martedì 22 novembre 2011

AMBIENTE «NORMALE» O «PROTETTO»?

- ......«Se prima erano un’esigua minoranza, oggi si stanno di nuovo diffondendo perché i genitori non trovano nella scuola risposte adeguate per i loro figli - dice Salvatore Nocera, vicepresidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) - . Pensano, infatti, che possano essere meno discriminati e meglio seguiti in scuole speciali». Insomma, più protetti. Eppure si scelse l’integrazione perché si preferì inserire i ragazzi disabili in un ambiente normale piuttosto che protetto. Una scelta all’avanguardia e vincente, a dire degli esperti. Spiega Renzo Vianello, docente di psicologia dello sviluppo e disabilità cognitive all’università di Padova e presidente del Cnis (Coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati): «È vero che nel nostro Paese ci sono molti problemi, ma i genitori farebbero un errore gravissimo a mandare i loro figli alle «speciali». Decenni di studi dimostrano che la variabile «vivere nella normalità» compensa questi difetti rispetto all’alternativa «ambiente protetto» delle scuole speciali. Abbiamo constatato, infatti, che i ragazzi con sindrome Down inseriti in classi normali presentano un quoziente intellettivo superiore ai coetanei di altri Paesi che frequentano invece scuole speciali –continua l’esperto - . La presenza in classe di ragazzi normodotati aiuta a sviluppare l’intelligenza ma ha anche un effetto «surplus» sull’età mentale, ovvero, rispetto a quello che predicono i test di intelligenza, sono migliori sia le prestazioni scolastiche sia le capacità di adattamento nella vita».

PROBLEMA DI COSTI? - Aggiunge Raffaele Iosa, ispettore scolastico in Emilia Romagna: «In Germania dove i ragazzi down, inseriti nelle scuole speciali, hanno un quoziente intellettivo inferiore del 30% rispetto ai coetanei italiani, si spende comunque il doppio rispetto al nostro Paese». Già, i costi: stanno davvero condizionando l’istruzione italiana, mettendo a rischio anche l’integrazione scolastica? «Di sicuro il mondo della scuola sta vivendo una fase di sofferenza e le famiglie ne risentono – dice Beniamino Lami della Cgil scuola - . Diminuiscono insegnanti, compresenza, tempo scuola, mentre aumentano in aula sia gli alunni normodotati che quelli disabili. Ma il ritorno alle scuole speciali sarebbe un rimedio peggiore del male».

AULE SOVRAFFOLLATE E CLASSI « H» – L’attuale normativa prevede che in una classe con 20- 25 alunni possa essere inserito un solo studente disabile, se invece ci sono due alunni disabili la classe deve essere composta da meno di 20 ragazzi. «Nessuna classe che accoglie alunni disabili sarà costituita da più di 20 alunni e non sarà diminuito il numero degli insegnanti di sostegno», ribadiva una nota diramata l’anno scorso dal Ministero della pubblica istruzione. «Di fatto, però, non è stato così – ribatte Nocera -. Le classi sovraffollate sono un po’ dappertutto. Secondo gli stessi dati del Ministero, aggiornati allo scorso gennaio, sono ben 5500 le classi in cui sono presenti più di 2 alunni disabili». «In Campania, secondo un monitoraggio dell’assessorato all’istruzione, ci sono oltre 950 classi composte da tre o più alunni disabili e da oltre 30 alunni normodotati - aggiunge Antonio Nocchetti, presidente di Tuttiascuola, associazione che raggruppa genitori di ragazzi disabili - .La situazione prefigura il ritorno alle classi differenziali». Già agli inizi dell’anno scolastico la Fish aveva denunciato la presenza in diverse scuole italiane di 5-6 bambini disabili concentrati in una sola classe. Significa che «gli insegnanti difficilmente possono occuparsi degli alunni con disabilità per cui i genitori chiedono più ore di sostegno - fa notare Nocera -. Ma, d’altro canto, anche un eccesso di ore sarebbe contrario all’integrazione».

FORMAZIONE CARENTE - Il bambino disabile, infatti, va preso in carico da tutto il team scolastico, come prevedono anche le linee guida ministeriali. Ma la formazione sulle tematiche della disabilità spesso è carente: riguarda appena il 30% dei dirigenti scolastici e degli insegnanti curricolari, secondo dati 2006 dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione). «Non c’è nessun obbligo, così capita che docenti impreparati sull’integrazione scaricano i problemi sui colleghi di sostegno. E, se questi mancano o continuano a cambiare, i genitori giustamente sono disperati – dice Paolo Fasce, insegnante di sostegno e rappresentante del comitato precari liguri della scuola - . La scarsa continuità didattica, però, pesa maggiormente proprio sui bambini più fragili».

SOSTEGNO DIMEZZATO – Altra nota dolente: le ore di sostegno dimezzate. I genitori hanno fatto ricorso ai Tar di tutta Italia, ottenendo quasi sempre il ripristino delle ore di sostegno. Dice Marisa Melis del forum nazionale «Genitori tosti in tutti i posti»: «Mia figlia aveva avuto 9 ore di sostegno invece delle 18 dell’anno scorso. Ho fatto ricorso al Tar e ho vinto. Purtroppo, a volte devi scontrarti con dirigenti scolastici che non conoscono la normativa o non vogliono applicarla. Per esempio, l’assistente all’igiene personale manca quasi dappertutto. Chi accompagna il bambino al bagno? Per i collaboratori scolastici erano previsti dei corsi di formazione; non essendo obbligatori, li hanno fatti in pochi».


SENTENZA DELLA CORTE IN GAZZETTA – A ribadire il diritto allo studio degli alunni disabili è intervenuta anche la Corte Costituzionale. In una recente sentenza, la n. 80 del 26 febbraio, ha dichiarato illegittimi sia il limite massimo fissato per i posti di insegnante di sostegno sia il divieto di assumerli a tempo determinato, in deroga al rapporto tra docenti e studenti stabilito dalla normativa, nel caso in cui ci siano studenti disabili gravi in classe. La sentenza è stata pubblicata il 3 marzo in Gazzetta Ufficiale «La Corte riafferma che non ci sono bilanci che tengano in presenza di un diritto costituzionale garantito, qual è quello allo studio – commenta Nocera -. Qualcosa dovrà cambiare, se non ora, almeno col nuovo anno scolastico».





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