ne daremo notizia.

Salvare la relazione

(…) Sposandosi non ci si promette giustizia, equa distribuzione delle cose, assenza di difetti, impeccabilità, salute e bellezza, capacità organizzative o educative, simpatia e gentilezza, e tutto quel che volete, ma ci si promette relazione esclusiva, privilegiata e perenne di comunione nell'amore.

Il perdono è necessario

Nei momenti di crisi che, anche non estremi, ci sono sempre - perché una relazione che si approfondisce e si dilata si trova necessariamente sempre nello spazio drammatico del "perdersi per ritrovarsi" - nei momenti di crisi è allora necessario riprendere coscienza del fatto che la relazione personale è la sostanza vera e propria della vocazione matrimoniale, e che tutto il resto è accessorio e accidentale. Se si è coscienti di questo, allora diventa evidente che nessuno può vivere e crescere in questo spazio senza la dimensione del perdono. In fondo, la giustizia si occupa di ciò che si trova fra le persone; il perdono è relativo alle persone stesse, alla relazione fra le persone in quanto tale. (…)

La natura dell'avvenimento cristiano

Per noi è difficile capire che l'avvenimento di Cristo si è verificato essenzialmente per questo. Facciamo fatica a credere veramente che il Figlio di Dio è morto in croce, cioè ha dato tutta la sua vita, per questo. Cioè noi facciamo fatica a capire che il perdono in Dio non è un atto esteriore, ma è Lui stesso, coincide con il suo Essere, perché Dio è Amore, è Misericordia. (…)

E il sacramento del matrimonio?

Anche il matrimonio è un sacramento di redenzione, cioè un gesto della Chiesa in cui la presenza e l'azione di Cristo salva l'umanità dal peccato e dalle sue conseguenze. Il matrimonio salva e redime la relazione fra l'uomo e la donna, l'intima unione a cui la natura li dispone, e le relazioni famigliari che scaturiscono dall'unione dell'uomo e della donna.(…)

Il perdono e la vera natura dell'"io"

Cosa vuol dire perdonarsi nei rapporti famigliari? Come si coltiva e si vive il perdono?
Se leggiamo i brani in cui san Paolo tratta della vita domestica, del rapporto marito e moglie, genitori e figli, ecc., si vede che ciò a cui è rimandata ogni esigenza morale di perdono, di obbedienza, di rispetto, di servizio, di sottomissione, è la presenza del Signore. Di per sé le esigenze che elenca Paolo non sono molto originali rispetto alla morale giudaica, e in fondo neanche rispetto alla morale pagana. Ma il tutto è come immerso "nel Signore", il tutto è situato dentro il rapporto con Cristo. (…)

Perdonati per perdonare

Ma affinché questa logica evangelica del perdono come vera affermazione dell'"io" possa imporsi, possa introdursi in ogni rapporto e ambito di vita, e sconfiggere la logica alienante e disumana della sete di dominio e di vendetta, è importante imbattersi nel perdono di Cristo. In ogni situazione, la salvezza viene quando uno sceglie di perdonare. Allora la logica distruttiva della vendetta, del dominio sull'altro, è come disinnestata, e chi è perdonato scopre gratuitamente il vero volto del suo "io" redento da Cristo. Lo vede come riflesso nell'altro che lo perdona. (…)

"Perdonatemi? io domandar perdono? a una donna? io...!"

Anche noi a più riprese nella vita ci dobbiamo trovare a dirci: "Io domandar perdono? A quel tale, a quella tale?" Perché è alla fine di questa domanda, di questo dilemma, che uno comincia a dire "io" in modo nuovo, trasformato, secondo Cristo, aderendo a Cristo, come se fosse Cristo e non più noi a dire "io" dentro di noi. (…)

Il perdono amplifica il dono

(…) Perché il perdono è un compimento e non una mortificazione dell'"io"? Perché è come un'amplificazione del dono. Il perdono non è, come lo si può percepire psicologicamente, una via di riserva, una mortificazione della nostra capacità di amare; il perdono è piuttosto un accentuarsi del dono, è un dono più grande, un donarsi più profondo. (…)

Non c'è perdono senza abbandono

(…) Ma proprio a causa di questa totalità, di questa compiutezza di dono che è il vero perdono, dobbiamo riconoscere che ci è impossibile, che non è in nostro potere di poterlo esprimere fino in fondo. Il perdono vero è impossibile all'uomo; ma tutto è possibile a Dio. (…)

Una "piccola via"

(…) Dopo tutto quello che ho detto, non vorrei però che corressimo il pericolo di un'eccessiva sublimazione. La via del dono della vita fino al perdono è normalmente una "piccola via", come direbbe santa Teresa di Lisieux. Normalmente nella vita di famiglia, come nella vita di una comunità religiosa, non si tratta di perdonarsi grandi colpe, grandi mancanze. (…)

Il perdono è vitale

Ma tutta questa insistenza sul perdono non è solo finalizzata a una bella armonia di coppia e di famiglia. Lo scopo della vostra vocazione non è quello di essere "la coppia più bella del mondo". Il perdono cristiano non è solo per creare armonia, per star bene. Il perdono cristiano è per una fecondità, è per dare la vita, per generare la vita nel mondo. (…)

mercoledì 19 ottobre 2011

L’esperienza della famiglia Una bellezza da riconquistare di Julián Carrón

....Proprio ora – e con le dovute differenze −, a proposito della famiglia, possiamo domandarci ciò che lo stesso Benedetto XVI si è chiesto a riguardo di Dio nel suo recente viaggio in Germania: «L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?». La nostra domanda può essere, dunque, formulata così: l’uomo ha bisogno della famiglia, oppure le cose vanno abbastanza bene
anche senza di essa?....



Incontro a conclusione del Family Happening 2011 di Verona

Fiera di Verona, 5 ottobre 2011

Buonasera a tutti. Ringrazio di cuore chi si è prodigato per la realizzazione di questo incontro, innanzitutto i presidenti Carlo Fratta Pasini, Paolo Bedoni e Paolo Biasi. Sono grato a monsignor Grandis per le parole di saluto che mi ha rivolto a nome del vescovo di Verona monsignor Giuseppe Zenti. Un grazie sincero
anche al presidente della Fiera di Verona, Ettore Riello, e alla presidente del Family Happening, Dora Stopazzolo.

Dopo anni in cui è stata messa sotto attacco a tutti livelli, la famiglia torna alla ribalta in questo momento di crisi. E forse è proprio la situazione attuale che ci costringe a renderci conto del suo valore, dopo che i tempi dell’abbondanza economica ci avevano fatto dimenticare quanto essa fosse decisiva per la vita di un popolo.

Cade l’ultimo tabù La Madonna distrutta è un’offesa all’uomo


......L'immagine della statua distrutta e calpestata ieri a Roma ci rinvia a quelle figurazioni romanzesche, dove la distruzione, prima che nell'atto materiale che la compie, consiste nel fatto che qualunque cosa vale qualunque altra cosa: un'automobile, una sigaretta, una statua di Maria, un computer.

C'è stato, sicuramente, anche un calcolo nel gesto di Roma, un piccolo progetto stupido, la volontà di «andare oltre», forse addirittura un filo della vecchia ideologia che vede nell'eliminazione delle religioni dal mondo una specie di liberazione dell'umano.....


di Luca Doninelli
Tratto da Il Giornale del 17 ottobre 2011

L'episodio della profanazione della statua della Madonna durante la manifestazione degli indignados ieri a Roma ha colpito l'immaginazione di tutti. Non si tratta solo di un'offesa alla religione e ai suoi simboli ma, più profondamente, all'uomo e alla sua dignità.

martedì 18 ottobre 2011

GIOVANNI

Oggi ho fatto l'esplorazione in narcosi!
Non mi hanno trovato bene!!!!
L'occhietto sinistro ha la pressione troppo alta e mi chiameranno per operarlo.
L'occhietto destro,mi da' molto dolore e lo hanno trovato un po' malconcio!
Adesso lo curiamo e soprattutto cercano di togliermi il dolore che mi rende troppo nervoso.
Speriamo bene!!!! Durante l'operazione all'occhio sinistro mi controlleranno anche il destro che ora ha anche la pressione troppo bassa.

lunedì 17 ottobre 2011

GIOVANNI

Tanti auguri Giovanni per il tuo compleanno e per i tuoi tribolatissimi occhi. Sono la mamma del piccolo Michele Giovanni. Ho conosciuto te e i tuoi genitori di persona al pellegrinaggio delle Famiglie per l'Accoglienza a Caravaggio. Purtroppo gli impegni (numerosi e incastrati variamente tra loro!) non ci hanno permesso di venirvi a trovare al compleanno. Alla prossima occasione. Vi penso con molto affetto.
Cristina

GIOVANNI

Domani mattina vado in ospedale per l'esplorazione in narcosi.
In questi giorni i miei occhi mi fanno soffrire speriamo che la causa sia solo la
congiuntivite.
Poi vi faro' sapere come e' andata.

domenica 16 ottobre 2011

AUGURI GIO

ieri avevamo mandato gli auguri per Giovanni,
tramite il blog,ma non ci
siamo riusciti.
Anche se in ritardo
ri-buon compleanno
da Silvia Barbara Giulia Brunella Luigi

LA TORTA

MIO FRATELLO LORENZO MI HA PREPARATO LA SUPER TORTA
GRAZIE

GIOVANNI RINGRAZIA TUTTI


GRAZIE!

GIOVANNI

Auguri a Giovanni,
abbiamo provato a chiamare ma non vi abbiamo trovato, riproviamo domani.
Michele Anna Paolo Alessandra

GIOVANNI

Italia- Cina-America Ti arrivano auguri da tutto il mondo Giovanni!
Buon Compleanno!
Marco,Simona,Tommaso,Matteo, Alessandro e Davidino

sabato 15 ottobre 2011

AUGURI GIOVANNI

Tanti auguri di buon compleanno al piccolo Giovanni anche da parte nostra!
Un abbraccio a tutti voi
Alessia, Melissa, Valeria, Ylenia

AUGURI A GIOVANNI


Ciao a tutti, e un abbraccione a Gio !!!Buon compleanno!!!
Io sono in Cina adesso.(Paoletto e' a casa con la sua mamma)
Ciao Francesco

BUON COMPLEANNO GIOVANNI

AUGURI CARO GIOVANNI!!


PAPA/ Julián Carrón dopo l’udienza: La sfida? E’ mostrare la convenienza della fede



PAPA/ Julián Carrón dopo l’udienza: La sfida? E’ mostrare la convenienza della fede

da il sussidiario








Il Papa ha ricevuto in udienza, a Palazzo apostolico, il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Julián Carrón. L’incontro si è svolto alla vigilia di «Nuovi evangelizzatori per la Nuova Evangelizzazione», l’appuntamento di due giorni che terminerà con la Messa presieduta da Ratzinger, domenica, alle 9.30, in Piazza San Pietro. L’evento è stato organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, organismo affidato a monsignor Rino Fisichella e fortemente voluto dal Santo Padre. Alessando Gisotti, di Radio Vaticana, ha intervistato don Julián Carrón in merito alle nuove sfide poste dal cristianesimo oggi. «La prima cosa che mi viene da esprimere è tutta la gratitudine e la commozione per questa possibilità che il Santo Padre mi ha donato di poter stare con lui in questo incontro», ha detto, anzitutto, Carròn spiegando che è stato possibile potergli raccontare come, anche nelle attuali condizioni socio-economiche, caratterizzate da affanni, incertezze e turbolenze, «stiamo vedendo che quando uno verifica la fede nella propria circostanza di vita, questo fa fiorire un tipo di persona che a noi lascia senza parole. Poter condividere con lui il vivere la fede, come lui ce la testimonia, è stata una vera consolazione». Affrontando, poi, il tema della due giorni di sabato e domenica, ha spiegato come l’evangelizzazione rappresenti una sfida storica, la sfida stessa che il Cristianesimo, di questi tempi - in cui gran parte delle persone non ha cognizione di cosa si tratti o ha stabilito che non possa rappresentare alcunché di interessante per la propria esistenza -, pone. Secondo Carròn, quindi, il compito cui è chiamato il cristiano è di mostrare che le cose stano diversamente. Non tanto rimproverando agli altri di non comprendere, ma ricomprendendo, anzitutto, nella propria esistenza, la «modalità di fare risplendere la bellezza della fede nella vita quotidiana». Sollecitato dal giornalista che gli ha ricordato come il rapporto tra Vangelo e cultura fosse particolarmente caro a don Luigi Giussani, il fondatore di Cl, morto nel febbraio del 2005, Carròn ha fatto presente come fosse, al contempo, estreamente caro a Giovanni Paolo II.

«Una cosa che ci segnerà per il resto della vita – ha aggiunto - è che una fede che non diventa cultura non è una fede veramente accolta e matura». Tornando, infine, alla sfida principale del cristianesimo, ha concluso: «la grande sfida che il cristianesimo moderno ha davanti – per usare una espressione che aveva usato tanti anni fa l’allora cardinale Ratzinger – è superare questa frattura tra il sapere e il credere. Questa, secondo me, è la grande sfida che abbiamo tutti davanti»








Benedetto XVI riceve don Carrón. Il presidente di Cl: il Papa ci incoraggia a far risplendere la bellezza



notizia del 14/10/2011 14.36.07


Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza, al Palazzo Apostolico, don Julián Carrón, presidente della Fraternità di “Comunione e Liberazione”. L’udienza è avvenuta alla vigilia dell’incontro in Vaticano sul tema “Nuovi evangelizzatori per la Nuova Evangelizzazione”. L’evento di due giorni culminerà nella Messa presieduta dal Papa, domenica alle 9.30 in San Pietro. Sull’incontro di stamani e la sfida della nuova evangelizzazione, Alessandro Gisotti ha intervistato don Julián Carrón:RealAudioMP3

R. – La prima cosa che mi viene da esprimere è tutta la gratitudine, la commozione per questa possibilità che il Santo Padre mi ha donato di poter stare con lui in questo incontro, perché mi ha dato la possibilità di poter riflettere con lui su questo momento di travaglio in cui ci troviamo, per la situazione sociale, culturale ed economica che stiamo vivendo, anche come verifica della fede in queste circostanze della vita. Poter condividere con lui tutto questo nella fede è stata una vera consolazione.

D. – Quanto è importante la sfida lanciata dal Papa della nuova evangelizzazione?

R. – E' una sfida storica, perché è la sfida che ha il cristianesimo moderno di fronte alla situazione storica in cui siamo chiamati a vivere la fede. Noi siamo chiamati a testimoniare la fede, la bellezza della fede in una situazione in cui tanti pensano di sapere che cosa sia il cristianesimo e hanno già deciso che non sia interessante per la vita. La vera sfida della nuova evangelizzazione è, secondo me, mostrare come non sia per niente così, e non perché noi rimproveriamo agli altri di non capire, ma perché dobbiamo, noi, trovare la modalità di far risplendere la bellezza della fede nella vita quotidiana.

D. – Fondamentale per la nuova evangelizzazione è il rapporto tra Vangelo e cultura. Questo è un tema molto caro a don Giussani...

R. – Certo, come era molto caro a Giovanni Paolo II. Una cosa che ci segnerà per il resto della vita è che una fede che non diventa cultura non è una fede veramente accolta e matura. La grande sfida che il cristianesimo moderno ha davanti, per usare un’espressione che aveva usato tanti anni fa l’allora cardinale Ratzinger, è superare questa frattura tra il sapere e il credere. Questa, secondo me, è la grande sfida che abbiamo tutti davanti. (ap)

venerdì 14 ottobre 2011

DON MASSIMO CAMISASCA

La tentazione di mettere su famiglia

Più che un’istituzione del passato da difendere, una solida sfida per il futuro. Don Camisasca racconta l’avventura di amare tra le mura domestiche. Dove non serve essere addestrati a svolgere i propri ruoli, ma allenati a vivere. Recensione di Genitori e figli nel mondo di oggi e di domani
di Laura Borselli
Tratto da Tempi del 12 ottobre 2011


«Vi abbiamo aspettato per nove mesi e da allora vi aspettiamo sempre». Si rivolge così a don Massimo Camisasca un’amica di famiglia che lo accoglie sulla porta mentre il sacerdote sta tornando a casa a trovare l’anziana madre. Quelle parole resteranno nel cuore e nella mente del priore della fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo.

giovedì 13 ottobre 2011


Credevate fosse degli evasori, che rubano più di 100 miliardi di euro l’anno portandoli all’estero? Pensavate fosse dei corrotti e dei corruttori che mangiano, secondo la Corte dei conti, 60 miliardi di euro? Delle spese militari, sempre in aumento qualunque sia il governo in carica? Del mantenimento di enti inutili o del foraggiamento di associazioni nazionali altrettanto inutili? Delle banche che speculano e dettano legge? Della rendita finanziaria e parassitaria? Delle clientele, delle mafie, ecc. ecc.?

No, Tremonti e i lacchè del potere hanno trovato i colpevoli! Sono gli invalidi, zoppi, sordi, ciechi, paralitici, distrofici, allettati o buttati in carrozzina, o rinchiusi in qualche istituto in attesa di morire, giovani o vecchi, donne e uomini, inutili e improduttivi, divoratori di risorse che potrebbero essere ridistribuite ai ladri e godute nei paradisi fiscali o negli appartamenti regalati o nelle ville e casinò di mezzo mondo!


Bravo ministro! e complimenti a chi lo ha eletto insieme alla sua banda di gaudenti!

Facciamo però un po di controinformazione. Leggete sotto.

False notizie sui falsi e sui veri invalidi

LA LETTERA CHE HA COMMOSSO IL PAPA

DAL BLOG DI MIMMO ROCCA
AUTORE DELLA LETTERA

superstite, insieme a Rita, di un gruppo di disabili che da 10 anni sperimenta una forma di vita indipendente grazie al progetto “Abitare in autonomia” pensato e gestito dalla Comunità Progetto Sud di Don Giacomo Panizza, il prete che ha dedicato la sua vita a contrastare la cultura dell’emarginazione e a dare risposte alla sofferenza degli ultimi, siano disabili, profughi o tossicodipendenti, in modo civile e nel pieno rispetto della dignità umana.

Viviamo in Calabria una terra meravigliosa piena di bellezze naturali e di gente generosa, nonostante la storia non le abbia destinato una buona sorte. Qui tutto è più difficile e per le persone con disabilità gravi la vita normalmente è un vero e proprio inferno. Ma proprio qui si è voluto sperimentare una soluzione ai problemi delle persone disabili che vuole incrociare il calore dell’umanità mediterranea con l’efficienza che l’Europa richiede ai servizi sociali. Purtroppo però ci siamo dovuti scontrare sempre con una classe politica che non pare capace di servire degnamente le nostre popolazioni, soprattutto i soggetti resi deboli, più inermi.

Da più di un anno sto chiedendo al Presidente della Regione Calabria di essere ricevuto per parlare della necessità di consolidare il nostro progetto assistenziale e di farsi carico di una normativa, che è stata pure articolata, che venga incontro alle necessità delle persone disabili gravi che non vogliono finire loro vita in un ospizio e che non possono vivere da soli perché senza famiglia e senza nessun altro che si prenda cura di loro. Inutilmente.

Nella sua prossima visita in Calabria, questa classe politica si genufletterà davanti a lei, alta autorità morale, e più o meno ipocritamente chiederà la sua benedizione.

Io pure vorrei chiederle un grande favore: le chiedo di spendere in questa occasione unica una parola per le migliaia di persone che come me dovrebbero essere aiutati a vivere la propria vita con dignità, nel rispetto della Costituzione italiana e delle risoluzione dell’Onu, ultima quella dei diritti delle persone disabili, ma che in Calabria, invece, non riescono ad avere soddisfatti nemmeno i più elementari bisogni. Le chiedo, con estrema franchezza, di richiamare ai doveri della propria missione questi politici “distratti” da altre cose, sperando che vorranno tenere conto della sua parola e della forza dei valori di cui è portatore.

Rita, io e gli altri, siamo persone senza famiglia o con genitori vecchi che non sono più in grado di assisterci. Mio fratello Franco ed io, rimasti soli, non avevamo altre soluzioni se non l’aiuto che ci offriva il progetto “Abitare in autonomia”; un’assistenza ridotta al minimo, con costi inferiori ai ricoveri in istituto, ma che rispettava la nostra voglia di vita e ci ha permesso di continuare ad impegnarci nel volontariato, nell’associazionismo, nella difesa dei diritti dei disabili, nella cooperazione e in altre attività socialmente qualificanti. Ma ogni anno ci è toccato sopportare l’angoscia del rinnovo del finanziamento del progetto. Un’angoscia terribile perché si prospetta ogni volta la possibilità di non essere più alzati dal letto, di non essere aiutati a nutrirci, in sintesi: di morire d’inedia. Mio fratello Franco, fisicamente inane, l’anno scorso, non ce l’ha fatta più a reggere il macigno di quest’angoscia tanto pesante che ha aggravato il suo stato di salute, si è sentito inutile, un peso… ed è morto. Lo avevamo scritto al Presidente della Regione che ciò poteva succedere. Franco, Rita e io lo avevamo gridato disperatamente che volevamo - e lo vogliamo ancora! - vivere e lottare per migliorare le condizioni di vita nostra e di quelli che come noi soffrono per cause fisiche e sociali.

Avvenire, grazie alla sensibilità umana del caporedattore Mira, è stato l’unico giornale che a livello nazionale ha dato ascolto al nostro grido (cfr. Avvenire del 15.12.2010) ma non siamo riusciti in tempo a smuovere le sensibilità della politica calabrese per cui, lo stesso giornale, ha dovuto dare la notizia della morte di Franco.

Siamo rimasti adesso solo Rita ed io a continuare a lottare per avere in Calabria servizi che possano rendere effettivo il diritto alla vita di noi disabili gravi adulti. Perché, signore, lo grido con forza: voglio vivere, amo la vita, l’unico vero bene che ho, nonostante la SMA, la sofferenza, nonostante tutto. E ritengo giusto che chi gestisce le sorti della mia Regione, considerato anche le crisi finanziarie, i tagli, l’edonismo sconsiderato del nostro tempo, il malaffare, gli sprechi e gli egoismi individuali e di gruppo, debba garantire almeno il minimo per poter vivere in autonomia e con dignità la mia sofferta esistenza.

Le chiedo scusa per averla disturbata - e per l’opportunismo che esprimo approfittando del suo viaggio in Calabria per sollevare una problematica per niente festosa – ma voglio pensare che un suo interessamento aiuterà senz’altro la speranza di tanti fra i più deboli ed inermi. E si degni di accettare i miei migliori saluti.

Tiriolo, 13/09/2011

Il disabile e la lettera che ha commosso il Papa

....«Questa classe politica si genufletterà davanti a lei, alta autorità morale, e più o meno ipocritamente chiederà la sua benedizione. Io pure vorrei chiederle un grande favore: spendere una parola per le migliaia di persone che come me dovrebbero essere aiutate a vivere la propria vita con dignità»......


«Invochiamo l’intercessione di Maria anche per i problemi sociali più gravi di questo territorio e dell’intera Calabria, specialmente quelli del lavoro, della gioventù e della tutela delle persone disabili che richiedono crescente attenzione da parte di tutti, in particolare delle istituzioni…». Le parole scandite da Benedetto XVI, domenica all’Angelus, quel passaggio sui disabili e il richiamo alla responsabilità delle istituzioni non si spiegano solo con la presenza di tante persone in carrozzina arrivate nel fango dell’area industriale dismessa di Lamezia Terme. Il fondatore della comunità «Progetto Sud», don Giacomo Panizza, stava poco distante dal Papa e ha capito al volo. Lui invece non poteva essere là, guardava emozionato la tv come gli altri malati gravi del progetto «Abitare in autonomia» e aveva gli occhi lucidi, «speriamo sia la volta buona…».

mercoledì 12 ottobre 2011

Il fascino del silenzio

.....Ma occorre invece tornare a osare frequentare il silenzio, come indica il Papa scegliendo, fra tanti luoghi, in Calabria, un chiostro. «Strutture portanti del mondo», ha definito le clausure, in una catechesi. Colonne, dunque, che invisibilmente sostengono la realtà visibile. Come? Come semplicemente nello sguardo fra una donna e il suo figlio bambino: nella muta eterna certezza di un amore.....



....Ne ha parlato spesso, evocandolo come un luogo familiare, un angolo interiore in cui gli è abituale e caro tornare. «Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi, per così dire, "riempire" dal silenzio, ci predispone alla preghiera», ha detto pochi mesi fa. Indicando nel silenzio il luogo privilegiato in cui l’Altro – noi finalmente tacendo – fa sentire la sua voce. Il silenzio come un pozzo profondo che gli uomini, anche ignari, hanno dentro; buio eppure splendente, dimenticato eppure fedele. «In interiore homine habitat Veritas», disse Agostino. I santi parlano spesso di questa oasi segreta, cui attingono; per poi tornare alle più concrete e intense opere, in mezzo agli uomini. Il silenzio come un porto sepolto, ma ricco di tesori; dove approdare quando si è stanchi e ci si accorge che noi, da soli, non ci possiamo bastare.....



Benedetto XVI, un pomeriggio con i certosini
di Marina Corradi
Tratto da Avvenire del 10 ottobre 2011

Oggi (domenica, ndr), in visita in Calabria, Benedetto XVI va in un monastero di clausura. L’antica Certosa di Serra San Bruno è, oltre a Lamezia, l’unica tappa di questo breve viaggio. A sera, prima di ripartire, il Papa reciterà i Vespri con i monaci. Colpisce la scelta di privilegiare, in una terra tanto assetata di parole di speranza, un luogo chiuso, di silenzio e di preghiera. "Silenzio", del resto, è la parola indicata come tema per la prossima Giornata delle comunicazioni sociali: silenzio e parola.

Con coraggio oltre l'emergenza

"....A Benedetto XVI stanno a cuore soprattutto i temi del lavoro, della gioventù, della tutela delle persone disabili: e proprio su questi ha invocato l'attenzione delle istituzioni e ha chiesto a ciascuno un "contributo di competenza e di responsabilità"......


La visita del Papa a Lamezia Terme e alla certosa di Serra San Bruno • Nel silenzio e nella solitudine l'uomo sperimenta la pienezza di Dio e ritrova l'essenziale della vita
Tratto da L'Osservatore Romano dell'11 ottobre 2011

Un'iniezione di fiducia e di coraggio per una terra destabilizzata non solo da problemi geologici e strutturali ma anche da inaccettabili prassi individuali e sociali. L'ha portata Benedetto XVI in Calabria con la visita di domenica 9 ottobre a Lamezia Terme e Serra San Bruno. Senza cedere a stereotipi usurati o a facili ottimismi, il Papa si è calato con realismo nei problemi e nelle attese della regione - un territorio "in cui si ha la continua sensazione di essere in emergenza" ha notato - cercando soprattutto di ascoltare e di parlare al cuore della gente. "Avete tutti i motivi per mostrarvi forti, fiduciosi e coraggiosi" si è detto convinto, invitando i calabresi a non cedere alla rassegnazione e a recuperare comportamenti virtuosi sia a livello personale che comunitario.


Ecco perchè è rischioso trasformare Steve Jobs in un'icona

...Il fattore in gioco per molti è proprio la delusione per la caduta dell’ideale. L’uomo della mela morsicata è stato infatti da anni assunto nel cielo dell’ideale: trasformato in pura icona, quando non la era affatto. Era invece un lavoratore, ossia un uomo capace di trasformare la realtà. Ma, in quanto icona, Steve questa morte non avrebbe proprio dovuto rifilarcela, da lui non ce l’aspettavamo, ci ha fatto quasi un torto personale andandosene. La delusione di fronte alla sua scomparsa viene poi scambiata per tristezza del cuore, tanto che possiamo essere colti quasi da uno sgomento oceanico e contagioso per questa fine....


....Eppure uno strano meccanismo tenta oggi a una tristezza eccessiva, come fosse sparita una persona cara, che conoscevamo davvero, con un processo di autoalimentazione collettiva che annebbia il giudizio e il pensiero. Che porta ad accendere candele e a fare veglie, piangendo.

Jobs stesso, quando si è ritirato, ha chiesto rispetto della sua privacy, della sua malattia e della sua famiglia; La discrezione richiesta ha suscitato in quei giorni un grande dibattito. Anche questo da lui non dovevamo aspettarcelo: uomo-icona, uomo-azienda aveva il dovere di restare sotto i riflettori.......

di Luigi Ballerini
Tratto da Il Sussidiario.net l'11 ottobre 2011

E’ un lutto di massa quello cui assistiamo a livello globale per Steve Jobs.

Un contagio emotivo di straordinaria potenza, un affetto pervasivo dentro cui il singolo soggetto rischia di scivolare incrementando a sua volta e nello stesso tempo l’intensità generale del fenomeno, contribuendo ad amplificarlo. Verso una mestizia collettiva e globale tanto intensa quanto poco ragionevole.


venerdì 7 ottobre 2011

Jobs, il discorso ai laureandi di Stanford la morte ci fa vivere, siate affamati e folli Il racconto agli universitari in un testo passato alla Storia

.... Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: «Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione». (...) Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte (...) Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore......





Questo è un estratto del testo del discorso che Steve Jobs fece ai laureandi della prestigiosa università di Stanford nel 2005, quando già aveva cominciato a combattere con la malattia, il tumore al pancreas.

Sono onorato di essere qui con voi oggi alle vostre lauree in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Anzi, per dire la verità, questa è la cosa più vicina a una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre storie della mia vita. La prima storia è sull’unire i puntini. Ho lasciato il Reed College dopo il primo semestre, ma poi ho continuato a frequentare in maniera ufficiosa per altri 18 mesi circa prima di lasciare veramente. Allora, perché ho lasciato perdere? È cominciato tutto prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college non sposata, e decise di darmi in adozione. Riteneva con determinazione che avrei dovuto essere adottato da laureati, e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare fin dalla nascita da un avvocato e sua moglie (...) Diciassette anni dopo, andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno altrettanto costoso di Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori finirono per pagarmi l’ammissione e i corsi. Dopo sei mesi, non riuscivo a vederci nessuna vera opportunità (...) Così decisi di mollare e avere fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso (...) Non è stato tutto rose e fiori, però. Non avevo più una camera nel dormitorio, ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere dei miei amici. (...) Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la miglior formazione del Paese relativamente alla calligrafia. Attraverso tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con calligrafie meravigliose. Fu lì che imparai dei caratteri serif e san serif, della differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, di che cosa rende grande una stampa tipografica del testo. (...)

Dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile (...) Certamente all’epoca in cui ero al college era impossibile unire i puntini guardando al futuro. (...) Così, dovete aver fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa - il vostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. (...) La mia seconda storia è a proposito dell’amore e della perdita. Sono stato fortunato: ho trovato molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Wozniak e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in dieci anni Apple è cresciuta da un’azienda con noi due e un garage in una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. L’anno prima avevamo appena realizzato la nostra migliore creazione - il Macintosh - e io avevo appena compiuto 30 anni, e in quel momento sono stato licenziato (...) Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo (...)

Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra azienda, chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata in grado di creare il primo film in animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione più di successo al mondo. E Laurene e io abbiamo una meravigliosa famiglia. (...) La mia terza storia è a proposito della morte. Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: «Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione». (...) Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte (...) Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore. Più o meno un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto la tac alle sette e mezzo del mattino e questa ha mostrato chiaramente un tumore nel mio pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un pancreas. (...) Anche che la morte è la destinazione ultima che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere, perché la morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della vita. È l’agente di cambiamento della vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Adesso il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico ma è la pura verità. Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. (...) Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. (...) Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c’erano le parole: «Stay Hungry. Stay Foolish». Siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio (...)

IL GENIO AVEVA 56 ANNI. HA COMBATTUTO CON CORAGGIO IL TUMORE AL PANCREAS


WASHINGTON - Il Profeta se ne è andato. Steve Jobs, l' uomo che ha cambiato il mondo dei computer e il modo di comunicare, è spirato all' età di 56 anni. Se lo è portato via il male terribile che lo aveva costretto in agosto a lasciare la guida operativa della Apple. Con un breve comunicato la società di Cupertino con la quale aveva lanciato nell' 84 il leggendario Macintosh ne ha annunciato «con profonda tristezza» la morte. «La passione, l' ingegno e l' energia di Steve - è il messaggio di addio dei suoi collaboratori - hanno arricchito la nostra esistenza. Il mondo è sicuramente migliore grazie a lui».

Papa Benedetto ad Assisi incontra le religioni. Ecco tutti i dettagli della visita di ottobre Se il potere divide il mondo, la preghiera riunisca i po


.....Credenti diversi possono pregare insieme: pellegrini della verità e della pace «La Giornata avrà come tema ‘Pellegrini della verità, pellegrini della pacè – si legge nel documento -. Ogni essere umano è, in fondo, un pellegrino in ricerca della verità e del bene. Anche l’uomo religioso rimane sempre in cammino verso Dio: da qui nasce la possibilità, anzi la necessità di parlare e dialogare con tutti, nella misura in cui il pellegrinaggio della verità è vissuto autenticamente, esso apre al dialogo con l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e di pace». «Sono questi – viene aggiunto – gli elementi che il Santo Padre intende porre al centro della riflessione».....

di Maurizio Troccoli

Sono trascorsi 25 anni da quando Papa Giovanni Paolo Secondo incontrò ad Assisi i rappresentanti delle principali religioni di tutto il mondo. Oggi la Chiesa rinnova l’invito ad un appuntamento di pace e di dialogo. E lo fa nella casa del Poverello d’Assisi,

BENEDETTO XVI "GLI ANGELI ESISTONO"


"Gli angeli e gli angeli custodi esistono e manifestano la presenza di Dio che e' sempre vicino all'uomo". Lo ha detto Papa Benedetto XVI prima dell'Angelus recitato dalla finestra del suo studio su piazza San Pietro, ricordando come la Chiesa dedichi la domenica odierna agli angeli ''custodi''.
Papa Ratzinger prima della recita dell'Angelus ha ricordato ''la grande responsabilita' di chi, in ogni epoca, e chiamato a lavorare nella vigna del Signore, specialmente con ruolo di autorita''' e la necessita' di rinnovare la ''piena fedelta' a Cristo''.

sabato 1 ottobre 2011

Fratta Pasini: perché lo Stato vuole un Paese per vecchi?

FAMIGLIA/ Fratta Pasini: perché lo Stato vuole un Paese per vecchi?
Carlo Fratta Pasini,


(Lorenzo Torrisi)
Mercoledì prossimo, 5 ottobre 2011, alla Fiera di Verona Julián Carrón, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, terrà una conferenza dal titolo “L’esperienza della famiglia. Una bellezza da riconquistare” nell’ambito del Family happening, un evento che si svolge da sette anni nella città veneta.

presidente del Consiglio di sorveglianza del Banco popolare e numero uno di Assopopolari, è tra i principali sostenitori della manifestazione, assieme a Paolo Biasi, presidente della Fondazione Cariverona, e di Paolo Bedoni, presidente di Cattolica Assicurazioni.

Avvocato Fratta Pasini, da che cosa nasce l’idea di questo incontro? Perché la scelta di far intervenire Carrón?