sabato 2 luglio 2011

SCOLA NON VOGLIO SERVITORI MA UOMINI APPASSIONATI

....."Don Giussani mi ha spalancato le porte del mondo, una possibilità di dialogo e accoglienza di ogni realtà", ha raccontato. Così, quand'era vescovo di Grosseto ha messo a capo di un centro culturale un uomo di centrosinistra, futuro presidente della Provincia. A Venezia ha scelto l'assistente della Fuci come vicario generale e affidato la cura accademica dello Studium Marcianum (un polo educativo senza uguali in Europa) all'Opus Dei attraverso la Pontificia università della Santa Croce. Ai preti che gli dicono di non essere totalmente d'accordo con le sue idee, risponde serafico: "Non voglio servitori ciechi ma gente che si impegni con passione".....

Tratto da Gente del Nord, il blog di Stefano Filippi, il 29 giugno 2011

Mi è capitato più volte sul blog di citare il cardinale Angelo Scola, nuovo arcivescovo di Milano, uno tra gli uomini di Chiesa più aperti alla modernità, attento al dialogo interreligioso, personalità di grande cultura, soprattutto un uomo in cui è trasparente la fede e la passione per Cristo.

Nell'aprile 2005, alla vigilia del conclave che elesse Benedetto XVI, scrissi per il Giornale 18 ritratti di cardinali "papabili": ripropongo qui oggi, come benvenuto, quello dedicato a Scola. Il titolo era "Il patriarca che ringrazia l'Unità e don Giussani".





"Devo essere grato all'Unità: probabilmente a 11 anni sarei finito anch'io a lavorare, come tutti i miei compagni delle elementari, se mio padre non vi avesse imparato che studiare era molto, molto importante". Il patriarca Angelo Scola ha il gusto del paradosso, affinato frequentando il teologo Henri de Lubac che vi dedicò alcuni libri, ma assorbito in casa fin da piccolo. E' cardinale grazie a un papà camionista che non perdeva un numero del quotidiano gramsciano. Un principe della Chiesa nato da una famiglia poverissima che si svena per mandarlo a scuola. Padre socialista massimalista, madre "dalla fede decisa": altro paradosso.

Ancora. E' cresciuto in Comunione e liberazione (negli Anni 70 era responsabile nazionale degli universitari) dove ha imparato non lo stereotipo integralista che tanti ancora si ostinano a vedervi, ma un'apertura senza confini. "Don Giussani mi ha spalancato le porte del mondo, una possibilità di dialogo e accoglienza di ogni realtà", ha raccontato. Così, quand'era vescovo di Grosseto ha messo a capo di un centro culturale un uomo di centrosinistra, futuro presidente della Provincia. A Venezia ha scelto l'assistente della Fuci come vicario generale e affidato la cura accademica dello Studium Marcianum (un polo educativo senza uguali in Europa) all'Opus Dei attraverso la Pontificia università della Santa Croce. Ai preti che gli dicono di non essere totalmente d'accordo con le sue idee, risponde serafico: "Non voglio servitori ciechi ma gente che si impegni con passione".

Passione, fascino, piacere: parole del linguaggio del corpo che Scola usa con frequenza, e anche questo è un paradosso per un porporato. Cita Sant'Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti: "La santità è una proposta di vita che produce un piacere che dura". Ha collaborato alla stesura della "Mulieris Dignitatem", l'enciclica di Giovanni Paolo II sulla donna. Ama le buone compagnie e lo sport, sci e soprattutto calcio: tifa Torino. "Ho cominciato con quello svanito a Superga. Se ben giocato il calcio è una meraviglia", confessò all'Avvenire.

Scola è un uomo di cultura e usa un linguaggio forbito. Con un gioco di parole tra l'italiano e il latino, spiega che "è sempre un sàpere, cioè un sapore, un gusto della vita, che conduce al sapére". Dopo il liceo classico a Lecco (Formigoni era suo compagno) si laureò in filosofia alla Cattolica di Milano dove fu responsabile della Fuci e incontrò don Giussani. A Friburgo, in Svizzera, studiò e poi insegnò teologia, antropologia e morale; si è perfezionato all'Università cattolica di Washington. Fu tra i fondatori della rivista "Communio" cui collaboravano due teologi futuri cardinali, Hans Urs von Balthasar e de Lubac.

Cominciò la spola con Roma: consultore per l'ex Sant'Uffizio, dove strinse i rapporti con Joseph Ratzinger, e docente alla Lateranense di cui diventò rettore nel 1995 dopo quattro anni come vescovo di Grosseto. Quella toscana però non fu una parentesi passeggera: riaprì il seminario chiuso da 23 anni, sistemò la curia, fondò la prima scuola cattolica cittadina, un istituto di teologia e filosofia e un centro culturale intitolato a Ildebrando di Soana, futuro Gregorio VII, il papa che fece inginocchiare l'imperatore a Canossa.

Dal 2003 Scola è patriarca di Venezia e cardinale. Apre la fondazione Giovanni Paolo I contro la "frammentazione del sapere" e soprattutto istituisce il Marcianum, un progetto di studi coraggioso che il cardinale Angelo Sodano, inaugurandolo, ha paragonato alla Sorbona di Parigi. Il Marcianum guarda ai cattolici che vivono nei Paesi orientali e pubblica una rivista, Oasis, in cinque lingue: italiano, francese, inglese, arabo e urdu (idioma di Pakistan e India) e presto si aggiungerà l'indonesiano. Venezia è da sempre sede di dialogo tra Oriente e Occidente, cattolici e ortodossi, e Scola rafforza questa vocazione. Giovanni Paolo II lo stimava moltissimo, voleva il suo aiuto per talune encicliche e l'aveva designato relatore del prossimo Sinodo dei vescovi. Un'investitura? La risposta è nel motto del patriarca: "Sufficit gratia tua", basta la grazia divina.


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