giovedì 13 ottobre 2011

LA LETTERA CHE HA COMMOSSO IL PAPA

DAL BLOG DI MIMMO ROCCA
AUTORE DELLA LETTERA

superstite, insieme a Rita, di un gruppo di disabili che da 10 anni sperimenta una forma di vita indipendente grazie al progetto “Abitare in autonomia” pensato e gestito dalla Comunità Progetto Sud di Don Giacomo Panizza, il prete che ha dedicato la sua vita a contrastare la cultura dell’emarginazione e a dare risposte alla sofferenza degli ultimi, siano disabili, profughi o tossicodipendenti, in modo civile e nel pieno rispetto della dignità umana.

Viviamo in Calabria una terra meravigliosa piena di bellezze naturali e di gente generosa, nonostante la storia non le abbia destinato una buona sorte. Qui tutto è più difficile e per le persone con disabilità gravi la vita normalmente è un vero e proprio inferno. Ma proprio qui si è voluto sperimentare una soluzione ai problemi delle persone disabili che vuole incrociare il calore dell’umanità mediterranea con l’efficienza che l’Europa richiede ai servizi sociali. Purtroppo però ci siamo dovuti scontrare sempre con una classe politica che non pare capace di servire degnamente le nostre popolazioni, soprattutto i soggetti resi deboli, più inermi.

Da più di un anno sto chiedendo al Presidente della Regione Calabria di essere ricevuto per parlare della necessità di consolidare il nostro progetto assistenziale e di farsi carico di una normativa, che è stata pure articolata, che venga incontro alle necessità delle persone disabili gravi che non vogliono finire loro vita in un ospizio e che non possono vivere da soli perché senza famiglia e senza nessun altro che si prenda cura di loro. Inutilmente.

Nella sua prossima visita in Calabria, questa classe politica si genufletterà davanti a lei, alta autorità morale, e più o meno ipocritamente chiederà la sua benedizione.

Io pure vorrei chiederle un grande favore: le chiedo di spendere in questa occasione unica una parola per le migliaia di persone che come me dovrebbero essere aiutati a vivere la propria vita con dignità, nel rispetto della Costituzione italiana e delle risoluzione dell’Onu, ultima quella dei diritti delle persone disabili, ma che in Calabria, invece, non riescono ad avere soddisfatti nemmeno i più elementari bisogni. Le chiedo, con estrema franchezza, di richiamare ai doveri della propria missione questi politici “distratti” da altre cose, sperando che vorranno tenere conto della sua parola e della forza dei valori di cui è portatore.

Rita, io e gli altri, siamo persone senza famiglia o con genitori vecchi che non sono più in grado di assisterci. Mio fratello Franco ed io, rimasti soli, non avevamo altre soluzioni se non l’aiuto che ci offriva il progetto “Abitare in autonomia”; un’assistenza ridotta al minimo, con costi inferiori ai ricoveri in istituto, ma che rispettava la nostra voglia di vita e ci ha permesso di continuare ad impegnarci nel volontariato, nell’associazionismo, nella difesa dei diritti dei disabili, nella cooperazione e in altre attività socialmente qualificanti. Ma ogni anno ci è toccato sopportare l’angoscia del rinnovo del finanziamento del progetto. Un’angoscia terribile perché si prospetta ogni volta la possibilità di non essere più alzati dal letto, di non essere aiutati a nutrirci, in sintesi: di morire d’inedia. Mio fratello Franco, fisicamente inane, l’anno scorso, non ce l’ha fatta più a reggere il macigno di quest’angoscia tanto pesante che ha aggravato il suo stato di salute, si è sentito inutile, un peso… ed è morto. Lo avevamo scritto al Presidente della Regione che ciò poteva succedere. Franco, Rita e io lo avevamo gridato disperatamente che volevamo - e lo vogliamo ancora! - vivere e lottare per migliorare le condizioni di vita nostra e di quelli che come noi soffrono per cause fisiche e sociali.

Avvenire, grazie alla sensibilità umana del caporedattore Mira, è stato l’unico giornale che a livello nazionale ha dato ascolto al nostro grido (cfr. Avvenire del 15.12.2010) ma non siamo riusciti in tempo a smuovere le sensibilità della politica calabrese per cui, lo stesso giornale, ha dovuto dare la notizia della morte di Franco.

Siamo rimasti adesso solo Rita ed io a continuare a lottare per avere in Calabria servizi che possano rendere effettivo il diritto alla vita di noi disabili gravi adulti. Perché, signore, lo grido con forza: voglio vivere, amo la vita, l’unico vero bene che ho, nonostante la SMA, la sofferenza, nonostante tutto. E ritengo giusto che chi gestisce le sorti della mia Regione, considerato anche le crisi finanziarie, i tagli, l’edonismo sconsiderato del nostro tempo, il malaffare, gli sprechi e gli egoismi individuali e di gruppo, debba garantire almeno il minimo per poter vivere in autonomia e con dignità la mia sofferta esistenza.

Le chiedo scusa per averla disturbata - e per l’opportunismo che esprimo approfittando del suo viaggio in Calabria per sollevare una problematica per niente festosa – ma voglio pensare che un suo interessamento aiuterà senz’altro la speranza di tanti fra i più deboli ed inermi. E si degni di accettare i miei migliori saluti.

Tiriolo, 13/09/2011

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