venerdì 16 settembre 2011

DUE ANGELI E IL SERPENTE

DA l'eco di Bergamo
8. 19 Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
8. 20 ché 'l velo è ora ben tanto sottile,
8. 21 certo che 'l trapassar dentro è leggero.

8. 22 Io vidi quello essercito gentile
8. 23 tacito poscia riguardare in sùe
8. 24 quasi aspettando, palido e umìle;

8. 25 e vidi uscir de l'alto e scender giùe
8. 26 due angeli con due spade affocate,
8. 27 tronche e private de le punte sue.

8. 28 Verdi come fogliette pur mo nate
8. 29 erano in veste, che da verdi penne
8. 30 percosse traean dietro e ventilate.

8. 31 L'un poco sovra noi a star si venne,
8. 32 e l'altro scese in l'opposita sponda,
8. 33 sì che la gente in mezzo si contenne.

Dopo la preghiera corale delle anime, Dante introduce un appello al lettore: è un segnale di attenzione a non passare oltre con leggerezza perché sta accadendo qualcosa di importante. Le anime, definite “esercito gentile”, guardano verso l'alto in umile attesa. Ed ecco scendere dal cielo due angeli con ali e vesti verdi - il verde è simbolo della rigenerazione e della speranza - armati di spade affocate ma senza punta. I due angeli, dirà Sordello, scendono direttamente “dal grembo di Maria”, si collocano alle due estremità della valletta a protezione delle anime espianti. Attendono vigili l'arrivo di una biscia, il serpente antico del libro della Genesi, rimando esplicito all'episodio della tentazione di Adamo ed Eva.

Dopo averlo messo in fuga, i due angeli riprendono le loro posizioni iniziali. Si tratta di una vera e propria “sacra rappresentazione”, un rito memoriale che si ripete ogni sera allo scopo di ricordare ai principi negligenti - ma anche a noi - che la provvidenza divina ha posto un rimedio al peccato ma che la tentazione è sempre in agguato e per questo occorre vigilare. Chi, come questi “prìncipi”, riveste oggi incarichi di responsabilità si trova spesso in situazioni rischiose e delicate nelle quali non è facile tener fede ai valori dell'onestà, l'umana probitate del canto VII.


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