martedì 1 ottobre 2013

Il presidente del Paraguay Cartes nella clinica di padre Aldo Trento: «Vi donerò il mio stipendio» 29 settembre 2013 di Aldo Trento

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Per tutti noi è stata una grande sorpresa la visita improvvisa del nuovo presidente della Repubblica del Paraguay, Horacio Cartes, alla Fondazione San Rafael e alla Fondazione San Joaquín e Santa Ana, le due Ong responsabili giuridicamente delle opere di carità. Ha assunto il potere il 15 di agosto e già il 18, alle prime ore del mattino, era nella reception della nuova clinica Don Luigi Giussani. Con lui c’erano sua sorella Sarah Cartes, la first lady, sua figlia Sofia, e altre personalità del suo entourage. È stata grande la commozione quando, vedendomi, mi ha abbracciato come a un vecchio amico.

Dopo aver salutato affettuosamente i protagonisti di questa opera – gli strumenti con cui la Provvidenza sta portando avanti da nove anni le sedici opere che abbracciano la vita dal concepimento fino alla morte – tutti abbiamo partecipato a una colazione di lavoro durante la quale abbiamo illustrato non solo le opere di carità ma, in special modo, la modalità mediante la quale il Mistero le ha suscitate e le ragioni per le quali esistono, con il fine di mostrare al mondo la gloria di Dio fatta carne in Cristo Gesù.

Il Presidente non riusciva a credere a quello che i suoi occhi vedevano e le sue orecchie udivano. Poi si è alzato e ha detto: «Padre Aldo, non dobbiamo aumentare il numero delle istituzioni ma potenziare quelle che esistono, curando principalmente il fattore umano. A cosa serve, per esempio, l’ospedale nuovo che la Repubblica della Corea ha costruito ed equipaggiato in una città paraguaiana, se poi non ci sono né medici né infermieri che sappiano gestirlo come si deve? Ho dovuto chiuderlo e trasferire le apparecchiature negli ospedali di Asunción. Per questo motivo vorrei che in ogni regione del paese sorgesse una struttura bella come la vostra».

Dopo uno scambio di opinioni durato circa un’ora, il presidente ha voluto incontrare tutti i pazienti della clinica, gli anziani della nuova casa San Riccardo Pampuri, poi le ospiti della casa di Chiquitunga che accoglie ragazzine violentate e gravide ed infine i bambini delle casette di Betlemme. Non è stata una semplice passeggiata pro forma, ma un autentico gesto di carità.

Cartes, davanti ai pazienti lucidi, domandava il nome, la sua origine, la malattia. Li accarezzava, dava loro la mano e un bacio in fronte. Con gli anziani è stato molto spiritoso. Una vecchietta, commossa, gli ha detto: «Presidente, sei un uomo molto attraente, bello». Allora lui l’ha baciata e, come ci insegna la tradizione del nostro paese, unendo le sue mani le ha chiesto la benedizione (foto in alto). Un gesto che anche papa Francesco ha fatto quando, appena eletto, nella Loggia di San Pietro ha chinato la testa chiedendo ai presenti la benedizione e una preghiera per lui

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«Presidente, son del tuo partito»
In quelle poche ore ci sono stati tanti altri aneddoti molto belli che vale la pena sottolineare. Don Fortunato è un vecchio che, stanco di vivere sulla strada, ha voluto venire a vivere a casa mia. Condivide la stanza con un ragazzo che per molti anni ha vissuto in una casetta di Betlemme. Senza padre né madre, molto violento, era fuggito dalla casetta riparandosi in una baracca senza tetto, senz’acqua, senza bagno.

Stanco di questa vita, un giorno ha deciso di tornare alla parrocchia San Rafael, e mi ha chiesto di poter vivere con me. Sono rimasto molto colpito e felice. Cosa c’è di più bello di un figlio che, così come liberamente è andato via, allo stesso modo torna alla casa del padre?

Quel giorno, sapendo della visita del presidente, don Fortunato si è presentato alla colazione: «Signor presidente della Repubblica, eccomi qui. Io sono don Fortunato, appartengo al tuo partito, Colorado, sezione numero 14». Horacio Cartes si è alzato dalla sedia, si è avvicinato al vecchietto e lo ha abbracciato appoggiandogli la testa sulla spalla destra e accarezzandolo gli ha augurato molti anni di vita (foto sopra). Poi il presidente è tornato al suo posto e don Fortunato, rimasto immobile per qualche secondo si è rivolto ancora a lui: «Signor presidente, ora che mi ha visto posso ritirarmi?» e tra le risate di tutti, si è voltato e se n’è andato

.Il secondo aneddoto che descrive l’umiltà e la personalità del presidente è stato quando è passato davanti al Santissimo Sacramento esposto. Un giovane universitario gli ha detto: «Noi che viviamo qui, siamo educati a inginocchiarci davanti a Cristo Eucaristia». Immediatamente il presidente si è inginocchiato, con entrambe le gambe. È stato un gesto sorprendente; siamo abituati a tanta superficialità, a vedere politici che pensano di essere più potenti dell’Eucaristia.

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Un impegno personale
Il tempo è passato senza accorgersene e alle 13.30 il presidente è andato via. Doveva partecipare a una riunione con i suoi ministri per affrontare l’atto terroristico compiuto dall’Ejército del pueblo paraguayo (Epp, guerriglieri che sostengono di lottare per i diritti del contado paraguaiano e che seminano il terrore nel nord del paese, dove era stato vescovo l’ex presidente Fernando Lugo) che quello stesso giorno avevano ammazzato tre poliziotti.

Prima di andar via, con un gesto di profonda gratitudine, ci ha detto: «Padre e collaboratori tutti, come ho già affermato pubblicamente, voglio donare il mio stipendio di presidente della Repubblica del Paraguay alla Fondazione, e inoltre voglio collaborare anche col mio aiuto personale. Incarico dell’esecuzione di questo impegno mia figlia Sofia» (A fianco la lettera che certifica la donazione dello stipendio, ndr).

Ancora una volta la Divina Provvidenza ci ha mostrato il suo volto pieno di tenerezza. Ancora una volta ho toccato con mano quello che afferma Gesù: «Se aveste fede quanto un granellino di senape, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe». Nella mia vita questa affermazione non è mai stata una retorica, o una metafora, ma il modo di agire di Gesù. Il problema sta nella nostra autocoscienza. O è un’autocoscienza definita ontologicamente da Cristo, oppure no.

Il governo precedente, quello del presidente Franco, è stato afferrato dall’iniziativa di Dio nella Fondazione. E quando è finito, molte persone, preoccupate, si domandavano cosa sarebbe accaduto con un governo contrario al partito liberale. Non erano passati nemmeno tre giorni dall’insediamento del nuovo presidente e già la risposta di Gesù era diventata molto chiara, sorprendendo tutta la Repubblica del Paraguay.

Presenza sorgiva o reattiva?
Il problema è, come ci ha insegnato don Giussani e ci testimonia Julián Carrón, siamo una presenza sorgiva o reattiva nel mondo in cui viviamo? Siamo chiamati a sconvolgere il mondo con il nostro modo di essere, di vivere e non a reagire alle circostanze, alle provocazioni. Sono testimone che l’affetto che i governanti hanno per noi dipende solo dal fatto che siamo una presenza sorgiva.

Come ha affermato uno dei più grandi giornalisti paraguaiani alcuni anni fa, quando, dopo avere visitato la clinica, lui, ateo ed ebreo, ha detto: «Se quello che ho visto è Dio, allora anch’io posso credere in lui». È vero, Dio mi chiede tutto, ma mi dona molto, molto di più. La vita è solo ed esclusivamente una questione di fede, fede vissuta nel concreto come forma della propria autocoscienza. Questo è il mio impegno, il resto appartiene alla libertà di ciascuno.

paldo.trento@gmail.com


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