“La baracca dei preti”: la storia dei religiosi di Dachau in un nuovo libro
Nella giornata della Memoria ci sono capitoli, spesso rimossi, dell’Olocausto che dovrebbero, invece, essere adeguatamente esplorati; tra questi per esempio lo sterminio delle persone con disabilità. Una strage di circa 270 mila disabili, prevalentemente mentali, che è stato deciso e attuato con metodo, partendo dal programma di “eutanasia sociale” messo a punto dal nazismo. Oppure le cosiddette donne “non conformi”: prigioniere politiche, lesbiche, rom, prostitute, donne semplicemente giudicate “inutili” dal regime. Ravensbrück era un campo totalmente femminile a ottanta chilometri a nord di Berlino: donne erano le internate e donne le carceriere. Le migliaia di italiane, tedesche, polacche, austriache, francesi e russe che vi furono internate vennero sfruttate come manodopera per confezionare divise della Wehrmacht, utilizzate
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come prostitute nei bordelli interni di altri campi di concentramento, usate come cavie umane per la “sperimentazione” medica, uccise con lo Zyklon B e bruciate nei forni crematori. Si stima che tra il 1939 e il 1945 il campo di Ravensbrück abbia ospitato circa 130.000 deportate e i documenti sopravvissuti alla distruzione da parte dei nazisti indicano circa 92.000 vittime. Tra i meno ricordati oltre a disabili e alle donne, agli omosessuali, ai Testimoni di Geova, agli emigranti, ai Rom, ci sono i preti.
Molti furono i religiosi rinchiusi a Dachau, ripartiti principalmente nel Blocco 26 e, in misura minore, nel 28. Nel gennaio 1941, su ordine di Himmler, nel Blocco 26, denominato appunto il “Blocco dei preti”, e venne costruita una cappella provvisoria. Un sacerdote venne autorizzato a celebrare la Messa ogni giorno, sotto la supervisione di una SS. A Dachau sono stati deportati 2.579 tra preti, seminaristi e monaci cattolici, questo tra il 1938 e il 1945. Insieme ad essi 141 tra pastori protestanti e preti ortodossi. 1.034 di questi sacerdoti sono morti nel campo.
La “baracca dei preti” (“La Baraque des prêtres, Dachau”, 1938-1945) è un libro scritto dal caporedattore di DirectMatin.fr, Guillaume Zeller che, rimasto infatti colpito dalla loro “stupefacente dignità, mantenuta nonostante le SS facessero di tutto per disumanizzare e avvilire i prigionieri”, ha pensato di raccontare la storia di questi religiosi. La storia nei quali “abbondano episodi di vero eroismo” e che mette in luce “l’armatura della fede” che ha permesso a questi consacrati “di preservare la loro umanità”. Il libro è appena uscito in Francia per le Éditions Tallandier.
L’autore intervistato dal “Le Figaro” ricostruisce la storia di questi religiosi che sono stati arrestati perché avevano partecipato, come quelli francesi, attivamente alla resistenza, altri come i tedeschi si erano opposti ai programmi nefasti di Hitler, altri ancora perché considerati appartenenti alle élites slave, come i polacchi. Tutti indistintamente, avevano dato prova di grande fede e di condivisione sino al sacrifico di sé, con gli altri detenuti del campo.
Guillaume spiega che il Vaticano, non potendo impedire la deportazione, era riuscito a riunirli almeno tutti insieme a Dachau, il primo campo di sterminio costruito dai nazisti nella cittadina tedesca a pochi chilometri da Monaco. Qui, prosegue l’autore, si creò “il più grande cimitero di sacerdoti cattolici del mondo”. Germania, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia e Italia “seppellirono” a Dachau i religiosi che avevano varcato “la porta dell’inferno”.
Nel libro vengono riportate storie di eroismo e santità. Questi religiosi, viene sottolineato dall’autore, “si sono sforzati di mantenere le virtù di fede, speranza e carità. La preghiera, i sacramenti e il sostegno dato ai malati e ai moribondi, la formazione teologica e pastorale clandestina, la ricostruzione della gerarchia ecclesiale sono stati un’armatura che ha permesso loro di preservare la loro umanità”.
Come San Paolo raccomanda nella Lettera agli Efesini, questi religiosi si sono dunque “rivestiti dell’armatura di Dio” e nell’ inverno tra 1944 e 1945 nel bel mezzo di una epidemia di tifo dozzine di sacerdoti entravano volontariamente nelle baracche degli infetti abbandonati dalle SS, ben “sapendo i rischi che correvano, per curare e consolare gli agonizzanti. Molti sono morti così.”
Nel libro viene poi ricordato il seminarista Karl Leisner, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1996 che, primo ed unico nella storia della Chiesa, è stato ordinato clandestinamente sacerdote in punto di morte. Egli, infatti, ha ricevuto il sacramento dentro una baracca adibita a cappella dal vescovo francese di Clermont-Ferrand, monsignor Gabriel Piguet; questo vescovo “venne deportato a Dachau per aver aiutato a nascondere gli ebrei e infatti oggi fa parte dei Giusti dello Yad Vashem”.
“56 religiosi morti nel campo di sterminio sono stati beatificati, dopo che è stata riscontrata la pratica delle virtù naturali e cristiane in modo esemplare o eroico” su iniziativa di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco.
Nel campo di Dachau, infatti, i sacerdoti sopportarono come tutti gli altri internati terribili esperimenti spesso offrendosi in cambio di altre potenziali vittime. Esperimenti che venivano eseguiti allo scopo di trovare rimedi per i problemi dei soldati dell’esercito nazista impegnati su fronti diversi, come in caso di congelamento in acqua o alta pressione in volo, problemi di tubercolosi e altre malattie di cui si studiavano nuovi farmaci. A questo scopo si facevano bere per esempio acqua salata o si congelava qualcuno in acqua fredda per poi cercare di rianimarlo; fu tentata persino la rianimazione con il calore animale usando prostitute del campo; ciò poteva servire per esempio per un aviatore tedesco a seguito di un atterraggio col paracadute e svenimento per il freddo. Si sono trovate lettere di medici nazisti che ammettevano di aver annegate nell’acqua le cavie umane ancora svenute. E poi ancora si tentarono esperimenti di sterilizzazione con Raggi X e con sostanze acide somministrate alle donne nelle parti intime. Furono amputati arti, teste, organi e ricavati scheletri per le università tedesche. Esperimenti criminali che lasciarono per sempre nei corpi delle poche cavie sopravvissute orribili mutilazioni.
Un libro da leggere dunque mentre sembra giusto ricordare come il tenente colonnello Walter Fellenz della Settima Armata americana descrisse il saluto dei 32.000 prigionieri superstiti all’arrivo degli americani a Dachau:
“A diverse centinaia di metri all’interno del cancello principale, abbiamo trovato il campo di concentramento. Davanti a noi, dietro un recinto elettrificato di filo spinato, c’era una massa di uomini, donne e bambini plaudenti, mezzi matti, che salutavano e gridavano di gioia – i loro liberatori erano arrivati! Il rumore assordante del saluto era di là della comprensione! Ogni individuo degli oltre 32.000 che poteva emettere un suono lo faceva, applaudiva e urlava parole di giubilo. I nostri cuori piangevano vedendo le lacrime di felicità cadere dalle loro guance.“
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