giovedì 13 gennaio 2011

IL RATZINGER ARRABBIATO:METAMORFOSI DI UN PAPA

Evitando quel calcolo e proponendo le esigenze della libertà religiosa nella forma più organica e ampia Benedetto ha reso evidente la non appartenenza della Chiesa di Roma ad alcun blocco continentale o ideologico e la sua decisione a rivendicare quella libertà non a proprio esclusivo vantaggio, ma a nome di ogni fede.

di Luigi Accattoli
Tratto da cronache di Liberal dell'11 gennaio 2011

Ha detto tutto, non ha taciuto nulla, non ha cercato accomodamenti: un Papa davvero globale e a tutto tondo quello che abbiamo ascoltato ieri sulla libertà religiosa.

Ha nominato i Paesi che la violano, a partire da quelli delle recenti stragi di Ognissanti (Iraq) e di Capodanno (Egitto). Ha chiesto al mondo di agire a difesa dei cristiani. È stato concreto, si direbbe tagliente, nei riferimenti. Ha spronato il Pakistan ad abrogare la legge sulla blasfemia e ha ricordato «il tragico assassinio del Governatore del Punjab» - un musulmano favorevole a quell'abrogazione - che «mostra quanto sia urgente procedere in tal senso».

Agli Stati della Penisola Arabica ha chiesto spazio per le attività "pastorali" della Chiesa. Non solo non è stato accomodante ma ha persino alzato il tiro, introducendo temi relativamente nuovi e fortemente conflittuali. Ne segnalo due, in riferimento ai Paesi occidentali: la denuncia della tendenza a «considerare meno gravi gli atti discriminatori verso i cristiani», che sembra introdurre «una sorta di scala nella gravità dell'intolleranza verso le religioni»; l'evocazione - tra le "minacce" alla libertà religiosa "in alcuni Paesi europei" - di "corsi" obbligatori di "educazione sessuale o civile"impostati su una veduta "contraria alla fede". L'introduzione di temi conflittuali è l'elemento più vivo - e rivelatore - di questo discorso, che costituisce un manifesto dell'azione papale a difesa dei cristiani nel mondo. Attenzione: dei cristiani, prima e più ampiamente che dei cattolici. In quell'introduzione abbiamo una riprova dell'atteggiamento non diplomatico e non patteggiatore del Papa teologo, che già gli conosciamo. Vi sono almeno tre passaggi in cui ieri Benedetto faceva appello alla comunità internazionale - e in particolare ai Paesi occidentali e a quelli europei - perché difenda i cristiani o si mostri meglio ricettiva nei loro confronti. Poteva dunque apparirgli conveniente giocare da sola questa carta, già impegnativa, evitando di richiamare questioni che pongono da tempo la Chiesa di Roma in conflitto con la maggioranza di quei paesi. Ha invece evitato questo come ogni altro calcolo. Il primo dei tre passaggi è un ringraziamento verso "alcuni"Paesi e dunque una sollecitazione degli altri perché a essi si uniscano: «Apprezzo l'attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d'Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell'Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente». Qui il riferimento è a Francia, Italia, Polonia e Ungheria che il 7 gennaio - su iniziativa italiana - hanno sottoscritto un promemoria inviato alla responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton, affinchè vengano prese "misure concrete" a difesa dei cristiani e perché la questione sia messa all'ordine del giorno della riunione dei ministri degli Esteri dell'Unione, prevista per il 31 gennaio. Il secondo passaggio è relativo alla messa al bando "dalla vita pubblica" di "feste e simboli religiosi" e "in particolare" di quelli cristiani. Anche qui la richiesta è formulata come ringraziamento ad alcuni per sollecitare tutti: «L'anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle autorità di queste nazioni». Tra esse vi sono Albania, Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Moldavia, Monaco, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Ucraina. Il terzo passaggio è quello già citato dell'invito a considerare la cristianofobia alla stessa stregua dell'islamofobia e dell'antisemitismo. Parrebbe dunque ovvio - da un punto di vista diplomatico: il Papa ieri parlava al Corpo diplomatico - che per ottenere, poniamo, il sostegno della Francia o della Spagna all'idea che occorra "fare il possibile" per la protezione dei cristiani in Medio Oriente, non si evochino questioni a loro ostiche, come i "simboli" religiosi nella vita pubblica (Francia) o forme di educazione civica e sessuale radicalmente laiche (Spagna). Evitando quel calcolo e proponendo le esigenze della libertà religiosa nella forma più organica e ampia Benedetto ha reso evidente la non appartenenza della Chiesa di Roma ad alcun blocco continentale o ideologico e la sua decisione a rivendicare quella libertà non a proprio esclusivo vantaggio, ma a nome di ogni fede.


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